Dimitrov: "Sono contento di essere riuscito a venire qui. E non parlo di tennis"

Interviste

Dimitrov: “Sono contento di essere riuscito a venire qui. E non parlo di tennis”

Dopo la vittoria al primo turno, Grigor Dimitrov parla della difficile convalescenza dopo aver superato il COVID-19. “Non spetta a me giudicare [Djokovic], è acqua passata ormai”

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Grigor Dimitrov - ATP Cup 2020 (via Twitter, @ATPCup)
 

Il giocatore simbolo del fallimento dell’Adria Tour è probabilmente lui, Grigor Dimitrov. La foto che ha postato sul suo profilo Instagram poche ore dopo aver giocato febbricitante contro Coric a Zara, nella quale disteso sul letto indossando la mascherina annunciava la sua positività al Coronavirus è stato il colpo di pistola che ha dato il via a tutte le polemiche che hanno investito Novak Djokovic negli ultimi mesi.

Ma queste polemiche a Dimitrov non interessano troppo. La sua preoccupazione principale è stata quella di superare la malattia e, alla fine, tornare a competere, anche se quest’ultimo obiettivo è ricomparso nella sua mente soltanto dopo parecchie settimane di convalescenza. “Non credevo che sarei venuto qui a New York. Ovviamente la mia condizione attuale non è la migliore, ma quest’anno ho dovuto attraversare ostacoli piuttosto duri, molto più duri di quelli che di solito ci si presentano davanti nella vita”.

Non avevo alcuna aspettativa, sono arrivato un giorno e mezzo fa con l’obiettivo di superare una partita alla volta, cercando di avere abbastanza energia fisica per arrivare alla fine di ogni match”. La sua vittoria contro il francese Ugo Humbert ha un sapore diverso, non è la solita vittoria in uno dei tanti tornei: è quasi una sorpresa dopo un calvario riabilitativo che gli ha permesso di riprendere una condizione accettabile dopo aver contratto il COVID-19.

Ho deciso di venire qui perché voglio sempre spingermi ai limiti delle mie possibilità. Niente di buono viene dal rimanere sempre nella propria ‘zona di comfort’. Sapevo che avrei dovuto fare parecchi aggiustamenti, e questo mi ha aiutato a stringere i denti e andare avanti”.

Quando racconta della sua battaglia contro la malattia, le parole diventano pesanti, gli occhi si perdono nel vuoto nel ricordare momenti che rimarranno segnati a vita nella sua memoria: “Un giorno questa sarà una grande storia da raccontare, anche se non sono ancora arrivato alla fine della corsa”.

I primi giorni della convalescenza sono stati durissimi, avevo perso tutto il tono muscolare e la capacità cardiaca. Cercavo di capire cosa fare per poter tornare in una condizione tale da poter rimanere in campo almeno un paio d’ore, ma per una settimana l’unica cosa che riuscivo a fare era camminare, niente corsa, niente pesi. Poi gradualmente ho ripreso a fare un po’ di attività, prima 20 minuti, poi 30, poi un’ora, e poi sempre riposo. Sono stato infortunato prima ma questa riabilitazione è stata durissima”.

Spero che il mio esempio possa servire a tutti: non importa chi sei, quanto sei in forma, quanto mangi sano, siamo tutti uguali davanti al virus. Se sono servito per far passare questo messaggio sono felice. Non ho mai preso sotto gamba la malattia: sono rimasto isolato per tre mesi nel deserto. Poi quando mi sono ammalato non ho potuto far altro che accettarlo: “Hey amico, ci siamo incontrati alla fine”. Ho pensato a quello che ho fatto, a quello che avrei potuto evitare di fare, ma alla fine non importa, non si può cambiare il passato”.

La decisione di venire a New York è stata presa all’ultimo minuto, facendo appello a tutto il suo spirito competitivo: “Sono incredibilmente grato di essere qui e di poter partecipare a questo evento, e non sto nemmeno parlando della vittoria nella partita, non sto parlando di tennis”.

Inevitabile la domanda sulle tante critiche rivolte a Djokovic per aver organizzato l’Adria Tour nella maniera in cui è stato organizzato: “Non credo spetti a me giudicare. Non mi sono mai tirato indietro quando si è trattato di partecipare ad eventi per aiutare il nostro sport, quando le intenzioni sono quelle giuste. Voglio evitare di parlare di responsabilità, non ho nemmeno letto gli articoli su questo argomento, mi sono stati riferiti da altri. Sono sicuro che non è facile per [Nole], potrei dire tante cose, ma non ne vedo il motivo. È acqua passata ormai. Abbiamo tutti imparato la nostra lezione, ci servirà per il futuro. Le intenzioni erano buone, è successo quello che è successo, ormai dobbiamo lasciarcelo alle spalle. Ho cercato di fare la cosa giusta, vengo dalla Bulgaria, i Balcani sono la mia terra, sentivo di volerlo fare. Poi è successo quello che è successo ma non ho nessun rimorso per quello che ho fatto”.

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