Guido Pella: "Stupito dal silenzio di Nadal e Thiem sulla quarantena"

Interviste

Guido Pella: “Stupito dal silenzio di Nadal e Thiem sulla quarantena”

“Almeno Djokovic ci ha provato”. Per l’argentino agli organizzatori interessava solo avere i migliori: “La pandemia ha mostrato come funziona davvero il tennis, ora gioco solo per me stesso”

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Guido Pella - Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

Guido Pella non ha lesinato pareri dalla stanza d’albergo in cui è confinato a Melbourne, essendo uno dei 72 giocatori sottoposti alla quarantena dura, nel suo caso per un contatto con (almeno) un positivo sul volo proveniente da Los Angeles. Intervistato dal podcast “3 iguales”, l’argentino ha parlato di vari temi legati agli ultimi, anomali 12 mesi, che per lui sono stati particolarmente frustranti.

Dopo aver giocato il miglior tennis della sua carriera nel 2019 (con annessi quarti a Wimbledon e best ranking di N.20, mentre ora è sceso al 44), Pella è infatti stato uno dei giocatori più sfortunati del 2020 (il che è tutto dire), visto che prima ha avuto un problema al piede (il neuroma di Morton) che nelle sue parole ha addirittura messo a repentaglio il prosieguo della sua carriera, e poi è stato costretto a saltare il Masters 1000 di riapertura della stagione in virtù della positività al tampone del suo preparatore atletico Juan Galvan.

Ora è arrivata una seconda quarantena totale per lui, ma il fatto che sia già successo rende più semplice accettare di essere un danno collaterale, visto che in nessuno dei due casi ha preso il Covid: “Sto gestendo molto meglio questa quarantena rispetto a quella dello US Open. Al di là della rabbia iniziale, ho imparato da quell’esperienza. Non pensavo di doverci passare di nuovo, e la cosa peggiore è che mi sono trovato in condizioni dure senza mai essere risultato positivo personalmente“.

In ogni caso, a suo parere non si può parlare di poca trasparenza comunicativa da parte del torneo, come detto da alcuni giocatori: “Sapevo quale fosse il protocollo, mentre qualcuno l’ha frainteso o capito male. Siamo venuti qui accettando le regole del gioco, sappiamo che l’Australia è uno dei Paesi al mondo che hanno gestito meglio la pandemia. Perciò l’ultima cosa che vogliamo è mettere a rischio un Paese che sta facendo le cose per bene”.

IL SILENZIO DI NADAL E THIEM

Detto questo, però, Pella non ha mancato di dire la sua sull’assenza (verbale, quantomeno) di due dei tre migliori giocatori al mondo quando si è trattato di chiedere condizioni migliori: “Sono molto sorpreso dal silenzio di Rafael Nadal e Dominic Thiem su quello che sta succedendo qui a Melbourne mentre loro sono ad Adelaide. Non metterei la mano sul fuoco per nessuno, ma Djokovic almeno ha provato a fare qualcosa. Poi non so cosa sia successo, e non voglio dire che la cosa mi abbia ferito, perché nessuno è tenuto a dire qualcosa sull’argomento, ma non mi va giù il fatto che Nadal e Thiem abbiano taciuto fino a questo punto“.

Le condizioni comunque sono queste, e nemmeno il suo connazionale Diego Schwartzman, ora in Top 10, può aiutarlo: “Lui non può fare niente per me, così come io non potrei fare niente per lui se la situazione si ribaltasse. Chi ascolterebbe Guido Pella che chiede condizioni migliori? Dovrebbero essere quelli che contano a fare qualcosa, ma non lo fanno…

DISILLUSIONE

Un tema su cui Pella si è soffermato parecchio è la disparità di trattamento, con un attacco nemmeno troppo velato a Craig Tiley, CEO di Tennis Australia: Quello che organizza il torneo è stato chiaro: sono interessati a tre giocatori, vale a dire quelli che stanno facendo la quarantena speciale ad Adelaide. Non ho nemmeno avuto bisogno di scriverlo sui social, come avevo in mente di fare, perché l’ha confermato lui stesso. Perché farci venire tutti qui per il torneo? Se fossi stato in lui avrei organizzato un’esibizione con loro tre e basta“.

Questo è un atteggiamento a suo dire acclarato nel tennis, soprattutto in questo momento: “Se c’è un aspetto della pandemia di cui sono grato è la possibilità di vedere come siano realmente le persone attorno a me e come funzioni realmente il nostro sport. Credo che questa cosa sia successa in tutti gli ambienti lavorativi, sono cadute le maschere. Ormai i legami sembrano spezzati: “Se non ci fosse stata la pandemia, al momento del mio ritiro dal tennis avrei avuto delle sensazioni positive. Ora invece non è più così, conosco meglio le persone che mi circondano, e per questo motivo gioco solo per me stesso, ora più che mai”.

Per questo motivo le sue priorità sono cambiate: “Finché la pandemia non sarà finita, sarà necessario accettare le regole che ci vengono imposte ed essere intelligenti nella scelta dei tornei da giocare. A questo punto devo dare la priorità ai guadagni – gioco per soldi, è il mio lavoro. Senza scomodare Federer, ma se anche solo avessi avuto i soldi che ha Isner, che ha potuto scegliere di stare a casa con la sua famiglia, di sicuro non sarei venuto qui a giocare. E la pandemia ha influito molto anche sulle sue scelte di programmazione: “Giocherò Cordoba e Buenos Aires, perché ne ho parlato con il mio team e abbiamo concluso che, se dovessi risultare positivo al tampone, almeno potrei chiudermi in casa mia, nel mio Paese. E se anche mi dicessero che non posso giocare a Cordoba per via di un contatto ravvicinato con un positivo, potrei comunque affittare un’auto e tornarmene a Buenos Aires”.

Una soluzione più rapida, e secondo lui inevitabile per il tennis professionistico, sarebbe vaccinarsi privatamente: “Se gli USA, la Francia o il Regno Unito iniziassero ad offrire vaccini a pagamento, agirei di conseguenza perché non è possibile continuare a giocare a tennis in questo modo, non possiamo vivere ogni settimana nel terrore del tampone”. Detto questo, però, Guido non vuole saltare la fila nel pubblico:Io sono pro vaccini, ma mentre siamo in questa situazione non voglio passare davanti a nessuno, ci sono persone che devono potersi vaccinare prima. Dobbiamo essere solidali con chi sta soffrendo di più”.

GLI IMPEGNI IMMINENTI

Pella è uno dei pochi partecipanti all’ATP Cup a trovarsi in queste condizioni, e non nasconde che l’interesse nel provare a giocare al massimo la competizione a squadre sia relativo: “Potrò allenarmi dal 29, e la mia prima partita sarà l’1 febbraio. Penso solo a non farmi male, e a provare a trovare un po’ di ritmo in ottica Australian Open. In ATP Cup dovranno essere Schwartzman e i doppisti, che si possono allenare, a tirare la carretta”. I suoi avversari, come appreso dal sorteggio di ieri notte, saranno Andrey Rublev della Russia e Yoshihito Nishioka del Giappone, il cui N.1 Kei Nishikori è a sua volta sottoposto alla quarantena dura.

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