Gigante Sinner: rimonta, annienta, è in finale. Solo Nadal a 19 anni era così (Scanagatta). Sinner in finale. "Risultato incredibile e in quell'ultimo game ho tirato a tutta forza" (Crivelli). Sinner sempre a 1000. E' una finale da sogno (Mastroluca). Il gioiello di Sinner. E' finale! (Azzolini). Sinner, il futuro è adesso. Rimonta da campione (Rossi). Sinner inarrestabile. Vola in finale a Miami (Schito, Piccardi, Semeraro, Valesio)

Rassegna stampa

Gigante Sinner: rimonta, annienta, è in finale. Solo Nadal a 19 anni era così (Scanagatta). Sinner in finale. “Risultato incredibile e in quell’ultimo game ho tirato a tutta forza” (Crivelli). Sinner sempre a 1000. E’ una finale da sogno (Mastroluca). Il gioiello di Sinner. E’ finale! (Azzolini). Sinner, il futuro è adesso. Rimonta da campione (Rossi). Sinner inarrestabile. Vola in finale a Miami (Schito, Piccardi, Semeraro, Valesio)

La rassegna stampa del 3 aprile 2021

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Gigante Sinner: rimonta, annienta, è in finale (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

Pazzesco Jannik Sinner, davvero. Giocava la sua prima semifinale di un Masters 1000, contro un avversario molto più esperto di lui, ancorchè battuto già 3 settimane fa a Dubai, lo spagnolo Bautista Agut, n.12 del mondo ma da anni sempre compreso fra il n.8 e il n.12, e lo ha ribattuto. Ancora in tre set, ancora rimontandolo. 57 64 64 in 2 h e 29 minuti, dopo essere stato in svantaggio di un set ed essersi trovato sul 3 pari del secondo sotto per 0-40, e aver lì salvato 4 pallebreak che lo avrebbero probabilmente tramortito… se non fosse che questo ragazzo di 19 anni e mezzo e solido come lo sono certi montanari della sua valle, la Val Pusteria, non muore mai, non si arrende mai. In tutta la partita Sinner si è concesso un unico passaggio a vuoto, dall’1 a 0 per lui allo 0-15. Lì ha ceduto 4 punti a fila e sull’1 pari del terzo set ha perso il servizio a zero. Sotto 2-1 ha subito a zero anche il successivo game di battuta di Bautista Agut. 3-1 e 0-15 12 punti consecutivi volati via in un attimo. Roba da matare un toro. Niente affatto. Come se nulla fosse Sinner ha ricominciato a sparare bordate di dritto e rovescio e sul 2-3 è stato lui a strappare a zero la battuta allo spagnolo che pure non mollava un centimetro. […] Ci sono stati due game interlocutori dal 3 a 3, con chi batteva che ha tenuto il servizio senza troppi patemi. E sul 4 pari Sinner ha giocato un game spettacolare contro Bautista Agut che ha dato per la prima volta la sensazione di essere come intimidito contro un giovane che non aveva più paura di niente e pareva incredibilmente centrato. Probabilmente ha immaginato di poter fare la stessa fine che a Dubai. E proprio questo è quello che successo, perchè Sinner sul 5-4 ha risposto con una aggressività paurosa vincendo 4 punti su 4 e lasciando trasecolato, come colpito da una serie di pugni da ko il suo ben più esperto avversario. Eh sì che Bautista (32 anni) non ha davvero perso il match. E’ stato Sinner a vincerlo. Nei quarti lo spagnolo aveva battuto il grande favorito, il russo Medvedev, n.2 del mondo. E lo aveva battuto per la terza volta. Una bestia nera per il russo. Jannik è il secondo italiano capace di arrivare in finale a un Masters 1000. II primo era stato Fabio Fognini a Montecarlo nel 2019 (torneo poi vinto sul serbo Lajovic: ma in precedenza Fabio aveva battuto Nadal). Sinner da n. 31 ora è già virtualmente n.21 comunque finisca la finale domani. Ma Jannik è un fenomeno e ormai l’hanno capito tutti. Di traguardi ne centrerà sicuramente tanti altri. In finale giocherà domani contro il vincente di Rublev e Hurkacz, un russo contro un polacco giunto a sorpresa in semifinale dopo aver battuto Tsitsipas. Ma Sinner ha le stesse chance di vincere del suo avversario, anche se certo Rublev, n.8 del mondo, ha più esperienza di lui. Su www.Ubitennis.com le interviste di Sinner e del suo avversario di finale.

Solo Nadal era così a 19 anni (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

 A 19 anni e mezzo ho visto soltanto Rafa Nadal giocare a questi livelli e con altrettanta solidità. Ma Rafa era un mostro e lo ha dimostrato in 20 anni di straordinaria carriera. Il tennis di Sinner assomiglia di più a quello di Djokovic, e non solo perché anche lui è destro, ha il rovescio più sicuro del dritto, viene a rete proprio quando è necessario – ma il più delle volte non lo è perché fa il punto da fondocampo – e non è mancino come Rafa. Ma quando vidi per la prima volta Djokovic, diciottenne a Montecarlo – e da teenager era l’unico fra i primi 100 del mondo (classe 1987 il serbo era n.83 a fine 2005) – Novak non mi dette la stessa impressione di solidità, soprattutto mentale, che mi dà oggi Sinner, capace di rovesciare match che sembrano persi e di giocare gli ultimi game di match importantissimi come se ne avesse giocati mille. […] Mi chiedo dove potrà arrivare Sinner nel pieno della sua maturità fisica, fra 7 o 8 anni, se già adesso è capace di giocare così. Di ragionare così. Se vince a Miami entra fra i primi 20 del mondo, ma intanto è già fra i primi 7 della ATP Race se si guardano i risultati di quest’anno. Vorrebbe dire che sarebbe già qualificato per le finali ATP che si giocheranno per la prima volta a Torino a novembre. Djokovic chiuse il 2006 a n. 16. Sinner gli sta avanti. In Italia uno così non lo abbiamo mai avuto

Sinner in finale (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il vento è dalla tua parte, Jannik. Folate che accompagnano un talento fuori dall’ordinario, adamantino, che non soffre della leggerezza della gioventù e anzi si sublima quando l’erta del match si fa più ardua e faticosa, in quel luogo dello spirito in cui non possono bastare la tecnica e la tattica e devi cavare le energie decisive dal sangue, dalla carne e soprattutto dalla mente. A Miami, ora possiamo gridarlo a gran voce senza strozzare la gioia nel petto, è nato definitivamente un campione, avvolto come neanche nei sogni più belli dal tricolore italiano. L’inizio del mito[…] Più che storia, l’inizio di una leggenda: dal 1990, anno della creazione di questa categoria di tornei, soltanto tre giocatori prima di lui a Miami erano arrivati così lontano da teenager. E sono nomi da brividi: Agassi nel 1990, Nadal nel 2005 e Djokovic nel 2007. Non solo: su quel cemento, Federer e Rafa conobbero per la prima volta in carriera il piacere di una finale 1000 (persa, dunque lui può fare meglio). Una compagnia regale. Che Jannik si guadagna con un’altra prestazione meravigliosa, un nuovo inno elevato alla volontà di non arrendersi, di piegare a sé il destino con la forza della predestinazione e della sopraffina classe tennistica. Fino ad annichilire le ambizioni del robottino spagnolo Bautista, abituato da anni a veleggiare a cavallo tra i primi dieci del mondo eppure impotente quando il rosso satanasso di Sesto Pusteria decide di sottrargli una vittoria di cui aveva avvertito nitidamente il profumo. Certo, il palcoscenico è ingombrante per entrambi quando mettono la testa fuori dagli spogliatoi, e il primo a risentire dei nervi arricciati è Jannik, che perde il servizio già nel game d’apertura. Robertino, l’allevatore di cavalli che due anni fa fu costretto a rinviare la festa di addio al celibato perché si spinse fuori programma fino alle semifinali di Wimbledon, mette in campo le qualità che gli si riconoscono da sempre: solidità, gambe, capacità di farti giocare sempre un colpo in più senza regalarti nulla. Eppure Sinner risale, torna in vantaggio 4-3, ma nel 12° game un piccolo passaggio a vuoto regala il set al rivale. Il sogno delle Finals Contro un maratoneta che ti strangola con la sua ragnatela, ritrovarsi impigliato in un match che deve ovviamente allungarsi per concederti delle speranze potrebbe rivelarsi letale ma Jannik, ormai è chiaro, non ha 19 anni, perché vive in una sua dimensione senza tempo, dove le spine delle complicazioni diventano carburante per innalzare livello e competitività. Bautista ha un calo, ora concede di più, eppure sul 3-3 del secondo set si procura quattro palle break assai simili a una sentenza definitiva. Annullate d’imperio da Jannik, che nel decimo game approfitta di un po’ di confusione dell’ex calciatore della cantera del Villareal e riporta la sfida in carreggiata. Si ricomincia da zero. Toccato nel vivo, lo spagnolo prova a far valere il peso della classifica e dell’esperienza, abbandona le confortevoli soluzioni d’attesa e molla gli ormeggi. Più incisivo e profondo, ottiene così il break del 2-1. In un duello così teso ed equilibrato, il vantaggio rischierebbe di scavare il baratro anche contro avversari ben più scafati di quell’irriducibile ragazzino, e invece il pestifero italiano non si sgonfia, resta attaccato alla contesa e nel sesto game ottiene il controbreak addirittura a zero. Ora è saltata la linea di confine, perché Bautista è consapevole che l’opportunità gli sta sfuggendo di mano e lui adesso si ritrova a servire per rimanere nel match. Un incubo che si materializza subito: sul 4-5, Sinner gli appioppa tre pugnalate con il rovescio incrociato che lo lasciano a due metri dalla palla. Game over. Inchino alla nuova stella azzurra, che si assicura 138.000 euro e soprattutto 600 punti Atp che lo proiettano al numero 21 del mondo. Se in finale batterà Rublev o Hurkacz, che si sono affrontati nella notte, salirà al numero 14. Ma è un altro il numero delle meraviglie: 6. La sua posizione nella Race annuale, quella che porta alle Finals di Torino. Roba da stropicciarsi gli occhi.

“Risultato incredibile. E in quell’ultimo game ho tirato a tutta forza” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

[…] Di fronte alla partita che poteva regalargli la finale fin qui più importante della carriera dopo le vittorie nei 250 di Sofia e Melbourne 1 e contro un avversario ostico ma già sconfitto appena 15 giorni fa, Jannik non si è lasciato travolgere dall’impeto delle emozioni e ha rovesciato con la forza dirompente del suo tennis e soprattutto della sua testa le sorti di un confronto quasi segnato in almeno due circostanze, a metà del secondo set e all’inizio del terzo. Non ci sono più parole, se non quelle che pronuncia lui a caldo: «Sono in finale, è incredibile: sono davvero molto contento. Non è facile giocare la prima semifinale in un Masters 1000 e Roberto è un rivale molto solido, quindi uscire vincitore da un match del genere significa molto per me. All’inizio eravamo entrambi un po’ tesi, poi abbiamo giocato meglio, anche se non era facile per il vento. Dopo il primo set ho cercato di servire meglio, di muoverlo un po’ di più, di mischiare le carte e credo sia stata questa la chiave». Fino a quel meraviglioso, ultimo game: «Grazie al game precedente quando ero in battuta, ho trovato bene il ritmo, poi lui ha servito delle seconde e ho semplicemente cercato di cogliere l’occasione aggredendo perché ero comunque avanti 5-4. Credo sia stata la decisione giusta». Parola di coach Rendere semplici le situazioni complicate, la dote più grande del campione. Per questo coach Piatti può gongolare: «Jannik deve solo continuare a giocare a tennis, deve divertirsi e continuare così. Ha tanta strada davanti, ha giocato una sessantina di partite a livello professionistico e lo potremo definire un tennista completo quando ne avrà giocate 150. Più si avvicina e più avrà una conoscenza ottima della gestione della partita, ora sta ancora imparando partita dopo partita». Eppure la mente, giustamente, allarga già gli orizzonti: «Dopo Miami prepareremo bene la stagione sulla terra, saremo a Montecarlo e Barcellona ma farà una preparazione specifica. Poi giocherà a Madrid, Roma e Parigi. Cercherà di conoscere il più possibile la superficie, dove può solo migliorare». E dopo la campagna sul rosso, si potranno liberare i sogni: «La corsa per le Finals di Torino si scalderà dopo Wimbledon, se Jannik sarà in buona situazione allora programmeremo la stagione pensando al Masters». E mette i brividi solo a pensarci.

Sinner sempre a 1000. E’ una finale da sogno (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)

[…] Jannik Sinner ha appena scritto la storia del tennis azzurro. Ha sconfitto Roberto Bautista Agut 5-7 6-4 6-4 nella sua prima semifinale in un Master 1000. E’ diventato il secondo italiano in finale in questa categoria di tornei, il primo in assoluto a farcela su una superficie diversa dalla terra battuta. L’unico precedente risale al 2019, quando Fabio Fognini conquistò il titolo a Montecarlo. Quella finale si giocò la domenica di Pasqua. Sinner giocherà a Miami la sua, di finale, la domenica di Pasqua. Coincidenze che fanno gà sognare. LA PARTITA. “E’ incredibile, sono contentissimo. Non è facile giocare la prima semifinale in un 1000. Vincere oggi vuol dire davvero tanto per me – ha detto Sinner nell’intervista a caldo – . All’inizio eravamo entrambi un po’ tesi. C’era anche vento, ho cercato di servire meglio e di farlo muovere di più”. Nel primo set, l’emozione per la prima semifinale in un torneo così importante si sente. Sinner subisce il break in avvio, recupera lo svantaggio ma cede ancora il servizio. Il 7-5 in 51 minuti è il risultato di un avversario più solido e del suo diritto un po’ meno efficace di quanto visto in settimana. SCATTO Sinner però è pienamente dentro la partita, consapevole della situazione in ogni punto. E quando il momento può risultare decisivo, scatta qualcosa. […] Prende sempre più fiducia Sinner, che nel torneo ha giocato quasi un terzo dei colpi con i piedi ben dentro il campo. Bautista, invece, gioca il primo brutto game di servizio quando conta di più. Il break al decimo gioco risolve il secondo set: dopo due ore si va al terzo. La tendenza non cambia. L’equilibrio resta assoluto fino al 4-4. In quel momento, hanno vinto 90 punti a testa. Bautista Agut accarezza la sua 19ma finale ATP sarebbe la nona per un giocatore spagnolo a Miami, terra straniera in singolare maschile per gli iberici che qui non hanno mai vinto (otto finali, otto sconfitte). VINCENTI DA KO. Da quel 4-4, però, Sinner cambia marcia e porta il match in un luogo che Bautista Agut non conosce. Sconfitto già due settimane a Dubai, lo spagnolo assiste a un’esibizione di ferocia dell’azzurro che ha gli occhi della tigre nell’ultimo game. Sinner chiude il match con tre vincenti: rovescio, dritto, rovescio. Tre colpi da ko tecnico. «Nel penultimo game, al servizio, ho sentito un po’ più di ritmo ritmo. Allora nel successivo, in risposta, ho pensato di dare il tutto per tutto. In fondo, anche se l’avessi perso saremmo andati 5 pari” commenta a caldo dopo la partita. Invece, l’uomo con i capelli da ragazzo, il ragazzo con la testa da campione, la vince senza arrivarci sul 5-5. Ci riesce perché sa come si vince. Perché, come ha detto dopo la maratona con Karen Khachanov, stare tanto tempo in campo è un privilegio. RECORD. Al terzo Masters 1000 in carriera, a 19 anni, 7 mesi e 9 giorni, Sinner diventa così il quinto finalista più giovane in questa categoria di tornei. Lo precedono solo Michael Chang (Toronto 1990), Rafa Nadal (Miami 2005), Richard Gasquet (Amburgo 2005) e Andrei Medvedev (Parigi-Bercy 1993). Tre è il numero perfetto, si dice. Tre è anche il numero delle finali che Sinner ha raggiunto in carriera. Le prime due le ha vinte, a Sofia nel 2020 e a Melbourne nel 2021, nel derby per il titolo contro Stefano Travaglia. Con questo risultato, è sicuro di salire almeno al numero 21 del ranking ATP che la prossima settimana accoglierà tra i primi 100 del mondo anche Gianluca Mager Saranno dieci, dunque, i top-100 italiani. Un altro record, un altro capitolo di storia per coach Riccardo Piatti, per Andrea Volpini che lo accompagna a Miami insieme al fisioterapista e osteopata Claudio Zimaglia. Una festa per il rinascimento del tennis italiano

Il gioiello di Sinner. E’ finale! (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Un rosso dalle grandi accelerazioni… […] Ma oggi, e ancor più domani, in finale, è il turno di Jannik Sinner, il diciannovenne anziano dei due pargoli del nostro tennis, il rosso delle accelerazioni che ricordano la rossa, partito dalla Val Pusteria e giunto all’Accademia Piatti sul mare di Bordighera evidentemente passando da Maranello. E’ toccato a lui ribaltare partita e pronostico contro lo spagnolo “che non sarà mai Nadal” Roberto Bautista Agut, numero sette del torneo e 11 del ranking, per salire agli onori del match decisivo in un Masters 1000. Era entrato a vele spiegate tra i sei italiani semifinalisti nella categoria più alta dei tornei ATP dall’anno della sua fondazione (1990). Lui con Gaudenzi (Montecarlo), Seppi (Amburgo), Fognini (tre volte, una a Miami e due a Montecarlo), Berrettini (Shanghai) e Volandri (Roma). Ma quel passo in più che serve per raggiungere la finale, Sinner lo condivide ora con il solo Fognini, che due anni fa si fece largo fra Nadal e Zverev per poi vincere il Masters del Principato. Non solo, la messe di statistiche riviste e corrette che il risultato strappato a Bautista, con una sgassata nel terzo set e un sorpasso talmente rapido e circostanziato da rendere lo spagnolo incapace di capire prima ancora che prevedere che cosa stesse per succedere, è a dir poco impressionante. Jannik è da ieri il numero 21 del mondo, ma anche il numero 6 della Race, la classifica da cui pescare gli otto per le ATP Finals di Torino. È il tennista italiano più giovane a raggiungere una finale Masters, il primo italiano a farcela sul cemento, il più giovane a riuscirvi dal 2005 di Nadal, e il quarto teenager dopo Hewitt, Nadal e Djokovic. Guarda un pò tre tennisti poi diventati numeri uno. Tutto grazie a un uso appropriato del turbo che Jannik possiede per vie naturali, e che gli ha permesso di prendere in mano il match quando lo spagnolo, avanti 3-1 nel terzo, sembrava in grado di chiuderla. Lì Sinner ha saputo dare al suo tennis quell’accelerazione che Bautista era riuscito a contenere, ha forzato i tempi, ha scelto la via breve, a rischio di andare a sbattere sulla grande muraglia costruita dallo spagnola. […] L’arte dell’essere campioni, in effetti, va oltre íl comodo disbrigo delle operazioni promosse dagli avversari, anzi, essa assume la massima consistenza artistica proprio nel rendere quel compito talmente ostile per gli stessi concorrenti da scombiccherare la gran parte dei loro piani. Due volte Bautista ha giocato contro Sinner (l’altra a Dubai) e due volte ci ha perduto. ll suo piano prevedeva di colpire lungo e non offrire al nostro quei centimetri utili a caricare i colpi. Vi è riuscito a lungo. Non è stato facile per Jannik. Le sue repliche non sono apparse scorrevoli come nei giorni passati. Lo spagnolo è giocatore di corsa ma non ha un colpo che possa cambiare il destino di una partita. Sinner ce l’ha, ed è stata intelligente la scelta di Bautista di fare in modo che il nostro non riuscisse a utilizzarla. Intelligente, ma non decisiva. Perché Jannik è stato calmo, ha provato più di una volta a cambiare le carte in tavola, e ha sfondato il muro quanto il tempo sembrava scaduta. Sul 5-4 del secondo, con un break ottenuto di forza. «E’ una finale importante, ci tenevo. Ma è stato un match difficile, contro un tennista che mi ha costretto a ribaltare più volte il match». Finale contro Rublev, o contro Hurkazs. Quando leggerete l’articolo già saprete. Ma il russo è il favorito. E darebbe alla finale una colorazione particolare. Due rossi in campo. Ma uno solo però con un motore Ferrari.

Sinner, il futuro è adesso. Rimonta da campione (Paolo Rossi, La Repubblica)

C’è del rosso che incendia il cielo di Miami. Sono i capelli di Jannik Sinner e il fuoco del suo tennis. Ieri sera, incollando l’Italia alla tv per due ore e mezza per vederlo trionfare sullo spagnolo Bautista Agut 5-7, 6-4, 6-4 e conquistare la finale di un torneo Masters 1000, ci ha confermato perché siamo innamorati di questo ragazzo 19enne e della sua unicità: in lui vediamo il delicato tentativo di realizzare qualcosa di possibile in quell’impossibile che per noi è la vita. […] In realtà Sinner è un meraviglioso animale sportivo. Mentre gioca ha la capacità di riconoscersi nella trasformazione della partita. Il match di ieri sera, che ha accompagnato la cena di qualche milione di italiani appassionati della racchetta, lo ha confermato: Bautista Agut, figlio di un ex calciatore (è sponsorizzato dal Villarreal), è il classico `muro di gomma’ di scuola spagnola: un ribattitore di grande qualità e gambe. Oltre che di esperienza. Con quella ha strappato il primo e poi, sulla scia, s’era involato su un 3-1 che avrebbe tramortito chiunque. Ma non Sinner. Lo specialista dell’istante, tennista che riesce a rendere semplici le cose complicate, come se tempo e spazio non fossero uguali. […] L’altoatesino ha un’altra grande qualità: legge il gioco, prima che avvenga. Sugli spalti Volpini e Zimaglia si sono esaltati, ma si immagina lo stesso body language per Riccardo Piatti dal salotto di casa in Italia, trepidante per le sorti del suo ragazzo. Con buona pace delle lezioni di tennis del grande Bill Tilden, che sosteneva nei suoi libri di tecnica che “ci vogliono 5 anni per costruire un giocatore di tennis e 10 anni per renderlo un campione”. Janniskin (come lo chiamano gli amici) corre veloce e brucia le tappe. Con quel suo ciondolare sul campo, il pizzetto che cresce in libertà, a dire al mondo che è più grande della sua età, ha rapito gli italiani, che sono pazzi della sua anomalia. L’amore è pressoché totale, e Alda Merini scriveva che «all’amore non si resiste, perché le mani vogliono possedere la bellezza fino al bacio sublime». Il carpe diem è la bellezza di Sinner. «Sono una persona che non guarda al futuro e non al passato, sempre al presente». Quasi a liberarsi del tempo e vivere il presente, «giacché non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante». Così Sinner fila il suo gioco, attinge dai fiumi di energie che gli scorrono nelle vene e brucia il tennis senza fantasia e malinconico degli altri. Ora dovrà onorare la finale in Florida, prevista per domani alle 21, ma il futuro appare più interessante al ritorno in Europa. Coach Piatti ha anticipato il menu, che prevede tanta terra rossa: Montecarlo, Roma, Parigi. Qualunque siano le date (il Covid incombe e modifica i piani). Dicono che molti tennisti soffrano la solitudine, soprattutto in questo determinato momento storico: non è il caso di questo ragazzo, che invece ci convive allegramente, stregando il mondo con i suoi cross di rovescio e un gioco che è talmente mentale da non sembrare tennis, ma gli scacchi.

Sinner inarrestabile. Vola in finale a Miami (Francesca Schito, Il Tempo)

[…]Lo aveva detto Jannik Sinner, diciannovenne dal cuore di ghiaccio come le sue montagne e dal braccio di fuoco, che la semifinale non andava festeggiata. Per questo ha deciso di stupire ancora, centrando la sua prima finale in un Masters 1000 in carriera. Chi lo avrebbe detto che il ragazzo nato tra le Dolomiti avrebbe dato l’ennesima svolta a una carriera da predestinato sui campi della Florida, in quella Miami che aveva già visto un italiano in semifinale (Fognini) ma mai in finale. E guardando i precedenti, c’è sempre Fognini che indica la strada. Solo che quando ha raggiunto, e poi vinto, la finale in un 1000, quello di Monte-Carlo nel 2019, il ligure aveva 32 anni, mentre l’altoatesino ne compirà appena venti il prossimo agosto. Di fronte a lui, a provare a sbarrargli la strada, c’era Roberto Bautista Agut. Lo spagnolo non ruba l’occhio, non esalta le folle, ma con 32 anni suonati ha un bagaglio di esperienza e una solidità di tennis che non possono passare sotto traccia. L’azzurro è andato subito sotto perdendo il servizio nel primo game della partita, poi ha pareggiato i conti nel sesto gioco prima di lasciarsi sfuggire il primo parziale con il break dell’undicesimo gioco. Grande equilibrio nel secondo set, in questo caso è stato il tennista di Sesto a strappare il servizio al suo avversario nel penultimo gioco. Il terzo parziale è stato un tira e molla di emozioni, con il servizio perso a parti alterne e poi l’ennesimo capolavoro dell’italiano che con orgoglio e determinazione ha preso in mano il suo destino e ha piegato lo spagnolo. […] Bautista ha cercato di gestire l’altoatesino giocando con regolarità, ma ha vinto il talento. Sinner domani giocherà con il vincente tra Rublev e Hurkacz che hanno giocato nella notte. «Sono contentissimo – le sue parole ai microfoni di Sky -, era la prima semifinale in un 1000, difficile da giocare. Ho affrontato un giocatore solidissimo come Roberto, è stata una battaglia dura come due settimane fa, vincere questa partita vuole dire molto per me. All’inizio eravamo tutti e due un po’ tesi. Non era facile giocare bene con questo vento, ho cercato di servire meglio e farlo muovere un po’ di più, scombinando un po’ le carte. Nel game prima di quello decisivo avevo sentito il ritmo giusto sul mio servizio, ho pensato che avrei potuto dare il tutto per tutto visto che nel peggiore dei casi saremmo stati comunque sul 5 pari». Da lunedi Sinner sarà almeno numero 21 del mondo e gli italiani in Top 100 saranno 10 grazie al rientro di Gianluca Mager. Al 250 di Cagliari tornerà Berrettini (Musetti. Fabbiano e Zeppieri le wild card) in doppio con il fratello Jacopo. Che momento per il tennis azzurro!

Sinner senza confini a Miami. Abbatte anche il muro Bautista (Il Corriere della Sera)

Impossibilitato a perdere dalla sua personalissima etica e straordinariamente più maturo dei suoi 19 anni, 7 mesi e 17 giorni, Jannik Sinner è quel progetto di campione in avanzamento veloce che nel vento della Florida s’infila in tasca l’ennesimo record: è il primo italiano a qualificarsi per la finale del Miami Open, primo Master i000 della stagione, il secondo in assoluto dopo Fabio Fognini re di Montecarlo 2019. Lo stress test con Bautista Agut, il n.12 del ranking già battuto due settimane fa a Dubai, è superato. L’altra volta poteva essere una sorpresa, questa è la conferma che certifica la qualità del capitale uano. Jannik abbatte il muro spagnolo in tre set (5-7, 6-4, 6-4) aggiungendo un’altra tacca a un percorso di crescita che sta rispettando meticolosamente, con la precisione con cui, bambino, accendeva e spegneva la luce della cameretta di San Candido, prendendola a pallate con la racchetta. On, off. […] «Ero teso, c’era vento, all’inizio non riuscivo a giocare come al solito. Ma adesso che gioia» ha sorriso il barone rosso sotto le lentiggini e la mascherina dopo il corpo a corpo con Bautista, partito con un break (3-1), subito recuperato da Sinner, cui è servito un set di adattamento (7-5 Bautista) per capire come sgretolare il catenaccio dell’uomo di Murcia, spagnolo atipico a suo agio sul cemento. «Lui è solidissimo, è stata una battaglia Dal secondo set ho cercato di servire meglio, muoverlo di più, mischiargli le carte» ha spiegato Jannik, che ha registrato il dritto, messo i piedi dentro il campo, annullato tre mortifere palle break sul 3-3 e poi ha sfruttato un calo dell’avversario esasperato sul 5-4, annettendosi in un colpo solo (drop shot di Bautista sul nastro) break e set (6-4). Nel terzo e partito meglio lo spagnolo, che non ha fatto i conti con il carattere di Sinner, scolpito nella roccia delle sue Dolomiti. Jannik restituisce a Bautista il break a zero (3-3) e sul 5-4 fa il bis, chiudendo con un rovescio incrociato prodotto dai polsi più snodati e sensibili a Ovest della Drava (la qualità delle mani dell’azzurro sarà oggetto di approfondimenti futuri: l’avventura è appena iniziata). Comunque vada a finire, senza Djokovic, Federer e i soliti noti (il n.2 Medvedev è uscito con Bautista), Miami avrà un vincitore inedito. […] Era Pasqua, curiosamente, anche quando Fognini conquistò Montecarlo. Ma un teenager rosso di capelli che da lunedì sarà numero 21 del mondo d restituisce di più, molto di più, il senso della rinascita.

Sinner, rimonta da fenomeno. “Una battaglia, ho rischiato tutto” (Stefano Semeraro, La Stampa)

lluminiamoci dunque di Sinner, senza più se e senza più ma, perché il ragazzo ormai brilla come pochi e stupisce come nessuno. Alex Bublik dopo i quarti l’ha chiamato robot, chiedendosi se fosse umano un adolescente capace di giocare con tanta freddezza i punti che contano, ma senza un cuore enorme e una testa da campione – da numero 1-, senza la capacità animale di fiutare i momenti del match non si vincono partite come quella che ieri Jan a Miami ha asportato a Roberto Bautista Agut, battendolo 5-7 6-4 6-4 e guadagnandosi, a 19 anni e 229 giorni, la sua prima finale in un Masters 1000, la seconda di un italiano dopo quella vinta nel 2019 da Fabio Fognini a Monte Carlo (e guarda caso anche allora era il giorno di Pasqua). E appena il terzo torneo di questa categoria che Sinner gioca – a Nadal e Federer ne servirono una decina per arrivare al big match -, la 69° partita nel circuito maggiore. Ma ha già il passo del veterano, la grinta del serial winner, e ora anche una classifica da vertigini: da lunedì sarà numero 21 del mondo (14 in caso di vittoria in finale), virtualmente è numero 6 nella Race, la classifica che somma i risultati dell’anno solare e qualifica gli 8 migliori per le Atp Finals. […] Se il ranking Atp non fosse “congelato” dalla pandemia, oggi Jan sarebbe già fra i primi 10 del mondo, il migliore di un’Italia che comunque la prossima settimana piazzerà 10 giocatori fra i primi 100 grazie alle semifinali di Gianluca Mager a Marbella. Il dieci per cento del tennis che conta è nel nostro portafoglio, e non è detto che sia finita qui. «Sono molto felice per questa vittoria – spiega, pacifico come un maestro zen, il tono di voce che ricorda il Thoeni della valanga azzurra -. E stata una battaglia, alla fine ho rischiato tutto. Roberto è un giocatore solido, averlo battuto ancora significa molto per me». Contro Bublik il match Sinner l’aveva addentato nel tie-break del primo set. Contro Bautista Agut, n. 12 Atp, lo spagnolo che fa da benchmark ai campioni che aveva già superato due settimane fa a Dubai, è partito nervoso. Distratto dal vento, dal peso della giornata, nel primo set è andato sotto scentrando troppi diritti (17 su 26 errori complessivi), nel secondo ha rischiato il bradisismo sul 3-3 e 0-40, ma in quel cruciale settimo game è riuscito a salvare 4 palle break, tre consecutive, e sullo slancio pareggiare il conto. E nel terzo, dopo un break e un contro break, ha cambiato faccia alla partita e nome al finalista in un solo game, il decimo, quando ha aggredito le palle pensanti di Bautista con due rovesci da ko, lasciandogli la mente tumefatta e il braccio pesante. […]La finale se la giocherà domani contro chi è emerso nella notte dall’altra semifinale tra Rublev e Hurkacz, non una sfida impossibile, anche perché l’impressione è che di mission impossibile, per Jan, ne siano restate davvero poche. «Ma deve ancora migliorare nella gestione della partita – predica coach Piatti, non sai se serio o ironico come Liedholm -. Ha giocato 69 partite Atp, gliene mancano 81: a quota 150 sarà pronto. E di cose grandi allora ne farà». Magari anche prima, coach.

A Miami è nato un fenomeno (Piero Valesio, Il Mattino)

Non è umano. Aveva ragione Bublik. Jannik Sinner batte per la seconda volta in due settimane Roberto Bautista Agut, un top player di fatto, e conquista la prima finale di un 1000 nella sua carriera. A 19 anni. Dopo aver visto le pene di un inferno tremendo per due ore e mezzo, dopo aver commesso 53 errori di cui 31 di dritto. […]Dopo aver dovuto rimontare una situazione di svantaggio in ogni set. Dopo aver giocato un ultimo game da non credere: sentendo la palla in quei quattro punti come mai aveva fatto nelle due e mezza precedenti chiudendo 5-76-4 6-4. Difficile non entusiasmarsi. Difficile non darsi pizzicotti di varia entità per avere certezza di essere nel reale. Sinner è in finale a Miami. Se l’impresa di Fabio Fognini a Montecarlo (primo italiano a vincere un torneo di questa categoria) era stato visto come il raggiungimento dell’obiettivo ricercato per tutta la vita, ciò che Sinner potrebbe centrare nella finale di domani potrebbe essere null’altro che la sigla d’apertura di una carriera da leader. Che è solo all’inizio. FORZA MENTALE Nei primi due set il match è stato quanto di più mentale si possa immaginare. Bautista aveva un solo imperativo categorico: quello di far pesare sulle spalle del giovane avversario la sua età e la sua esperienza. Vuoi battermi di nuovo ragazzino? Allora mangia questa minestra, renditi conto in ogni singolo quindici che non puoi far valere l’esuberanza della tua gioventù. Perché nel braccio di ferro vinco io. Anzi, perdi tu. Il messaggio è stato questo per tutto il match. Non è un caso che sul secondo set point lo spagnolo, quasi vittima di una crisi di coscienza, abbia giocato una palla corta complicatissima rinunciando al suo ruolo di padre padrone: e che l’abbia fallita. Ma nel tennis ci sono meccanismi che si consolidano con l’età e allora ecco che all’inizio del terzo il vecchio Bautista ha pensato bene di ispirarsi all’Atahualpa di Paolo Conte: ha guardato il giovane e gli ha detto: «descansate nino, che continuo io». E ha infilato un parziale di 12 punti a zero. Questioni di mente, di cervello, di ormoni, di età. Specie quando il ragazzo deve ancora affinare molte di quelle armi che gli consentiranno di diventare un giocatore completo. Ma il ragazzo non è umano o forse è diversamente umano. E deve essere stato tremendo per Bautista scoprire sulla sua pelle che il Nino non si era descansato per nulla. E che sarebbe toccato invece a lui farsi da parte per lasciare spazio alla storia vivente che il tennis italiano (e forse non solo) aspettava da più di quarant’anni

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