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Dmitry Tursunov: “Difficile credere che Djokovic non vincerà altri Slam”
Oltre alle ovvietà sui Big 3 a cui nessuno può sottrarsi, il coach di Kontaveit fornisce spunti interessanti sul proprio lavoro, non lesina frecciate ai colleghi e allo stato del Tour WTA

Era il capitano della squadra più forte e non ha tradito le aspettative portando l’Insalatiera in Russia. È Dmitry Tursunov, ex n. 20 ATP e ora coach di Anett Kontaveit. Prima di lei, era stato nell’angolo di Aryna Sabalenka, conducendola al primo titolo WTA e all’ingresso in top 10. La scorsa estate si è accomodato nell’angolo di Anett per una collaborazione che finora è valsa quattro titoli e la finale alle WTA Finals agguantate in extremis.
Il lavoro con Anett
Intervistato da Vedomosti Sport, Tursunov inizia spiegando ciò che ha cambiato nel gioco della sua pupilla. “Ha cominciato a essere più aggressiva nel momenti giusti ed è anche diventata più paziente – non si sforza di finire lo scambio il prima possibile. Ora capisce quando è meglio attaccare, quando difendere, in che occasione prendere rischi”. Il paragone tra lei e Aryna passa attraverso qualche stereotipo. “È più semplice trattare con con Anette: è più vecchia [compirà 26 anni il giorno prima di Natale)[ ha più sangue freddo, un comportamento scandinavo, mentre Aryna è più giovane, meno prudente, ha un approccio più semplice a ogni cosa”.
A differenza di altri coach, lui ha un approccio più a tempo pieno, quasi totalizzante. “Ci sono quelli che lavorano secondo un programma ben definito: dal 10 al 16 ti seguo al torneo, poi sono in vacanza fino al 20, niente telefonate né messaggi. Dal mio punto di vista, invece, più posso aiutare una giocatrice, meglio è. Il risultato è determinato da molti momenti fuori dal campo. Se, per esempio, vedo che i movimenti laterali di Anett in partita non sono abbastanza rapidi, il mio compito è di parlare con il preparatore atletico in modo che possa aggiungere o modifcare degli esercizi. Ecco perché devo essere presente alle sessioni di allenamento: quando una persona rema in una direzione e un’altra nella direzione opposta non c’è efficienza”.
La parte difficile comincia quando arrivi in vetta
A proposito del Tour WTA, negli ultimi anni è caratterizzato da una certa imprevedibilità e alle Finals di Guadalajara ben sei delle otto partecipanti erano esordienti. Dmitry ha una sua opinione al riguardo: “Molte ragazze non capiscono cosa le abbia portate al successo in un determinato torneo e cosa sia necessario per rimanere in vetta. Una situazione comune è quando una giocatrice comincia a ottenere risultati e all’improvviso sembra che abbia compreso la verità assoluta e trovato il proprio gioco destinato a durare per un lungo periodo, così spegne i motori e crede che il lavoro sia finito, finché non comincia la discesa e non capisce come fermarla. Arriva la paura e perde ancora di più. Inoltre, è molto più difficile tornare in alto una seconda volta perché non c’è più la stessa forza per lavorare come prima. Un esempio è Sloane Stephens: è arrivata, è caduta e poi si è resa conto che non aveva davvero bisogno di tornare a certi livelli. Come ha avuto modo di dire Floyd Mayweather, ‘è dura alzarsi alle sei mattina per andare a correre quando dormi in pigiami di seta’”.
Fermarsi a ragionare e cercare di restare con i piedi per terra è quindi un aspetto essenziale per rimanere al vertice una volta raggiunto. Nel caso di Kontaveit, ciò si traduce principalmente nel “comprendere che i suoi risultati di fine stagione sono un’anomalia. Un circolo virtuoso con le vittorie che aumentavano la fiducia. Mentalmente, è più facile andare in campo dopo aver vinto tre tornei che dopo cinque sconfitte consecutive al primo turno. Questa fiducia, tuttavia, può svanire e a quel punto devi tirare fuori il carattere. Tante non riescono a gestire la situazione e allora cambiano l’allenamento, lo staff, diventa un circolo vizioso. La maggior parte di loro manca della capacità di adattarsi a questi alti e bassi e di analizzare la causa primaria dei successi e delle sconfitti. C’è un costante desiderio di trovare responsabilità fuori da sé stessi”.
Tra le tenniste che vede destinate a rimanere, cita Sabalenka, Elena Rybakina e Iga Swiatek, per quanto la polacca debba “fare i conti con la condizione mentale”. Se sono innegabili i progressi costanti di Maria Sakkari, Paula Badosa “può diventare la numero 1 del mondo”, mentre l’attuale prima in classifica, Ash Barty, “legge benissimo il gioco e serve bene, ma può essere messa sotto fisicamente”. Per quanto la lista delle talentuose si allunghi, non vede al momento altre dotate della necessaria continuità.
Certe luci sono più brillanti
Tursunov dà anche la sua spiegazione del perché sono poche le giovanissime russe che si affacciano al Tour. “Abbiamo giocatrici forti di 12 o 13 anni, ma, quando iniziano a entrare in classifica e a farsi notare, capita che vengano contattate da quelli dell’accademia di Mouratoglou. Ne sono attratte, è tutto molto bello, ci si allena Stefanos Tsitsipas. Com’è ovvio, cedono alla tentazione senza rendersi conto che i risultati sono arrivati con un altro metodo e cambiarlo non è la scelta migliore. Conosco bravi allenatori che ora non lavorano, si sono stancati dopo aver messo tante volte il cuore in uno junior che poi li ha lasciati per una di queste accademie luccicanti”.

Facci tre nomi di bravi coach. Due? Uno?
Ma la sua analisi sui colleghi non finisce qui e non gli vengono in mente tre nomi da citare come migliori. Anzi, nemmeno uno. “Ci sono i pubblicizzati che però non fanno crescere le giocatrici, quelli che non capiscono la tecnologia, nessuno in grado di alzare il livello sia tecnico sia tattico del Tour. In linea di principio, al momento, è molto più importante essere amichevoli che alfabetizzati. Il lavoro è spesso ottenuto da chi si vende con più successo. Ma questo è un problema della società, che compra con gli occhi, non con il cervello. E spende più soldi non per lo sviluppo di qualcosa, ma per la pubblicità”.
Gran finale (scontato?) con i Big 3
La conversazione vira verso il circuito maschile, con quattro russi in top 30, ed ecco cosa dice Tursunov del numero 2 del mondo: “Daniil Medvedev è una pepita pura. Nessun coach può allenare un tennista copiando il tennis di Dani. Potrà non avere una tecnica ottimale, ma ha il dono di vedere il gioco”.
Da qui ai soliti noti, il passo è tanto breve quanto inevitabile, come del resto in ogni intervista di questo millennio. “Mi è difficile credere che Djokovic non vincerà più Slam. Farà il record di vittorie, non è un problema per lui. Federer ha poche possibilità di vincere un altro Major a causa dell’età, del suo stile di gioco e della codizione fisica. Il gioco di Nadal richiede troppe energie, ogni volta gioca come se fosse l’ultima, anche se negli anni ha cambiato il ptoptio tennis: più aggressivo, meno lontano dalla linea di fondo. Loro tre sono complementari. Novak è diventato così forte grazie a Rafa e a Roger, cercando il modo di venirne a capo e ha scommesso sulla preparazione atletica. Ora assomiglia a un triatleta, ha tutto verificato nei minimi dettagli“.
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Laver Cup: trionfa il Team World con la vittoria in doppio di Tiafoe e Shelton
Il Resto del Mondo bissa il successo del 2022 imponendosi per 13-2. Un solo match vinto dall’Europa, con Ruud nella seconda giornata, e chiusura anticipata dei giochi nel Day 3

Resto del Mondo b. Europa 13-2
Forte del 10-2 maturato al termine della seconda giornata, al Team World bastava una sola vittoria per mettere le mani sul titolo ed è stata portata dal doppio formato da Frances Tiafoe e Ben Shelton che si sono imposti su Andrey Rublev e Hubert Hurkacz per 7-6(4) 7-6(5) in oltre un’ora e mezza di tennis godibile.
Proibitivo il compito dell’Europa alla quale era richiesto un complicato quattro su quattro per ribaltare la situazione nel Day 3, quando ogni match vale tre punti. Oppure, in subordine, di non perdere il doppio iniziale, così da prolungare lo spettacolo. Invece, alla squadra capitanata da Bjorn Borg non è riuscito neanche il compito minimo perché Rublev e Hurkacz si sono arresi in due tie-break a Tiafoe e Shelton nella sfida che ha aperto il programma. Annullati quindi i tre singolari “potenzialmente” previsti, quelli con Ruud, Rublev e Hurkacz opposti rispettivamente a Fritz, Tiafoe e Auger-Aliassime, vanno in campo per un doppio gli alternate Eubanks/Raonic contro Fils/Davidovich Fokina. Un doppio che è un dead rubber – in italiano, incontro individuale inutile ai fini della vittoria dell’incontro fra le due squadre. Ma può davvero diventare “inutile” un match di un’esibizione ancorché ufficiale?
Con il 13-2 finale che “vendica” la débacle (14-1) di due anni fa a Boston, il Resto del Mondo – in questa edizione quattro statunitensi più Auger-Aliassime e Fran Cerundolo – bissa così il successo del 2022 a Londra dopo le quattro vittorie europee: possiamo allora parlare di un’aria di cambiamento negli equilibri mondiali? Per adesso, l’unico top 10 non europeo presente nel ranking è il numero 8 Taylor Fritz e a Vancouver mancavano i primi cinque del mondo.
B. Shelton / F. Tiafoe (Team World) b. H. Hurkacz / A. Rublev (Team Europe) 7-6(4) 7-6(5)
Coppie schierate con il colpo migliore di ognuno al centro, parte Hurkacz in battuta, trascinato ai vantaggi, poi Shelton pareggia senza problemi. Hubi protagonista al quarto gioco con tre bei punti, ma due volte da sinistra Rublev non risponde sulla palla break. È un doppio piuttosto diverso da quelli giocati dagli specialisti del Tour, ogni tanto qualcuno si ritrova fuori posizione, ma la coppia al servizio continua a fare il proprio dovere e il pubblico apprezza qualche scambio divertente, come quello che apre l’undicesimo gioco.
Il tie-break va alla squadra capitanata di John McEnroe, con un notevole ace in slice di Shelton verso il corpo di Andrey che vale il doppio set point a separare due volée da dimenticare – una a testa – dei ragazzi di Borg.
Hurkacz non ci sta e prova a vincerla da solo andando a cercare la palla come se non ci fossero né un domani né soprattutto un Rublev al suo fianco. Il polacco non ottiene quanto sperato e si tranquillizza il giusto.
La qualità del match è ottima, nessuna chance per la risposta ed è di nuovo tie-break. Un gran punto di Hubi manda Rublev a servire sul 5-4, ma la pressione di Tiafoe e un nastro fortunatissimo offrono il Laver Cup point al Team World, trasformato con la volée bassa che a Hurkacz non passa: 13-2 e tutti a casa. Dopo i festeggiamenti, s’intende.
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Rybakina critica la WTA: “Grazie per aver cambiato le regole all’ultimo momento”
Niente bye a Elena Rybakina al WTA di Tokyo nonostante sia la terza testa di serie, “sorpassata” da Sakkari e Garcia in virtù di una regola non nuova ma forse neanche esistente

Non fortunatissima con ranking, tabelloni e seeding, Elena Rybakina, che non ha ricevuto uno dei quattro bye al primo turno del WTA 500 di Tokyo nonostante fosse – e sia – la terza testa di serie al Toray Pan Pacific Open in programma a partire da lunedì 25 settembre. Esclusione che ha commentato piccata su Instagram.
Già lo scorso anno Rybakina aveva detto di non sentirsi la vincitrice di Wimbledon per via dei 2000 punti mancanti in seguito alla decisione della WTA di non assegnarli all’AELTC. Di conseguenza, niente balzo in classifica né Finals, con l’ulteriore beffa che, a differenza del regolamento ATP, quello del Tour femminile non prevede un posto al Master per la vincitrice Slam tra arrivata tra l’ottava e la ventesima posizione. Quest’anno, invece, aveva puntato il dito contro la WTA a Montreal dopo il suo match con Kasatkina, iniziato dopo le 23 e terminato quasi alle 3. “Poco professionale da parte – non direi del torneo perché penso che il ruolo fondamentale sia della WTA in questo caso” aveva detto al riguardo. “La dirigenza è debole al momento, ma speriamo che cambi qualcosa perché quest’anno ci sono state molte situazioni che proprio non capisco”. Elena sarebbe poi stata sconfitta nella semifinale canadese, al secondo match in quel di Cincinnati e al terzo turno (dopo un walkover) allo US Open, ultimo torneo disputato.
Decisamente meno pesante come conseguenze eppure piuttosto ambiguo dal punto di vista regolamentare è appunto l’episodio di questi giorni, sempre a seguito di una decisione dell’Associazione del Tennis delle Donne. Terza testa di serie a Tokyo, dicevamo, Elena giocherà il primo turno contro Linda Noskova invece di partire dal secondo turno, ciò a dispetto dei quattro bye inseriti in tabellone e che, naturalmente, vanno assegnati alle teste di serie secondo l’ordine discendente. “Performance bye” ha commentato su un storia di Instagram sopra al tabellone di Tokyo. “Grazie per aver cambiato le regole all’ultimo momento. Fantastiche decisioni come sempre @WTA”. Con tanto di applauso, clown e tendone del circo…

La spiegazione di quanto accaduto risiede nelle prime due parole della kazaka: a Sakkari e Garcia, dietro di lei in classifica, sono stati assegnati due “perfomance bye” in quanto semifinaliste a Guadalajara e i due restanti sono andati alle prime due del seeding, Swiatek e Pegula. Sakkari, quarta del seeding, sarebbe stata esentata dal primo turno anche senza questo tipo di bye; Garcia invece è quinta. Ma cos’è un performance bye?
È quello, chiariscono le WTA Rules aggiornate al 19 settembre scorso, “assegnato alla giocatrice sulla base della prestazione della settimana precedente, come stabilito dalla WTA in fase di approvazione del calendario e delle dimensioni dei tabelloni”. Quindi non sembrano un’invenzione dell’ultimo momento, anzi, in passato erano previsti anche per le finaliste di Anversa che avrebbero preso parte al Premier 5 di Dubai. Andando però a leggere il Regolamento WTA aggiornato al 19 settembre scorso, nell’articolo relativo ai bye si legge solo di quattro perfomance bye da assegnare alle semifinaliste del 1000 di Wuhan (peraltro, se Pechino è tornato in calendario quest’anno, Wuhan continua la sua assenza). Nessun accenno a Guadalajara/Tokyo.
Nell’inevitabile discussione su Twitter è intervenuta la doppista top 20 Nicole Melichar-Martinez, obiettando che “le regole non sono cambiate all’ultimo momento. L’informazione del performance bye era scritta nella scheda informativa del torneo…”.
Nella scheda di Guadalajara, almeno nel classico articolo della WTA “draws, dates, prize money and what you need to know”, non c’è traccia dei performance bye. Se ne parla invece in quella del Toray Pan Pacific Open, datata 15 settembre: “Le prime teste di serie, da quattro a sei (in attesa dei performance bye in base ai risultati di Guadalajara), riceveranno un bye al primo turno”. Per prima cosa, dunque, che fine ha fatto la parte per cui sarebbero state sei? Inoltre, siamo moderatamente sicuri che esista una differenza tra “le regole” citate da Rybakina e Melichar-Martinez e un’informazione contenuta nella di quell’evento.
Ancora nessuna precisazione da parte della WTA, che tuttavia, poche ore dopo, ha twittato una foto di Elena: “La sua prima qualificazione alle WTA Finals. Elena Rybakina sarà a Cancun!”.
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ITF, David Haggerty rieletto Presidente
Terzo mandato consecutivo per Haggerty che riceve oltre il 70% dei voti

Con un’ampissima maggioranza che supera il 70% (per la precisione ha ottenuto il 72.94% di voti) David Haggerty è stato rieletto Presidente della International Tennis Federation. Per venir eletti erano necessari 219 voti su 436 e lui ne ha ricevuti 418. Questo sarà il terzo mandato da quattro anni per Haggerty a capo della ITF, alla fine dei quali non potrà più ricandidarsi dato che vige la regola di massimo tre mandati.
“Vorrei ringraziare i membri dell’ITF per aver riposto la loro fiducia in me per un ulteriore mandato. La nostra strategia di crescita sostenibile a lungo termine, ITF 2024, ha portato i finanziamenti dell’ITF per lo sviluppo del tennis quasi a raddoppiare in pochi anni dalla sua introduzione – queste le parole del 65enne americano. “Non vedo l’ora di lavorare a fianco del nostro esecutivo e del nostro consiglio di amministrazione per rivedere e aggiornare la nostra strategia per la prossima fase. Ci assicureremo di porre le competizioni dell’ITF su basi solide e continueremo ad alimentare gli investimenti nello sviluppo globale del nostro gioco per realizzare la missione del tennis dell’ITF per le generazioni future”.