Caso Djokovic: cosa ne pensano il New York Times, l'Equipe e le altre grandi testate internazionali

evidenza

Caso Djokovic: cosa ne pensano il New York Times, l’Equipe e le altre grandi testate internazionali

Per John Feinstein del Washington Post: “Nole a un bivio, rischia di essere ricordato come una barzelletta triste”. Il Guardian critica l’organizzazione: “Tiley rifletta sugli innegabili fallimenti di Tennis Australia e del governo vittoriano

Pubblicato

il

 

Da Lo Slalom

Con il sostegno della Serbia intera alle spalle, Novak Djokovic aspetta lunedì il verdetto dei tribunali australiani sulla sua esenzione, il suo visto cancellato e la sua espulsione. Intanto, Matthew Futterman sul New York Times ragiona stamattina sul declino di popolarità e la fine del sostegno popolare a quei campioni così tanto new age

In un’epoca meno pericolosa – scrive – un pubblico più indulgente vedeva le visioni non tradizionali della scienza e della salute di Novak Djokovic come caratteristiche bizzarre di un ricercatore iperattivo, con convinzioni fortemente radicate su tutto, dallo sport alla spiritualità. Si è seduto all’interno di una capsula pressurizzata a forma di uovo durante i principali tornei, credendo che avrebbe migliorato la circolazione, aumentato la produzione di globuli rossi e liberato i muscoli dall’acido lattico. Ha sostenuto il concetto che la preghiera e la fede possono purificare l’acqua tossica. Djokovic e altri atleti di alto profilo con approcci alla salute non ortodossi, sono stati fonte di domande per un pubblico che, nel bene e nel male, li ha trattati a lungo come modelli di ruolo. Erano stranezze apparentemente innocue, come la ciotola di gelato all’avocado del quarterback Tom Brady. Ora non più. L’ultima ondata di casi di coronavirus e la lotta in corso per uscire dalla pandemia hanno spostato le percezioni pubbliche: gli atleti iconoclasti che una volta erano visti favorevolmente, stanno incontrando ostacoli ora che vogliono giocare con regole diverse rispetto a tutti gli altri

Michael Lynch, ex direttore del marketing sportivo per Visa e consulente di lunga data dell’industria sportiva, ha detto al quotidiano americano che «il pubblico in generale continua a rispondere positivamente se un atleta parla di argomenti che fanno la differenza nella società e migliorano la vita delle persone. Ma se qualcuno prende una posizione che mette a rischio la vita, allora la reazione diventa molto negativa».

Futterman sottolinea come “la fama che deriva dal successo atletico ha fornito a Djokovic e ad altri atleti di spicco che si oppongono ai vaccini contro il coronavirus – come il quarterback NFL Aaron Rodgers e il giocatore di basket Kyrie Irving – piattaforme per promuovere cause in cui credevano e raccogliere milioni di dollari. Ma negli ultimi mesi, i loro profili sono diventati controversi, poiché il loro comportamento e le loro opinioni hanno supportato la disinformazione e messo a rischio la sicurezza pubblica. Per le organizzazioni sportive e le leghe, la posta in gioco è alta. Per più di un decennio, l’accesso ai social media ha dato alle star dello sport la possibilità di avere un grande impatto. Finché ciò che dicevano non era offensivo o polarizzante, hanno fatto pubblicità gratuita e per lo più positiva ai loro sport, alle loro cause e ai loro marchi. La questione della vaccinazione ha cambiato i termini dell’equazione”

In un intervento per il Washington Post, John Feinstein scrive che nessuno ha lavorato più duramente di Djokovic per essere preso sul serio come grande campione. Ora è diventato una barzelletta triste. È il tennista numero 1 al mondo e potrebbe diventare il più grande giocatore di tutti i tempi. C’è chi pensa che lo sia già. Ma ora è anche a un bivio, a un punto dove pochi atleti veramente grandi sono mai arrivati. Aaron Rodgers ha fatto del suo meglio quando è stato sorpreso a ingannare il pubblico sul fatto che fosse stato vaccinato per il coronavirus, Antonio Brown ha fatto un ulteriore passo avanti quando ha presentato una falsa tessera di vaccinazione.

Ma nessuno di loro è stato arrestato dai funzionari di frontiera in Australia e trattenuto in un hotel in attesa di un’espulsione. Come Rodgers e Brown, Djokovic si è messo in un pasticcio imbarazzante perché pensava di essere al di sopra delle regole della decenza e si è rifiutato di ottenere una vaccinazione di cui la maggior parte delle persone capisce di aver bisogno. Djokovic non è stato certamente il solo a creare la debacle di Melbourne. Se credete che a Djokovic non fosse davvero stato concesso un privilegio speciale, allora Craig Tiley ha un terreno di fronte all’oceano che vorrebbe vendervi. Il primo ministro australiano Scott Morrison chiaramente non ha accettato la richiesta di Tiley. Nei suoi giorni migliori – continua il Washington Post – Djokovic è intelligente e premuroso, secondo me pure simpatico. Al suo peggio è incredibilmente stupido per essere una persona tanto brillante. Ha spesso trattato il covid come chi insiste sul fatto che sia poco più di un raffreddore, nonostante i numeri terrificanti in tutto il mondo facciano capire che non è così. Ora l’ha anche trasformato in una questione politica, nella quale non sembrano esserci bravi ragazzi. Djokovic è diventato il protagonista di un incidente internazionale. Potrebbe ancora gareggiare a Melbourne, se lo farà il torneo rimarrà una soap opera con lui in campo. Oppure non giocherà e dovrà affrontare l’imbarazzo di essere espulso

Anche Simon Briggs, sull’inglese Telegraph, indaga nel passato da ricercatore di scienze alternative del serbo e lo fa partendo dalla lettura della biografia, spiegando come uno scettico è diventato una pin-up per il movimento No Vax. Bisogna solo leggere Serve To Win per capire. Questo libro particolare è pieno di filosofia new age, con capitoli intitolati: – Come l’apertura della mia mente ha cambiato il mio corpo. Le nostre personalità, dicono, sono formate dalle storie che ci raccontiamo. È interessante vedere come Djokovic inquadra le sue. Menziona i bombardamenti della NATO su Belgrado durante l’infanzia, che è il modo in cui iniziano i documentari televisivi su di lui. Ma questi elementi della storia sono narrati come un fatto secondario rispetto ai disturbi fisici ricorrenti – allergie, difficoltà respiratorie, seni nasali bloccati – fino a quando ha rinunciato al glutine. Niente di particolarmente strano finora, finché non spiega come è stata diagnosticata la sua intolleranza. Un nutrizionista serbo, chiamato Dr Igor Cetojevic, ha chiesto a Djokovic di tenere il braccio destro ad angolo retto e di resistere alla pressione mentre lo spingeva verso il basso. Poi l’esercizio è stato ripetuto, solo che questa volta Djokovic teneva una fetta di pane sullo stomacoEro notevolmente più debole, scrive Djokovic, che aggiunge come il test kinesiologico del braccio sia stato usato a lungo come strumento diagnostico dai guaritori naturali. Sì, e i medium parlano con i morti. Ecco, Novak. Il cercatore della verità. L’amante della natura. Ecco l’uomo che spezzava le sue partecipazioni a Wimbledon con viaggi al vicino tempio Buddhapadipa per meditare in riva a un lago. Un uomo che due anni fa ha rivelato di avere un amico nei giardini botanici di Melbourne – un fico brasiliano su cui mi piace arrampicarmi. Lo spiritualismo da jet-set di Djokovic potrebbe sembrare affascinante di per sé. Ma il suo effetto collaterale è stata la credulità”

L’editorialista del Telegraph dice che Serve To Win descrive un cosiddetto ricercatore che prende due bicchieri d’acqua e dirige energia amorevole verso uno, mentre impreca con rabbia verso l’altro. Dopo alcuni giorni – sono le parole di Djokovic nel suo libro – il bicchiere pieno di rabbia si tingeva di verde, l’altro bicchiere era ancora luminoso e cristallino. Le eccentricità di Djokovic hanno ostacolato la sua carriera? – si domanda Briggs. Se Djokovic fosse solo un giocatore professionista, le sue convinzioni pseudo-scientifiche non sarebbero altro che una bizzarra nota a piè di pagina. Invece è un potente modello, in particolare nei Balcani. Migliaia di persone hanno probabilmente emulato la sua posizione sui vaccini. Alcuni rischiano di subire delle conseguenze. Non aspettatevi che cambi. È un personaggio testardo, abituato a fare a modo suo. Non rinuncerà facilmente alla filosofia che – nel bene e nel male – lo ha reso l’uomo che è.

L’Equipe dedica stamattina due pagine al numero 1 serbo, domandandosi se la sua carriera potrà proseguire regolarmente, senza vaccinarsi. Nel suo commento, Frank Ramella scrive: Djokovic non è politicamente corretto. Djokovic vuole restare fedele ai suoi valori. Nonostante tutto il lavoro fatto sullo sviluppo personale, ribolle dall’interno verso l’esterno e non si trattiene. Questo è un po’ il motivo per cui è stato eliminato agli US Open 2020, quando il suo tiro furioso ha colpito accidentalmente una giudice di linea. Fu il primo sorprendente intoppo nella sua ricerca del record di Slam. Il numero 1 del mondo è anche convinto che il corpo porti dentro sé le capacità di automedicarsi. Ha ritardato per questo fino all’ultimo momento un’operazione al gomito, diventata indispensabile dopo i fallimenti delle soluzioni alternative. In questa prospettiva si deve intendere il suo categorico rifiuto del vaccino. Ed è per questo che potrebbe perdere l’occasione di aggiudicarsi un potenziale 21esimo titolo del Grande Slam. Un secondo incredibile intoppo nel suo cammino. Che storia!

Tumaini Carayol, firma del tennis per il Guardian dice stamattina che il numero uno al mondo è spesso il peggior nemico di se stesso, ma non è l’unico da incolpare nel caos che si sta verificando a Melbourne. La sua abilità che lascia senza fiato sul campo, è abbinata alla sua frequente tendenza all’auto-sabotaggio. Si dice spesso dei migliori giocatori che i più grandi avversari siano loro stessi. Djokovic porta il ragionamento a nuovi livelli. Insegue la storia e il record di 21 titoli del Grande Slam, eppure è così preso dalla scienza alternativa da essere disposto a complicare le sue possibilità, arrivando non vaccinato al confine di uno degli Stati più rigidi al mondo. È arroganza, è l’ostinata fiducia in se stessi che guida il suo tennis, ma che spesso lo porta anche fuori strada. Le decisioni che prende, evidenziano la necessità di avere persone giuste intorno a dare consigli saggi. Sembra improbabile che Djokovic guarderà a questo episodio come a un’opportunità per crescere. Il più delle volte, le ingiustizie che sente di aver subito hanno avuto l’effetto opposto, rafforzando la sua determinazione, riaffermando la convinzione di essere un uomo contro il mondo. Mentre Djokovic continua a ricevere disprezzo, tutte le istituzioni coinvolte meritano critiche. Tiley rifletta sugli innegabili fallimenti di Tennis Australia e del governo vittoriano, con esenzioni mediche che non hanno avuto alcun effetto sulla politica federale alla frontiera. I fallimenti di Tennis Australia e del governo dello stato di Victoria non assolvono però il governo federale, nel battibecco tra enti locali e federali. Il giorno prima dell’arrivo di Djokovic in Australia, al primo ministro del paese Scott Morrison era stato chiesto in conferenza stampa cosa pensasse. Rispose che si trattava di un problema per lo stato di Victoria. In un giorno ha cambiato la sua posizione. Si potrebbe ragionevolmente concludere che solo allora si è reso conto dei punti politici che avrebbe guadagnato agendo con decisione. Ci sono 36 rifugiati nello stesso hotel di Djokovic. Alcuni sono bloccati in albergo da otto anni e da allora sono stati trattati in modo ripugnante dallo Stato australiano. Meritano l’attenzione e la compassione che il breve soggiorno di Djokovic sta generando.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement