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US Open e la guerra dei telecomandi

Fumata nera per l’accordo tra Warner Bros Discovery e la USTA per i diritti dello US Open. La Federazione americana cerca di ottenere il massimo, ma potrebbe dover chinare la testa

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Louis Armstrong Stadium - US Open 2019 (Photo by Allison Joseph/USTA)
 

Il tempo è nemico della USTA

In questa situazione, con lo US Open a soli sei mesi dal via, è certamente la USTA ad avere più fretta, e il comunicato “intermedio” di WBD dei giorni scorsi potrebbe far parte di una strategia volta a far aumentare la pressione negli uffici dirigenziali di Orlando e conseguentemente spuntare condizioni economiche migliori. Per il momento la USTA può ancora contare dei $75 milioni l’anno (circa €70 milioni) che la ESPN deve versare fino al 2025 in virtù del contratto di 11 anni siglato poche settimane prima della finale maschile meno vista della storia del torneo, quella del 2014 giocata lunedì pomeriggio tra Marin Cilic e Kei Nishikori. L’insoddisfazione della Disney (che controlla la ESPN) nei confronti del contratto per lo US Open è ormai risaputa, e in questo momento un rinnovo sarebbe possibile solamente a cifre decisamente più basse.

Tutto questo a meno che tra la nidiata di tennisti americani che al momento occupano 10 delle prime 45 posizioni della classifica ATP e 12 delle prime 60 nel ranking WTA non riesca a produrre un potenziale vincitore del torneo a stelle e strisce nel corso delle prossime tre stagioni.

2025: l’anno della verità

Il nervosismo ai piani alti della USTA sembra giustificato soprattutto ora che la competizione da parte degli altri sport si sta dimostrando sempre più agguerrita. La scorsa estate la ESPN ha firmato un accordo con Liberty Media per continuare a trasmettere il Mondiale di Formula 1 negli Stati Uniti, ma invece dei $5 milioni (circa €4,65) che aveva pagato fino alla stagione scorsa, dal 2023 dovrà sborsare tra i $75 e i $90 milioni (tra i €70 e gli €84 milioni), un incremento del 1500-1800%. E al rinnovo del contratto nel 2025 bisognerà di nuovo combattere la concorrenza di Amazon Prime e Netflix oltre che quella di altri eventuali concorrenti che vorranno sedersi al tavolo delle trattative, e serviranno altri dollaroni sonanti.

E per aumentare ancora di più la pressione sul budget di ESPN è arrivata da poco la notizia che la Comcast (che controlla la NBC Universal) è interessata a riprendersi i diritti del basket NBA che le erano stati soffiati da Disney (e quindi dalla ESPN) nel lontano 2002, e quindi parteciperà all’asta per il rinnovo che riguarderà il periodo dalla stagione 2025/26 in poi.

Iga Swiatek (destra) – US Open 2022 (foto Twtitter @usopen)

Secondo il sito specializzato Sportpro Media, la NBA vorrebbe triplicare i propri introiti dai diritti TV rispetto all’attuale contratto, estendendo l’offerta con anche alcuni pacchetti per lo streaming attraverso piattaforme OTT. Attualmente il contratto televisivo della NBA firmato nel 2014 ammonta a circa $24 miliardi (circa €22,5 miliardi) per una durata di 11 anni, e la cifra target della lega comandata da Adam Silver è quella di $75 miliardi (€70 miliardi) per la stessa durata, in modo da avvicinarsi ai $100 miliardi (€93,50 miliardi) spuntati dalla NFL del football americano all’ultimo ciclo di rinnovi.

Come è noto, il denaro non cresce sugli alberi, quindi se la ESPN vorrà competere su tutti questi fronti per difendere il proprio territorio dovrà fare qualche sacrificio, e il tennis al momento sembra in pole position per la porta d’uscita.

Se ciò dovesse essere, e dopo il mancato rinnovo con WBD per l’Europa dovesse anche esserci un ridimensionamento delle cifre per i diritti domestici dello US Open, sarebbe piuttosto deludente dover riscontrare una diminuzione degli introiti televisivi (comprendendo anche lo streaming) per il tennis in un periodo nel quale tanti sport riescono ad aumentare esponenzialmente il loro fatturato.

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