Rassegna stampa
Berrettini amaro esce di scena anche a Phoenix (Giammò). I ragazzi del futuro sono già il presente (Azzolini)
La rassegna stampa di domenica 19 marzo 2023
Berrettini amaro esce di scena anche a Phoenix (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
E’ un ritorno in pista che si annuncia lungo, quello di Matteo Berrettini, sconfitto ieri a Phoenix dal n. 132 del mondo, il russo Shevchenko, in tre set (6-4, 3-6, 6-3) . Volato in Arizona con l’obiettivo di disputare quante più partite possibili così da ritrovare una condizione ideale in vista del Masters 1000 di Miami, il n. 23 del mondo non è riuscito a bissare il successo ottenuto a fatica contro Vukic incappando in frequenti errori che hanno finito col vanificare quanto di buono era riuscito a costruirsi durante il match. Perso un primo set in cui non è parso mai infastidire il russo al servizio, Berrettini nel secondo parziale ha continuato a lottare dimostrando orgoglio in occasione delle tre palle break annullate a Schevchenko nel quinto game e per come è riuscito a chiudere a costruirsi e capitalizzare una delle poche occasioni concessegli dal rivale per riportare il match in parità. Lo sforzo è però costato caro all’azzurro nel terzo set. Con il russo divenuto impeccabile nei suoi turni di battuta, a Berrettini non è bastato invece il servizio come alleato, continuando ad annaspare quando chiamato allo scambio per poi finire preda di un istinto che continuava a dettar lui colpi e tempi su cui il suo fisico, ancora in rodaggio, non è riuscito a sintonizzarsi. Primo finalista del Masters 1000 di Indian Wells è il russo Daniil Medvedev che ha sconfitto lo statunitense Tiafoe. Sarà invece tra la bielorussa Aryna Sabalenka e la kazaka – nata a Mosca – Elena Rybakina, la finale del singolare femminile del Wta1000 di Indian Wells. Le due hanno battuto rispettivamente la greca Sakkari e la n.1 del mondo polacca Swiatek e si ritrovano dopo la finale degli Australian Open.
I ragazzi del futuro sono già il presente (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Non ancora al riparo dagli assalti dell’acne, il diciannovenne Carlos Alcaraz ha fatto sfilare la collezione primavera estate dei suoi colpi nei quarti di IW contro la sua bete noire preferita, Felix Auger-Aliassime, puntando sui colori accesi di una rinvigorita agilità fisica che aggiunge equilibrio alle note più scapestrate del proprio tennis, con sempre maggiore frequenza dirette verso rete. Dove mostra un’abilità di mano superiore a quella di Nadal (e qui è opportuno ricordare come Rafa, nella volée, fosse secondo al solo Federer). Sempre più maturo e sicuro, nei suoi attempati 21 anni, Jannik Sinner ha invece proposto, sullo sfondo del deserto che circonda Indian Wells, una rivisitazione del repertorio classico del tennis fondocampista dedicata all’uomo moderno che vuol essere protagonista della propria vita. Un uomo sempre elegante nelle scelte e attrezzato per essere al centro dell’attenzione. Senza disdegnare il lusso, anzi lasciando che occhieggi brillando tra le conclusioni sempre più potenti e precise con cui ha inchiodato Wawrinka negli ottavi, poi Fritz nei quarti. Dritti e (soprattutto) rovesci che sono sembrati superiori, per incisività, a quelli di Djokovic. Ci ostiniamo a chiamarli i ragazzi del futuro, ma i due stanno costruendo il presente del tennis, allungando un’amichevole rivalità che nel corso della nottata ha prodotto il quinto scontro e promette molto bene per gli anni a venire. Non sono soli, e non è detto che riescano a distaccarsi – come riuscì ai troppo forti Roger, Rafa e Nole – dal gruppo degli altri della Z Gen, che si sta spandendo tra i primi 100 della classifica e promette di apportare modifiche anche al vocabolario del tennis, coni suoi curiosi modi di dire. Un colpo cringe? Davvero imbarazzante. In campo è un trigger… Un avversario che fa incazzare. Oppure, sei un Bufu… Un acronimo (By Us Fuck U) per recapitare – al trigger di cui sopra – la sentenza che, per quanto li riguardi, può andare anche a quel paese. Se il limite è quello dei 22 anni, sono già in 11 tra i Top 100, e tutti entro la cinquantaseiesima poltrona al momento affittata al britannico Jack Draper. Se alziamo l’asticella ai 23 anni, ne vanno aggiunti altri sei. Come dire che già un 20 per cento della zona nobile della classifica appartiene ai Tennisti appena nati. Non è difficile immaginare quanti di essi possano aspirare a un futuro luminoso. Alcaraz (19 anni), Rune (19) e Auger-Aliassime (22) sono già Top Ten, Sinner (21), due volte n. 9, il prossimo a rimettervi piede Musetti (21), Korda (22) Shelton (20), forse Brooksby (22) e Draper (21) quelli che sembrano in grado di tentare l’aggancio. Ma Alcaraz e Sinner hanno qualcosa in più, hanno dato forma a una rivalità che ha colpito l’occhio degli appassionati mentre si stavano chiedendo che cosa fare, e a chi attaccarsi, dopo l’addio di Federer. […]
Rassegna stampa
Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)
La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023
Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.
Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)
Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].
Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.
Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)
A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.
Rassegna stampa
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)
La rassegna stampa di lunedì 20 marzo 2023
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.
Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]
Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».
Flash
Attenti a quei due (Bertolucci). Sinner-Alcaraz, la rivincita (Giammò). Crash test Alcaraz. Sinner per la svolta (Azzolini)
La rassegna stampa del 18 marzo 2023
Attenti a quei due (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Come l’ha definita Alcaraz, uno dei due protagonisti, sarà la partita che tutti vogliono vedere. […] Ma se Alcaraz nell’ultimo anno ci ha abituato a frequentare i palcoscenici più elevati, il traguardo raggiunto conferma il nuovo status di top player di Sinner, un anno dopo la scelta di cambiare radicalmente staff tecnico. La crescita Le avvisaglie sui progressi fisici e tecnici assimilati da Jannik si erano intravisti fin dalle prime uscite stagionali. In seguito il tour indoor europeo non aveva fatto altro che confermare tali miglioramenti attraverso vittorie ottenute dopo aver gestito con naturalezza le partite e senza aver sprecato preziose energie contro avversari alla sua portata. C’era però bisogno di ulteriori verifiche attraverso l’esplorazione e il superamento di condizioni climatiche esterne, superfici diverse e giocatori più completi e agguerriti. Dopo averlo visto all’opera a Indian Wells, da ultimo nella vittoria per 6-4 4-6 6-4 contro il campione in carica Fritz, n.5 del mondo, possiamo affermare con una certa sicurezza che il giocatore ha acquisito una serie di soluzioni tecniche che hanno arricchito il bado. Sul campo adesso esegue con estrema naturalezza colpi complessi, si dimostra capace di reggere l’assalto dell’avversario e al tempo stesso di ribaltare con successo l’azione. Anche quando è chiamato a destreggiarsi in zone del campo fino a poco tempo fa poco battute trova soluzioni pregevoli trasmettendo sicurezza e tranquillità. Gli scambi lunghi sembrano essere il territorio di caccia preferito da Sinner, ma se vede lo spiraglio non si tira indietro e si affida a accelerazioni vincenti. Piace negli scambi da dietro il pressing audace e coraggioso votato al comando del gioco così lontano dal tennis sparagnino tanto in voga tra i giocatori corri e tira. Si sono intravisti alcuni rovesci a una mano con il taglio sotto, ulteriore dimostrazione della ricerca di nuove soluzioni anche solo per cambiare ritmo allo scambio. All’occhio più attento non sarà sfuggito che sotto l’attillata maglietta che aderisce al corpo mettendone in risalto le forme, stanno sviluppandosi i pettorali, mentre il sorgere di muscoli alle cosce e ai polpacci donano alle gambe sembianze prestanti e vigorose. L’avversario È evidente che la distanza che lo separa dai migliori si accorcia ogni giorno di più e la chiave risolutiva potrebbe arrivare dall’incremento che riuscirà a ottenere in termini di percentuali e di traiettorie dal proprio servizio. Intanto oggi è atteso da una nuova e ancor più ardua verifica affrontando Carlos Alcaraz (2-2 i precedenti), un superman compatto, resistente e in gran forma. Lo spagnolo, pur essendo giovanissimo, appare più completo sotto l’aspetto tecnico ma proprio questa abbondanza di soluzioni lo porta a volte a fare confusione. La compattezza e la continuità di rendimento, l’aggressività, l’incisività del servizio e le letture nei game di risposta, perfette contro Fritz, dovranno aiutare Sinner a scardinare le certezze dell’avversario in quella che si prospetta come la probabile, futura, grande rivalità del tennis mondiale.
Sinner-Alcaraz, la rivincita (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)
Rivalità è il nome che si dà al capriccio con cui il destino si premura di organizzare appuntamenti all’insaputa di due contendenti. […] E un continuo aggiornarsi, la rivalità, memoria del passato e vista su un futuro mai identico a sé. E quello verso cui si affaccia Jannik Sinner che oggi in semifinale a Indian Wells ritroverà Carlos Alacaraz per la quinta volta in carriera, non potrebbe essere più suggestivo. A renderlo tale, molto ha contributo la vittoria ottenuta la notte scorsa dal numero uno italiano contro Taylor Fritz. La seconda del 2023 contro un top5 dopo quella ottenuta a Rotterdam contro Tsitsipas. Che sia arrivata proprio ieri, a tredici mesi esatti dall’avvio della nuova partnership con coach Simone Vagnozzi, è coincidenza che riveste il successo di un significato in più. «Un anno fa pensavo solo al mio gioco, senza considerare quello del mio rivale – ha dichiarato Sinner a fine match – ma ora sono un giocatore diverso. Ho ancora molto da migliorare, ma in un anno sono cambiate molte cose». Si è arricchito il suo bagaglio di colpi, in primis. Ma quel che è più importante, è che oggi «so quando fare determinate cose e quando al contrario non funzionano». Con Fritz, in un match in cui c’è stato tempo per pensare, Sinner ha confermato il suo buon feeling con la rete, selezionando con cura momenti ed esecuzioni. In risposta, una volta decifrata la direzione del vento, è stato bravo a pazientare e farsi trovare pronto ad aggredire le seconde palle dell’americano quando rallentate da folate amiche. E infine gli scambi, sostenuti alla velocità di un flipper tanto solidi nelle diagonali sul rovescio quanto efficaci nelle accelerazioni con il dritto e apparsi mai intaccati da stanchezza o flessioni: risultato di un lavoro sul fisico che piano piano sta iniziando a darei suoi frutti. «Conosco meglio il mio corpo – ha riflettuto a caldo l’altoatesino – e gli darò ancora tanto tempo per svilupparsi. Ma tutti gli infortuni subiti lo scorso anno sono stati difficili da assorbire anche a livello mentale: ora mi sento molto meglio anche sotto questo aspetto. Tra due o tre anni so che sarò messo molto bene fisicamente». Per intuirlo ne è bastato uno. Così come per realizzare di essere sulla strada giusta per arrivare. Che ci sia ancora Carlos Alcaraz sul cammino, non è che la conferma che, dopo tanto operare, anche il destino abbia infine deciso di mettersi comodo e godersi lo spettacolo.
Crash test Alcaraz. Sinner per la svolta (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Vi sono vittorie che valgono di più, ma non esiste un metro esatto per misurarle, né una bilancia per stabilirne il peso. […]. Sono vittorie che hanno un valore diverso, ma per quanti sforzi si faccia per comprendere appieno la portata, dobbiamo accontentarci di ammirarne la forma esteriore. Cosa vi sia dentro, appartiene al proprietario.Dunque sarà Jannik Sinner a dirci, quando e come vorrà, magari in questo fine settimana presidiato da una semifinale che lo vedrà oggi a contatto con Carlos Alcaraz e da un’ipotesi di finale di nuovo contro Medvedev se la vittoria su Taylor Fritz possa assumere il valore della svolta auspicata, o se ci siamo spinti troppo oltre sulla strada del l’ottimismo. Sinceramente non credo. ll quarto con Fritz non era un match come altri, e Sinner non lo avrebbe vinto se, in corso d’opera, non avesse attinto dai molti consigli fin qui ricevuti, dalle sollecitazioni, dalle infinite particelle sparse di un progetto che questo successo completa. Fritz era il detentore, il giocatore che aveva battuto a più riprese il vertice del tennis italiano, è il ragazzo d’oro della nuova filiera Usa, il numero 5 Atp, il campione di casa, anzi, di villa, viste le dimensioni della magione familiare a Beverly Hills. Giocava di fronte al suo pubblico, lo stesso che un anno fa lo aveva visto caricare a testa bassa Rafa Nadal, in finale. ll match poteva essere trasformato solo attraverso un’attenta opera di cesello, per limarne da una parte le asperità, e dall’altra aprire varchi invitanti. Sinner ha messo in campo la sua nuova dimensione, ormai molto vicina a quella che aveva in mente quando – poco più di un anno fa – ha avuto il coraggio di abbandonare tutte le certezze sulle quali aveva costruito il futuro, per diventare un tennista diverso, più completo e terribilmente indigesto agli avversari. Proprio contro Fritz, e nelle condizioni peggiori (compreso il vento a folate che prende velocità dal deserto), Sinner ha messo in mostra nuovi e vecchi crediti: la difesa che sa ribaltarsi d’incanto in attacco, l’adattabilità agli schemi in verticale, la dote innata a evitare gli sprechi, e su tutto, l’autorevolezza di chi ha una risposta pronta a ogni esigenza del match. E quest’ultima è roba riservata ai campioni. Bisogna sovrastarlo Sinner, per batterlo, e oggi pochi possono permetterselo. Fritz si è perso nei piccoli conflitti personali di chi ritiene che la fortuna gli sia contraria, fino ad apparire offeso dall’insistenza con cui Sinner inchiodava le sue paliate alle righe del campo. Succede. Ma provarci ugualmente, vendere cara la pelle, è nel dna dei giocatori di vetrice. Questo ha reso più elaborata e indecifrabile la partita. Per quanto Sinner apparisse superiore, è bastato poco per resettarla e riavviarla verso lidi che potevano mostrarsi ben più pericolosi. Jannik ha subito ottenuto il break per condurre il set d’avvio, ha replicato a una palla break sul suo servizio, e su quello scampato pericolo ha condotto in porto la prima frazione. Ha continuato a mostrare una certa superiorità nella seconda, salvo pasticciare nel nono game, concedendo a Fritz una via d’uscita. Prima palla break del set, e uno pari. C’era di che sprofondare, ma Sinner non è tipo. Ha fatto break due volte in avvio di terza frazione, e Fritz due volte gli ha restituito la pariglia, finalmente portandosi avanti 3-2. LI poteva succedere di tutto, invece Sinner è rimasto in gara. Ha atteso il momento, ha centrato un nuovo break e chiuso il conto. In classifica Fritz perde 5 posizioni. È decimo. Sinner è subito dietro, 11 °. Se vince si porta al livello del miglior Berrettini di 2 anni fa, n. 6. Nella Race è già oggi numero 6, ma numero 3 se farà suo Indian Wells. C’è da superare Alcaraz che l’anno scorso usci sconfitto dal confronto sull’erba di Wimbledon e dalla finale di Umag, prima di negare un match point a Sinner nei quarti degli Us Open e ribaltare il match. Sinner sul cemento si propone oggi tra i numeri uno, garantendo al nostro tennis una nuova dimensione, che potrebbe spingere Berrettini al primato sull’erba, e Musetti, ai primi piani della terra rossa. E il terzo Top 5 che batte in carriera, dopo Alcaraz a Umag e un acciaccato Tsitsipas a Rotterdam. È la prima vittoria contro pronostico. E se non è una svolta, dite voi cos’è.