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La WTA e le domande che nessuno si vuole porre

Le rivendicazioni delle giocatrici sulla mancata parità di montepremi con gli uomini si poggia sul “dogma” che il tennis femminile ha la stessa attrattiva del tennis maschile. Ma è davvero così?

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Le partecipanti alle WTA Finals 2022: da sinistra Daria Kasatkina, Maria Sakkari, Iga Swiatek, Coco Gauff, Jessica Pegula, Ons Jabeur, Aryna Sabalenka, Caroline Garcia (foto Getty Images)
 

Per trovare una misura il più possibile oggettiva del minore appeal del tennis femminile, siamo andati a cercare i numeri relativi all’Open del Canada, un torneo che in virtù della sua unica configurazione può fornirci un confronto abbastanza interessante. Come molti appassionati sanno, l’Open del Canada si disputa in due sedi, Montreal e Toronto, che ospitano una il torneo maschile ed una il torneo femminile, alternandosi di anno in anno. Di conseguenza gli organizzatori di ognuna di queste due città organizzano ad anni alterni un torneo maschile e un torneo femminile nello stesso impianto, rivolgendosi allo stesso bacino d’utenza e occupando la stessa settimana (questo dal 2011, quando il torneo è diventato un “virtual combined”, mentre fino al 2010 i due tornei erano in settimane consecutive).

Nella tabella che vedete qui sopra si può vedere come in media Toronto attiri circa il 25% di spettatori in meno rispetto a Montreal (nonostante un impianto più grande), mentre confrontando la media dei tornei maschili e la media dei tornei femminili negli ultimi 15 anni si nota come l’affluenza ai tornei femminili sia stata inferiore di circa il 18%.

Abbiamo contattato la nuova direttrice del torneo di Montreal, Valerie Tetreault, per sapere se ci sono differenze dal punto di vista dei prezzi per i due tornei e ci è stato risposto che “a Montreal il pricing è lo stesso sia per il torneo maschile sia per quello femminile, mentre a Toronto hanno sempre deciso di praticare prezzi inferiori per il torneo femminile. Tuttavia questa differenza verrà annullata a partire dal 2024 quando il circuito femminile tornerà a Toronto”.

A livello di sponsorizzazioni, Tetreault ci ha detto che “il nostro obiettivo è quello di vendere l’evento, non il Tour che viene rappresentato, cercando per quanto possibile sponsorizzazioni pluriennali e in entrambe le città.”

Se questa è la realtà canadese, si può certamente supporre che in Paesi meno “femministi” come può essere l’Italia o comunque quelli di estrazione latina (per non parlare di quelli di tradizione islamica) la differenza sia molto più marcata. Quindi invece di chiedersi come fare per imporre un prize money uguale, la domanda da porsi dovrebbe essere: come si fa a rendere il tennis femminile più intelligente in modo tale da far sì che l’uguaglianza di montepremi diventi solamente una realtà di fatto?

Al momento la WTA fattura ogni anno circa la metà dell’ATP: 176,8 milioni di dollari (circa 164 milioni di euro) per l’ATP e 87,7 milioni di dollari (circa 81 milioni di euro). Fino a che la situazione rimane questa, la parità di montepremi sarà in buona parte demagogia, con la sola eccezione degli Slam nei quali effettivamente l’intero prodotto è venduto come un pacchetto che comprende uomini-donne, quindi ha senso dividere la torta 50-50, perché è “la cosa giusta da fare”.

Ma allora che fare? In attesa delle personalità che possano ravvivare il tour, si può lavorare su quelle esistenti e si può cercare di capire come si può rendere il tennis femminile più accattivante. No, non stiamo suggerendo una specie di “lingerie football” (se non sapete cos’è, non saremo certamente noi a spiegarvelo), ma più che altro una forma di “femminilizzazione” del gioco.

Ci sono sport che consentono di modificare leggermente le regole senza snaturare lo spirito del gioco, ma rendendo la performance più adatta alle minori capacità atletiche delle giocatrici. Per esempio, nella pallavolo è sufficiente abbassare la rete di 19 centimetri per rendere il volley femminile uno spettacolo diverso da quello maschile, ma ugualmente interessante, se non addirittura tecnicamente più valido (dato che la componente potenza è meno preponderante).

La WNBA, la lega professionistica femminile della pallacanestro USA, ha lavorato molto sulla dimensione della palla (per adattarsi alle mani più piccole delle giocatrici), all’altezza del canestro e alla distanza della linea da tre punti per rendere il basket femminile più spettacolare.

Nell’atletica gli esempi si sprecano: il lancio del peso e il lancio del disco usano strumenti diversi nel femminile e nel maschile; lo stesso vale per il lancio del martello; il giavellotto ha un centro di gravità diverso a seconda del genere degli atleti, e così via.

Il tennis è certamente uno sport poco “femminilizzabile”, se vogliamo usare questo termine, ma non c’è dubbio che l’evoluzione del gioco negli ultimi decenni non ha aiutato le ragazze, anche perché non si è fatto nulla da parte WTA per non seguire la deriva maschile. Quando negli Anni ’90 è stata dichiarata guerra alle superfici sintetiche e si sono notevolmente sgonfiate le palle per timore Ivanisevic e compagni rendessero le partite una sequenza di servizio, a livello femminile si è seguita la strada nonostante il problema del dominio dei servizi non sia mai esistito tra le ragazze. Quindi le tenniste si sono trovate a giocare con campi e palle create per i maschi, e il loro gioco sicuramente non ne ha beneficiato. Solo da qualche anno le palline sono state diversificate (ma non negli Slam), tuttavia ormai il danno era fatto.

Inoltre la moltiplicazione degli eventi combined, scopiazzati dagli Slam perché sono loro che fanno il pieno di quattrini quindi si cerca di replicare tutto ciò che fanno, non ha certamente aiutato il tennis femminile. Oltre alla necessità di dover giocare sulla stessa superficie degli uomini per cause di forza maggiore, con tutto ciò che ne consegue (vedere sopra), anche a causa del minor profilo delle protagoniste del circuito WTA (a parte le Williams e poche altre eccezioni) si è quasi consolidato il ruolo del tennis femminile come “attrazione di supporto” per le vedette ATP. D’altra parte, cosa succederebbe se si giocassero nella stessa arena, all’interno della stessa sessione, due partite di basket, una di NBA e una di WNBA? Se il campionato femminile di calcio di Serie A giocasse le sue partite prima o dopo la Serie A maschile, che tipo di pubblico potrebbe raccogliere?

La soluzione al problema è tutt’altro che semplice, ma siamo fermamente convinti che passi attraverso la consapevolezza che c’è un problema da risolvere, e questo problema non è (solamente) il pregiudizio nei confronti delle donne che impedisce l’elargizione degli stessi montepremi. Prima di poter distribuire maggiori premi, bisogna fare in modo che il denaro da distribuire ci sia.

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