La PTPA sul caso Kato: “Squalifica ingiusta e sproporzionata”

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La PTPA sul caso Kato: “Squalifica ingiusta e sproporzionata”

Tutti colpevoli tranne la tennista secondo l’associazione fondata da Djokovic. Lasciano perplessi alcune parti di un comunicato che a tratti sembra parlare più di Nole che non di Miyu Kato

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È arrivato nel pomeriggio di martedì il comunicato della PTPA sulla squalifica di Miyu Kato e Aldila Sutjiadi che tanto clamore ha suscitato, travalicando anche i confini dei media sportivi. A gioco fermo, Miyu ha colpito una palla indirizzandola verso il fondo del campo con l’ovvia intenzione di tirarla nella zone dei raccattapalle. La ball girl stava però guardando la battitrice in attesa che le facesse cenno di passarle una palla e, vedendola arrivare solo all’ultimo momento, non è riuscita a evitare di venire colpita. Inizialmente, l’arbitro ha inflitto alla giocatrice un semplice warning per comportamento antisportivo perché, ha detto, “non si è fatta male”. Le avversarie Sara Sorribes Tormo e Marie Bouzkova gli hanno allora fatto notare che la raccattapalle stava piangendo e l’arbitro si è così deciso a chiederle come stesse e a chiamare il supervisor che ha deciso per la squalifica. Leggiamo dunque quanto scritto dalla PTPA, la Professional Tennis Players Association fondata ufficialmente due anni fa da Novak Djokovic e Vasek Pospisil:

“La PTPA dichiara che assicurare la sicurezza e il benessere di tutte le persone impegnate nello sport, specialmente dei e delle raccattapalle, è una priorità. Ciò nonostante, la decisione di squalifica re Miyu Kato e Aldila Sutjadi è stata ingiustificatamente sproporzionata e ingiusta. È evidente che l’episodio è stato accidentale e per nulla intrinsecamente violento. Ciò non avrebbe dovuto portare a una violazione del codice di comportamento e alla squalifica conseguente. L’episodio e le sue conseguenze evidenziano un principio fondamentale della PTPA: la richiesta di risoluzioni giuste.

“I giocatori devono avere accesso a procedimenti di risoluzione delle controversie giusti quando i loro diritti sono violati. La PTPA sostiene meccanismi adeguati che diano voce ai giocatori e affrontino le loro preoccupazioni. Qui, significa ripristinare almeno il montepremi e i punti a Miyu e Aldila.

“Decisioni come le squalifiche devono essere prese con imparzialità, equità e senza alcuna influenza esterna. Questo episodio richiede un cambiamento fondamentale. Penalità severe per azioni non intenzionali danneggiano l’integrità dello sport e le carriere dei tennisti. I provvedimenti disciplinari devono conformarsi alla correttezza, riabilitazione e proporzionalità. Come per tutte le questioni che riguardano lo sport, è cruciale che i tennisti abbiano una voce indipendente e che siano coinvolti nella formazione delle regole che disciplinano il loro sport.

“Esprimiamo il nostro irremovibile sostegno per i giocatori che hanno affrontato un trattamento ingiusto. Al fine di affrontare e migliorare questa situazione stiamo attivamente dialogando con la Federazione Tennis Francese e il Grand Slam Board: siamo già in contatto diretto con Miyu Kato. Il nostro scopo è favorire discussioni aperte e un ambiente equo e giusto per tutti i giocatori.”

“Sutjiadi” non è scritto correttamente e non ci risulta che anche Aldila sia soggetta a sanzioni, per cui la richiesta di restituirle punti e montepremi appare priva di senso. Ma analizziamo alcuni passaggi.

Questo ed episodi simili sono fortuiti, non deliberati

Questo, naturalmente, è il minimo: che si tratti di Kato, di Denis Shapovalov in Coppa Davis, di David Nalbandian al Queen’s, di Djokovic a New York, nessuno di loro voleva colpire né tanto meno fare del male a una persona, anche perché in quel caso il Codice di condotta passerebbe in secondo piano rispetto a quello penale. Si tratta però di comportamenti negligenti che hanno portato a delle conseguenze.

Il gesto non è stato violento (aggressive)

È verissimo ed è una delle due ragioni per cui il caso ha suscitato clamore: di fronte a quello che è visto come un semplice “passaggio” verso il fondo del campo, la squalifica è sembrata eccessiva e forse lo è stata davvero. Così può anche essere interpretata la successiva decisione di consentire a Kato di partecipare al doppio misto ma, contrariamente a quanto afferma il comunicato, la violazione del codice di comportamento non pare in dubbio.

Il Codice stabilisce che “i giocatori non devono colpire le palline in modo violento, pericoloso o con rabbia […] tranne che nella ragionevole ricerca del punto”. Da un lato, questa è la regola la cui violazione integra l’abuso di palla, mentre questo è un caso di comportamento antisportivo e, se le palla fosse arrivata contro il telone di fondo, non ci sarebbe stata alcuna sanzione. Da un altro punto di vista, può sembrare che tirare una pallata in faccia a qualcuno non sia grave perché non fatto con la rabbia che siamo abituati a vedere – per esempio Nick Kyrgios a Indian Wells. In quel caso, se il raccattapalle non fosse stato lesto e la racchetta lo avesse centrato, il pubblico ministero che abbiamo interpellato ci aveva spiegato che le eventuali lesioni conseguenti sarebbero verosimilmente state considerate come risultato di un dolo eventuale. Non benissimo, ma non è perché “c’è chi fa peggio” che si deve sorvolare su una semplice colpa.

Senza alcuna influenza esterna

Qui è chiara l’intenzione di colpevolizzare Sara Sorribes Tormo e Marie Bouzkova, che è poi la seconda ragione per il clamore che la vicenda ha scatenato. Le due hanno richiamato l’attenzione dell’arbitro, inizialmente poco interessato alle condizioni della raccattapalle, e sono intervenute nel racconto dei fatti. A proposito di questo, si è liberi di pensare che a loro non importasse affatto della ragazzina; tuttavia, il loro comportamento non è stato molto diverso da quello del giocatore che chiede al giudice di sedia la verifica del segno, che gli fa notare che l’avversario ha toccato la rete o che ha colpito la palla al secondo rimbalzo. Forse, se l’arbitro si fosse immediatamente sincerato delle condizioni della raccattapalle e avesse chiamato senza indugio il supervisor per quello che era un caso di potenziale squalifica, tutto sarebbe andato diversamente.

È anche vero che il giudice di sedia non doveva essere in uno stato d’animo di piena tranquillità, poiché era stato coinvolto in una discussione per un suo errore appena due “15” prima, quando, invece di far ripetere il punto perché l’out sul lobbone di Sorribes Tormo (poi dato buono) era arrivato prima del colpo di Sutjiadi, l’ha dato a Sorribes e Bouzkova optando per la late call. E, quando Kato gli aveva fatto notare qualcosa come, “ok, facciamo finta che l’abbia colpita prima della chiamata, ma la palla è finita in campo”, lui proprio non aveva idea di come fossero andate le cose.

Senza difesa?

Che i tennisti debbano avere i mezzi per difendersi da decisioni errate è sacrosanto, ma certo non si può allestire un tribunale indipendente ogni volta che Zverev vede il segno diversamente dall’arbitro o che giudice arbitro e supervisor decidono (o non decidono) per una squalifica. In quelle circostanze, il giudizio rispettivamente dell’arbitro o del giudice arbitro non può non essere definitivo. Il regolamento prevede comunque una procedura di appello per il giocatore che, nell’esempio del caso qui discusso, può rivolgersi al Grand Slam Board che condurrà un’indagine per accertare fatti e circostanze. Altresì, non vediamo perché tale giocatore non possa avvalersi di un aiuto esterno, anche della stessa PTPA.

Le criticità del comunicato

Rimangono tuttavia le perplessità su un comunicato che sembra più voler cavalcare l’onda dell’indignazione espressa sui social media, supportata da un tale bias che alcuni non hanno nemmeno capito che il video dell’episodio è al rallentatore e quindi la ragazzina si sarebbe messa a piangere per poco più di una carezza. Bias che potrebbe anche affondare le proprie radici nella nota squalifica di Novak Djokovic allo US Open e un’altra perplessità riguarda appunto il richiamo del comunicato al danneggiare le carriere dei tennisti: come non pensare che l’associazione creata da Nole non parli di Nole? A ciò si aggiungono l’addossare parte della colpa di tale ingiusta squalifica ad altre giocatrici, oltre che agli ufficiali di gara non imparziali e influenzabili, per tacere dell’incipit che sembra ricalcare il classico “non abbiamo nulla contro X, ma…”, dove X sono i raccattapalle piagnoni.

Una presa di posizione necessaria e condivisibile nel merito, considerato anche l’obiettivo di rappresentare e difendere i diritti e le istanze dei tennisti che la PTPA si propone, ma che probabilmente avrebbe dovuto essere meglio espressa e argomentata.

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