US Open, Isner si prepara al suo 'last dance': "Ho avuto più successo di quanto potessi immaginare. Senza tennis non sarà facile"

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US Open, Isner si prepara al suo ‘last dance’: “Ho avuto più successo di quanto potessi immaginare. Senza tennis non sarà facile”

‘Big John’ tra ricordi del passato e prospettive per la sua nuova vita: “Il mio corpo non mi permette di andare avanti ma non ho rimpianti”

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John Isner - Roma 2022 (foto Twitter @ATPTour_ES)
 

A prescindere dai risultati che otterranno i giocatori statunitensi in questa edizione del loro Slam di casa, lo US Open 2023 rimarrà nella storia del tennis a stelle e strisce. Per due motivi, diversi tra loro ma meno lontani di quanto potrebbe sembrare. Due celebrazioni, entrambe dolceamare: quella del 20esimo anniversario del trionfo di Andy Roddick e quella del ritiro di John Isner che disputerà il suo ultimo torneo proprio a New York. Il destino ha fatto coincidere questi due eventi: sono passati 20 anni dall’ultimo Slam vinto dagli Stati Uniti al maschile e l’addio di Isner, che per molte di queste stagioni è stato il numero 1 americano, in un certo senso mette il dito nella piaga sottolineando in maniera ancora più netta il lungo periodo di digiuno.

Indubbiamente, però, le colpe non sono di ‘Big John’, capace di rappresentare al meglio delle sue possibilità la sua nazione, per lunghi tratti anche da solo. Per un gigante di 208 cm, però, non è mai stato un peso, ma piuttosto un orgoglio: “So che i giocatori che mi hanno preceduto sono tutti Hall of Famers – ha premesso Isner in conferenza stampa in occasione del Media Day dello US Open – Ovviamente Roddick e altri prima di lui di cui non c’è nemmeno bisogno di citare i nomi. Tuttavia, non ho mai percepito il fatto di essere il numero 1 americano come un fardello. Forse perché da junior e durante il college non si parlava molto di me. Credo di essere arrivato nel tour senza molta pressione addosso, non c’erano molte aspettative nei miei confronti. Questo mi ha aiutato molto. Quando ero il miglior americano, ad essere onesti, il nostro tennis maschile non era quello degli anni ’90, o dei primi anni 2000. In ogni caso, essere stato il numero 1 per molto tempo è qualcosa di cui sono molto fiero, per la preparazione che richiedeva giorno dopo giorno”.

Di seguito tutte le altre dichiarazioni più interessanti di Isner, che sfiderà al primo turno l’argentino Diaz Acosta nella giornata di martedì.

D: Durante la tua carriera hai raccolto più o meno di quanto pensassi all’inizio?

ISNER: Di sicuro non avrei mai immaginato di avere così tanto successo e così a lungo. Una volta ho detto che ci sono tanti incontri che vorrei poter rigiocare, ma mi sono preparato al meglio delle mie possibilità per 17 anni e non ho molti rimpianti.

D: Hai parlato di Andy Roddick. Qual è per te l’eredità di Andy Roddick in questo 20° anniversario della sua vittoria agli US Open?

ISNER: Penso soprattutto il modo in cui ha lavorato, davvero duramente. Credo che ammetterebbe che sì aveva talento, ma non che fosse il più talentuoso, ma in campo era un vero bulldog e anche fuori per come si allenava, per come si prendeva cura di sé. Indubbiamente, uno dei più grandi lavoratori che questo sport abbia mai visto. Quando ero al college o al liceo lo vedevo vincere gli US Open, poi mi sono trovato nel circuito con lui e ho potuto vedere quanto lavorava duramente, mi ha fatto capire che avevo ancora molta strada da fare per cercare di eguagliarlo. Solo guardarlo è stato per me fonte di grande ispirazione. Se volevo diventare un professionista di alto livello, sapevo che dovevo almeno provare a fare quello che faceva lui.

D: A Frances (Tiafoe, ndr) è stata posta la stessa domanda prima. Non appena ha sentito Andy Roddick 20 anni fa, ha scosso la testa dicendo che sapeva che la domanda sarebbe stata sugli americani che non hanno più vinto da allora. Hai mai avuto la sensazione che sia stato pesante per i ragazzi della tua generazione dover rispondere a quella domanda così tante volte?

ISNER: Forse un po’. È passato molto tempo, di sicuro è il periodo di digiuno più lungo che questo Paese abbia mai avuto. Vedremo. Penso che il tennis maschile americano sia in una situazione molto buona in questo momento. Il numero 1 (Fritz, ndr) è molto bravo e molto giovane. Abbiamo molti giocatori che possono sicuramente competere per il Grande Slam… diamine, Frances è stato a un set dalla finale l’anno scorso… Basta che le cose vadano al loro posto per un paio settimane. È sicuramente possibile.

D: Abbiamo visto molti giocatori rientrare dopo un primo ritiro, donne dopo il parto, Kevin Anderson è tornato da poco. Tu sei sicuro della tua decisione?

ISNER: Sì, ne sono certo (sorride, ndr). Il mio tweet ha cinque milioni di visualizzazioni. Ho finito. Per quanto riguarda le donne, penso che sia molto bello e stimolante vedere alcune di loro tornare dopo essere diventate madri. Per quanto riguarda gli uomini, non succede spesso. È successo con Kevin. Non succederà con me!

D: Ti sembra che sia passata una vita da quando 16 anni fa sei sceso in campo ad Athens (in Georgia, ndr) e hai guidato la tua squadra alla vittoria del campionato NCAA con tuo fratello ubriaco e che urlava sugli spalti? Ci puoi dare tre highlights della tua carriera?

ISNER: No, in realtà non sembra così tanto tempo fa, il che è pazzesco. Ho dei ricordi bellissimi degli anni del College. Penso che uno degli highlight della mia vita tennistica sia stato vincere il campionato nazionale nel 2007. Poi c’è sicuramente la partita del 2010 contro Mahut a Wimbledon (quella del 70-68 al quinto set, ndr)… un match folle. Poi quando ho battuto Andy Roddick qui nel 2009 al terzo turno in cinque set sull’Arthur Ashe, quello è stato un momento cruciale nella mia carriera. Era tra i primi 5 al mondo, credo. Battere il mio punto di riferimento e farlo in quella atmosfera è stato grandioso. Ho vissuto molti altri momenti meravigliosi, alcuni in Coppa Davis. Una volta ho battuto Federer in Svizzera. In ogni caso non sono tanto le singole partite a risaltare ma i ricordi che ho con i miei amici nel circuito e poi gli ultimi anni con la mia famiglia.

D: Cosa ti mancherà di più?

ISNER: Sicuramente la competizione in campo e l’atmosfera di alcune partite che ho giocato. Non credo che mi mancheranno gli allenamenti perché ultimamente è stata dura. Adesso se mi alleno troppo duramente, il mio corpo comincia a cedere. Quest’anno non sono stato completamente in salute. Spero di esserlo questa settimana.

D: Molti giocatori dopo essersi ritirati hanno parlato del vuoto che sentono dopo il tennis. Sei preoccupato?

ISNER: Non direi che sono preoccupato, ma non farò nemmeno finta che sia tutto facile. Penso che alcuni giocatori indossino una maschera di coraggio e dicano che non vedono l’ora di ritirarsi. Non è proprio così. Volevo praticare questo sport il più a lungo possibile. Probabilmente ci saranno dei momenti difficili perché negli ultimi 17 anni mi sono svegliato ogni mattina chiedendomi come potessi migliorare. Ci sarà sicuramente questo vuoto. Fortunatamente ho una vita meravigliosa a casa e farò affidamento su mia moglie e i miei figli. Dovrò incanalare la mia energia altrove e intraprendere diverse strade a livello professionale per andare avanti.

D: Tipo cosa?

ISNER: Vedremo. Non so se e quanto sarà nel tennis. Mi vedrei abbastanza bene in televisione. Devo scoprire cosa voglio fare nel mondo degli affari. Penso che sarà una sfida. Non sarà facile, ma non vedo l’ora.

D: Quando hai preso la decisione del ritiro in maniera definitiva?

ISNER: All’inizio della stagione sapevo che sarebbe stato possibile, ma volevo giocare il più a lungo possibile. Se i miei risultati fossero stati migliori quest’anno, probabilmente sarebbe andata diversamente. Ma non è stato così. Quest’anno è stato duro dal punto di vista fisico. Avevo un problema al piede da tempo. Non sono riuscito ad allenarmi davvero e giocare in queste condizioni non è stato molto divertente. È diventato molto faticoso per me solo cercare di rimettermi in salute. Poi perdi qualche partita qua e là ed è un po’ scoraggiante. Sapevo che se mi fossi ritirato quest’anno, sarebbe stato in questo torneo. Direi che sapevo che avrei preso questa decisione intorno al Roland Garros. Sono felice della mia scelta. Sicuramente non ci sono rimpianti in questo momento.

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