US Open, Djokovic favorevole al coaching: "Potermi confrontare apertamente con il mio team mi rende ancora più forte"

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US Open, Djokovic favorevole al coaching: “Potermi confrontare apertamente con il mio team mi rende ancora più forte”

Dopo la comoda affermazione su Zapata Miralles, Novak Djokovic affronta anche il tema della salute mentale collegata al cambiamento tecnologico: “Se un atleta non presta attenzione al lato psicologico della sua professione rischia di essere ferito, soprattutto se non recepisse nel giusto ordine delle cose i commenti su di se”

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Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)
Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)
 

Novak Djokovic ha gestito senza alcun patema l’impegno di secondo turno sull’Arthur Ashe Stadium contro lo spagnolo Bernabé Zapata Miralles, liquidato per 6-4 6-1 6-1 in due ore di partita. Al terzo turno, per il campione serbo sarà derby con il connazionale Laslo Djere, si sono affrontati soltanto una volta in “casa” in quel di Belgrado per l’ATP 250 del Serbia Open: successo di Nole in rimonta, con doppio tie-break finale al termine di quasi tre ore e mezza di stoica battaglia.

Nella consueta conferenza stampa post partita, il 23 volte vincitore Slam ancora una volta non è stato per nulla banale trattando diversi temi; quali il rapporto con Laslo e le difficoltà familiari del compagno di squadra in Davis agli inizi della sua carriera, la propria personale propensione per un uso del coaching sempre più massiccio, alcune valutazioni specifiche sul tennis femminile con tanto di apprezzamenti per l’indomito spirito agonistico di Iga Swiatek e per il roseo futuro di Coco Gauff sotto l’esperta guida di Brad Gilbert, per completare le sue dichiarazioni filosofeggiando sul mondo degli atleti professionisti relativamente ai vantaggi e alle ripercussioni sotto il profilo della saluta mentale che l’evoluzione tecnologica ha comportato nell’ultimo ventennio.

DIl prossimo avversario che affronterai nel torneo sarà un tuo connazionale contro cui hai giocato solamente in un’occasione in precedenza, durante il Serbia Open lo scorso anno sulla terra battuta perciò in condizioni di gioco differenti. Raccontaci un po’ come ci si sente a doversi scontrare con un amico, cosa provi tu personalmente in queste situazioni. Assieme fate parte della squadra serba di Coppa Davis e e quest’anno potreste fare molta strada nella competizione.

Novak Djokovic: Sì, Laslo [Djere, ndr] è un grande amico. Penso che attualmente stia vivendo uno dei migliori momenti della sua carriera, specialmente per quanto riguarda il tennis che sta esprimendo sul cemento. È in ottima forma e questo non può che far piacere a tutto il nostro movimento. E’ inoltre fantastico per il tennis serbo poter avere un derby al terzo turno di uno Slam. Perché ciò significa che un giocatore serbo sarà certamente agli ottavi dello US Open, il che è meraviglioso. Sarà bello condividere il campo insieme a lui, anche perché oltre ad essere un ragazzo speciale è uno dei lavoratori più perseveranti del Tour con una strabiliante mentalità professionale. Ci seguiamo a vicenda nel corso dell’anno spronandoci l’un l’altro, non soltanto noi due, ma tutti noi serbi quando ci ritroviamo nello spogliatoio ci sinceriamo sempre del momento che i nostri connazionali stiano vivendo perché tutti siamo consapevoli delle innumerevoli ore che si passano sul campo ed in palestra ad allenarsi per poter performare al meglio delle proprie potenzialità. Lui, ribadisco, è uno dei migliori in tal senso dell’intero circuito. Ha un approccio al lavoro eccezionale, dedica ad esempio moltissimo tempo alla cura del proprio corpo affinché possa costruire uno stato di forma il più proficuo possibile. Alla fine i risultati stanno arrivando, gli sta ottenendo e sono certo che ne conquisterà sempre di nuovi e di maggiormente prestigiosi, perché so quando è applicato alla vita da professionista. Fuori dal campo è un ragazzo estremamente tranquillo e piacevole con cui trascorrere del tempo, in campo invece lavora sodo ed è un grande combattente. E’ in grado di mettere in mostra sempre il meglio che può in quella determinata giornata. Ovviamente la sua superficie preferita è la terra. Ma come ho già detto, è senza dubbio migliorato tantissimo negli ultimi anni anche come rendimento sulle superfici rapide. Qui a New York, comunque, i campi sono leggermente più lenti del solito, anche le palle e questo credo faciliti e favorisca il suo tennis. Infine pure fisicamente possiede in questo momento una grande condizione atletica. Per cui devo necessariamente essere pronto ad una battaglia fisica“.

DHai parlato di Laslo [Djere, ndr] e delle sua perseveranza e dedizione al lavoro. Cosa ci puoi dire in più andando maggiormente in profondità del suo personaggio, che nonostante tutti gli ostacoli che la vita fuori dal campo gli ha imposto ha continuato a lavorare ancora più duramente riuscendo a costruirsi una carriera così ricca di soddisfazioni?

Novak Djokovic: Sì è vero, ha dovuto affrontare molti problemi interni con la sua famiglia, il che lo ha certamente frenato e destabilizzato per parecchi anni della sua carriera soprattutto quando era agli inizi. Ha dovuto sopportare tutto questo per poter continuare ad inseguire il suo sogno, non è stato perciò per nulla semplice per lui giungere fin dove è arrivato. Quello che però ha ottenuto, i traguardi che ha tagliato dicono molto della sua incredibile resilienza mentale. Ciononostante, pur avendo raggiunto l’eccezionale risultato di diventare un tennista professionista in grado perfino di entrare nella Top 30 mondiale dopo aver superato tali problemi che per altri potevano apparire come insormontabili, non si è mai montato la testa ed è rimasto sempre lo stesso ragazzo umile di quando ha mosso i primi passi in questo mondo. Come ho già rimarcato, è un ragazzo veramente semplice e tranquillo che ama dedicarsi alle sue passioni senza sentire il bisogno di apparire, mettersi in mostra o sfruttare la sua notorietà. Semplicemente, lavora duramente come farebbe chiunque altro cercando di fare del suo meglio in quello che fa. Si dedica totalmente al tennis, abbiamo un bellissimo rapporto. Mi piace tanto come persona a livello caratteriale e anche come tipologia di giocatore. Noi, ovviamente, ci conosciamo molto bene perché veniamo dallo stesso Paese, allenandoci assieme in occasione delle partite Coppa Davis. Questo infatti è un ulteriore aspetto che rende ancora più bello il fatto che ci affronteremo qui a Flushing Meadows, visto che subito dopo lo US Open ci sarà proprio la Coppa Davis. Entrambi siamo in buona forma, perciò nutriamo grandi speranze guardando all’edizione di quest’anno. Speriamo di poter fare bene come squadra ottenendo un risultato importante per la nostra nazione. In ogni caso, gli auguro il meglio possibile per il futuro tranne ovviamente che per la prossima partita (sorridendo)”.

DDa quando è stato modificato il regolamento, è permesso a voi giocatori di ricevere consigli tattici e psicologici dai vostri allenatori durante la partita. Tu ti sei ritrovato in questa nuova situazione, in questo contesto dopo che per la maggior parte della tua carriera ciò non era consentito. Quindi volevo chiederti, come ti sei adattato a questa novità; quando parli con il tuo coach cerchi delle risposte ai problemi che senti di avere in quel momento in campo? Inoltre, volevo una tua riflessione sul rapporto relazione durante il match tra coach e giocatore: nonostante sia stato convalidato anche nel tennis, in altri sport come per esempio il basket il dialogo fra allenatori e giocatori è praticamente continuo ogni qualvolta si siedono in panchina. In più, il coach può usufruire del time-out quando crede sia giusto comunicare ai suoi ragazzi degli migliorie che devono essere apportare avendo appurato come qualcosa in campo non stia funzionando.

Novak Djokovic: “Beh, è sicuramente diverso rispetto al basket dove puoi praticamente andare a parlare con il tuo allenatore in panchina ogni volta che vuoi. Noi tennisti invece non possiamo farlo. Difatti, spesso e volentieri siamo costretti ad alzare la voce affinché la nostra squadra ci possa ascoltare o viceversa, perché altrimenti l’unica strada percorribile quando la comunicazione vocale non può essere chiara, ad esempio per via del frastuono proveniente dagli spalti, è quella di dover necessariamente comunicare attraverso gesti e segni codificati. Personalmente, potermi confrontare apertamente con il mio team mi rende ancora più forte in campo, mi fornisce ulteriore consapevolezza dei miei mezzi. Onestamente, infatti, se ci fosse la possibilità del coaching direttamente in campo oppure mediante le cuffie, io sarei di gran lunga favorevole perché credo che qualunque modalità si persegua per ottenere più coaching sia una cosa molto positiva per il nostro sport e in particolar modo per lo stato mentale dei giocatori. Inoltre penso che sarebbe una modifica che verrebbe apprezzata anche dal pubblico, poiché così facendo potrebbe ascoltare le conversazioni tra coach e giocatore durante una partita vista la presenza dei microfoni a bordo campo. Capisco e comprendo che ci siano alcuni oppositori a questa eventuale nuova regola che inevitabilmente andrebbe a cambiare strutturalmente il regolamento fin qui conosciuto, andando soprattutto contro la tradizione del tennis secondo cui il tennista è un atleta individuale e perciò i problemi in campo deve risolverli da solo. Io tuttavia, dico a coloro che muovono questa argomentazione che anche se l’allenatore dovesse intervenire in un momento delicato della partita, dopo ub break o prima di un tie-break, è comunque il giocare che deve giocare, giusto? Non è come nel basket o nel calcio, che si può richiedere la sostituzione. Proprio per questa sua peculiarità, il rapporto tra allenatore e atleta che c’è nel tennis non può essere paragonato con quello di altri sport. Ma ribadisco, personalmente sono molto felice che ora ci sia permesso di poter comunicare liberamente piuttosto che doverlo fare di nascosto dal giudice di sedia o dal Supervisor come invece abbiamo fatto per diversi anni.“.

DPoco fa Iga Swiatek era qui in sala stampa e ha dichiarato che quando guarda te e Carlos [Alcaraz, ndr] giocare, rimane sempre impressionata dal vostro confronto combattivo e dal vostro approccio mentale che non conosce resa. Anche Coco Gauff ha detto di ammirare molto il tuo modo di stare in campo anche quando stai perdendo, il tuo rimanere sempre positivo. Quando pensi a queste due giocatrici, Iga e Coco, cosa pensi in merito a quello che portano al tennis femminile, ma più in generale a tutto il microcosmo della racchetta con il loro modo di giocare?

Novak Djokovic: Bene, allora partendo da Iga, [Swiatek, ndr] lei ha dominato il circuito femminile negli ultimi due anni, è la tennista che ha vinto più Slam durante quest’arco di tempo. Letteralmente la adoro, adoro la sua dedizione e devozione per il nostro sport. Inoltre, probabilmente lei è troppo umile e modesta per poterlo affermare, ma possiede certamente un grande spirito combattivo. È una guerriera, va in campo e poi sai affrontarla è veramente dura perché non ha un solo piano di gioco ma può mettere in campo diverse strategie tattiche e differenti soluzioni tecniche. Ha messo a segno il maggior numero di bagel di chiunque altra tennista nelle ultime stagioni di Tour. Questi risultati incredibili, li ha ottenuti perché approccia ad ogni singolo punto e partita in maniera totalmente seria e professionale. Quindi non si può che ammirarla per questo. Mi piace molto quel tipo di spirito e mentalità, sono caratteristiche che solamente i campioni hanno. Per quanto riguarda invece Coco [Gauff, ndr], è indubbiamente in ascesa. Non ha ancora vinto un Grande Slam, ma ha già giocato una finale. E’ ancora molto giovane ma credo che ora con Brad Gilbert al suo fianco, che la potrà aiutare nel suo percorso grazie alla grande esperienza che un allenatore del suo calibro ha accumulato allenando tantissimi campioni, potrà compiere quell’ultimo step che le manca. Dunque, sono sicuro che adesso per lei in breve tempo i pezzi del puzzle si metteranno insieme. Ultimamente ha giocato un ottimo tennis a Cincinnati e ha anche qui allo US Open ha approcciato bene al torneo. Poi ovviamente qui a New York può godere del supporto del pubblico, che è sempre benvenuto da ogni giocatore e giocatrice. Fisicamente mi sembra anche essere in ottima forma. Sta colpendo decisamente bene, si vede che sta sentendo la palla nel migliore dei modi. Lei poi ha avuto anche un percorso in carriera abbastanza unico, avendo raggiunto il Top del circuito femminile molto presto quando era ancora giovanissima. Credo avesse 16 o 17 anni, quando disputò il quarto turno a Wimbledon. Tuttavia, credo necessiti ancora di un po’ di tempo per completare la propria maturazione tennistica, sono certo che fra qualche anno quando si sarà completata come tennista potrà veramente ambire a vincere Slam e dominare il Tour femminile. Ciononostante, è già tutt’ora molto vicina al raggiungimento di quel tipo di palcoscenico e di livello. Perciò sono altresì convinto che in cuor suo possieda grandi speranze per questo US Open e dovrebbe, perché sta giocando davvero un gran tennis“.

DSei nel Tour da praticamente vent’anni, un periodo molto lungo. Il mondo in generale, ma in particolare i media sono cambiati molto durante quest’arco di tempo. Tutto ha cambiato pelle, dalla televisione ai giornali sino alla nascita dei social media e così via. Sono curioso di sapere come tu da atleta, abbia sperimentato questi cambiamenti sia per quanto concerne la prospettiva relativa alla copertura del tennis durante questi vent’anni dove tu sei anche stato n. 1 del mondo e quindi simbolo dell’intero movimento.

Novak Djokovic: La mia mentalità è sempre stata quella di adattarmi al cambiamento meglio che potevo, così per far sì che mi regolassi in base al nuovo ritmo che la vita aveva assunto. Naturalmente mantenere il giusto equilibrio penso sia la vera chiave per capire chi realmente tu sia e mantenere perciò la tua autenticità, soprattutto nel mondo di oggi che probabilmente rispetto a quando poteva accadere in passato si rende ancora più necessario. Perché poi sai, si possono fare tantissime cose e diversissime tra loro, ci sono tonnellate di informazioni che ti arrivano attraverso i social media, attraverso Internet, la televisione. Migliaia di informazioni che però devi elaborare, e lo devi fare ogni singolo giorno. Quindi è molto ciò che ci viene richiesto oggigiorno come atleti. Quando ho cominciato la carriera come tennista professionista, tutto era completamente diverso quasi agli antipodi dalla situazione odierna. Perciò, io sono fermamente convinto che il cambiamento sia qualcosa che puoi soltanto provare ad assecondare, poiché se provi anche solo in minima parte a respingerlo o a resistere aggrappandoti al passato non fai che peggiorare il tuo possibile adattamento. Ognuno deve trovare una formula individuale che funzioni davvero per sé, perché ogni singolo atleta è diverso e ha delle caratteristiche peculiari. Dunque è inevitabile abbracciare il cambiamento, è un concetto naturale che contribuisce in maniera decisiva all’evoluzione dell’umanità, della società, e all’orizzonte verso cui le cose stanno tendendo in quel preciso momento storico. Bisogna utilizzare il cambiamento come strumento per la propria carriera professionale, per il proprio branding e marketing, per le pubbliche relazioni, per la comunicazione con i fan, per stipulare iniziative con gli enti di beneficenza. Qualunque cosa tu stia cercando di fare ed in qualsiasi modo tu voglia comunicarla al mondo, penso che come sia possibile farlo al giorno d’oggi sia difficilmente migliorabile. Io sono un grande fautore della tecnologia. Basta infatti condividere una semplice foto accompagnata da un paio di didascalie e milioni di persone in tutto il mondo possono vederla istantaneamente, il che è sorprendente se guardiamo questo con gli occhi di persone che vivevano vent’anni fa. Tuttavia per quanto il cambiamento tecnologico sia indubbiamente un aspetto positivo, allo stesso tempo è necessario trovare il giusto equilibrio soprattutto per un atleta. Perché gli sportivi, specialmente gli atleti degli sport che hanno importanti radici globali e un impatto sociale significativo come il calcio, il basket, il tennis o il golf che sono seguiti in tutto il mondo; qualunque cosa tu dichiari, il modo in cui ti comporti vengono costantemente monitorati, analizzati e giudicati in modo positivo o negativo da milioni di persone. Quindi, se un atleta non presta troppa attenzione al lato mentale della sua professione, può davvero farti male e ferirti internamente a livello psicologico. I commenti su di te possono essere veramente nocivi per la tua salute mentale se non li recepisci nel giusto modo e secondo il corretto ordine delle cose. La salute mentale è l’aspetto più importante dell’essere atleti nel 2023, paradossalmente più di quella fisica. Sono davvero contento che ci siano stati più dibattiti pubblici su questo tema, con gli stessi giocatori che si sono aperti sulle difficoltà affrontate. Penso che dobbiamo prestare collettivamente maggiore attenzione a ciò, in modo tale che noi atleti possiamo anche aiutarci anche l’un l’altro perché alla fine facciamo parte dello stesso ecosistema e dobbiamo assieme collaborando aiutare a far sì che prosperi, e per farlo dobbiamo sfruttare l’evoluzione tecnologica come un vantaggio, un nostro alleato piuttosto che vederla come qualcosa che possa abbatterci e danneggiarci“.

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