Forza Sinner, l’Italia è con te (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)
A Torino si alza il sipario: Sinner c’è. Dall’altra parte della rete? Tsitsipas o Hurkacz? Lo scopriremo oggi alle 14.30. A meno di ventiquattro ore dal match che aprirà la terza edizione italiana delle Nitto ATP Finals i dubbi non sono stati sciolti e, per quanto remota, la possibilità di un forfait del greco non è ancora scongiurata. Agli appassionati della Penisola preme poter vedere all’opera l’altoatesino, serio candidato per il titolo, e l’avversario almeno a livello di appeal della sfida giocherà un ruolo quasi marginale. A due anni dall’esordio da riserva nel Masters di fine anno, quando subentrò all’infortunato Berrettini, Jannik si è preso l’Italia del tennis. Se l’ATP per anni si è preoccupata di un ricambio generazionale potenzialmente fatale per gli ascolti televisivi e le vendite dei biglietti, dalle nostre parti non ci sono stati problemi. Sinner piace a tutti: ai grandi, ma soprattutto ai più giovani. […] Finiti i preparativi, adesso c’è voglia di tennis e di vittorie. Negli scontri diretti Jannik insegue tutti gli sfidanti del Gruppo Verde: Djokovic (0-3), Rune (0-2) e Tsiitsipas (2-5). Sfide pregresse e dal valore relativo, in particolar modo con gli ultimi due avversari citati. I match disputati nella stagione in corso raccontano uno spaccato differente da quello narrato dai freddi numeri. A gennaio il greco ha prevalso di esperienza quando agli ottavi di finale dell’Austrahan Open si è imposto per 6-4 6-4 3-6 4-6 6-3. Sul cemento di Rotterdam il cambio di spartito, l’azzurro le suona a Stefanos con un convincente 6-4 6-3. A fare il resto ci pensano i risultati del 2023: stellari per uno, opachi per l’altro. All’ateniese, a soli 21 anni campione dell’edizione 2019 delle Finals, non resta che recitare il ruolo dello sfavorito, alimentato anche dai presunti problemi al gomito. Nella giornata di ieri, esattamente come accaduto venerdì, ha alzato bandiera bianca ad un quarto d’ora dalla fine dell’allenamento. […] Il gomito è quello destro, quello operato dopo l’infortunio che lo costrinse al ritiro dalle Finals 2021. In quel caso esordì cedendo a Rublev, prima di lasciare il suo posto a Cameron Norrie. Pronto ad ogni evenienza è già arrivato a Torino il polacco Hubert Hurkacz. […] La vigilia di queste Finals è chiacchierata, ma solo per gli altri. Circondato da tanto calore, Sinner resta glaciale, ambisce a un unico obiettivo: imbarcarsi per Malaga con la coppa al seguito.
Jannik, la leggerezza ti aiuterà a vincere (Adriano Panatta, Tuttosport)
Siamo qui per Jannik Sinner, tutti schierati dalla sua parte, pronti a sostenerlo nei modi giusti e sobri che certo i tifosi italiani di tennis conoscono, nel massimo rispetto dello sport, degli avversari e dello stesso nostro rappresentante, che ha bisogno di sostegno, di cuore e di passione. Ma non di troppa pressione. Né di rappresentazioni di tifo sguaiato. Ma Torino è città educata, e non temo questo. Piuttosto, immagino che Jannik dovrà fare i corti con l’attesa che c’è nei suoi confronti, che forse ha provato per qualche attimo in Davis, nel recente passato, dove però c’è una maglia azzurra che fa da comoda cuccia a tutta la squadra, e le ansie si stemperano nel gruppo, nell’amicizia che nasce dal remare tutti dalla stessa parte. Alle Finals sarà più accentuata quella sensazione di essere al centro dell’attenzione. Meritata, da un lato, perché Jannik viene da una stagione magnifica che vale da sola quattro vittorie, il primo Masters 1000, una semifinale a Wimbledon e il quarto posto con quasi seimila punti in classifica. Però ingombrante, di quelle che te le senti dentro e un po’ ti tolgono il respiro. Fa parte degli insegnamenti, cui .Jannik tiene così tanto. […] Mantenersi saldo in queste giornate torinesi, calmo e lucido, e volare sulle ali del tifo, è uno degli ultimi capitoli da affrontare prima della laurea. Gli auguro leggerezza, divertimento, tanto sono sicuro che l’impegno, e la devozione che servono ad affrontare le sfide più calde sarà lui a metterceli. E chiedo al pubblico di Torino di respingere chi abbia voglia di esagerare e di cavalcare la natura più becera del tifo. Nessuno ne sente il bisogno. Ma un antidoto c’è, oltre la buona educazione. Ricordare tutti che Sinner ha ancora 22 anni, un’età che non gli dà la certezza né il diritto di vincere, ma di provarci, magari di farcela, certo di figurare tra i migliori come sta dimostrando lietamente di poter fare. L’accoppiamento con Djokovic, dettato dal sorteggio, mi è piaciuto. Un po’ ci speravo. Incontrarlo subito, il Djoker che Jannik non è ancora riuscito a battere, può servire per impensierire il numero uno, e trasferire su di esso un po’ di quell’ansia da prestazione che Sinner non potrà non avvertire, e comunque per prendergli le misure. Sara utile, utilissimo, se le Finals dovessero proporre un nuovo confronto tra i due, cosa che può accadere solo in finale. […]
Alle Finals è il giorno di Sinner (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
Quando ieri all’ora di pranzo Jannik Sinner è arrivato al PalaAlpitour per il suo allenamento con lo sparring partner di giornata, cioè Federico Gaio, sul campo centrale ha trovato solo Carlos Alcaraz, impegnato a palleggiare con il coach Ferrero. Nessuna traccia di Stefanos Tsitsipas, che aveva abbandonato la sessione con lo spagnolo qualche minuto prima scuotendo la testa, come già successo venerdì con Zverev. Che succede al dio Apollo, distratto per gran parte della stagione dalla love story con la collega Paula Badosa ma in grado di ritrovare la forma last minute tra Anversa, Vienna e Bercy (tre semifinali consecutive)? Qui i pareri si dividono: c’è chi ha visto Tsitsipas conservativo ma tutto sommato in palla e chi sospetta nuovi problemi al gomito già operato dopo le travagliate Atp Finals 2021 (sconfitta e forfait). In ogni caso il greco ha tempo fino alle 14.30 di oggi per decidere se giocare o ritirarsi, da regolamento ieri da Montecarlo è arrivata in auto la prima riserva del torneo, Hubert Hurkacz numero 9 nella Race per Torino. […] II dubbio è di Tsitsipas ma l’incertezza pesa anche sulle spalle di Sinner, che se sapesse di dover affrontare Hurcakz, fresco re di Shanghai, l’amico che gli diede un dispiacere a Miami 2021 nella prima finale Master 1000 raggiunta in carriera, imposterebbe con i suoi coach un match diverso. Per Jannik anche l’incognita della pressione di essere il beniamino di casa, l’elemento che nell’altro grande torneo italiano (gli Internazionali del Foro Italico) ha maneggiato a volte con disagio, complice una superficie per cui non stravede, la terra. Ma qui siamo sul veloce indoor, e Sinner arriva alle Atp Finals in forma smagliante, con due vittorie sull’antica bestia nera Medvedev (Pechino e Vienna) nello zaino. Se c’è un match da non perdere per nessun motivo, è questo. Una vittoria all’esordio permetterebbe a Sinner di affrontare Djokovic (martedì sera in prime time) e Rune (giovedì) con un altro spirito, anziché con l’acqua già alla gola. È il giorno anche del grande favorito Djokovic, che battendo Rune si assicurerebbe di finire il torneo da numero uno del mondo per la 400ª settimana (record). E magari con la coppa in tasca (sarebbe l’ottava delle Atp Finals, altro record).
Lo sprint di Sinner, ragazzo d’oro (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Un campione diverso. Jannik Sinner marcia oggi sulle ATP Finals col piglio del protagonista come tennista e come uomo. Così confida e così sembra, così dimostra dai 13 anni quando lasciò l’Alto Adige e lo sci per scommettere sul tennis a Bordighera, abbandonando poi strada facendo il maestro-papà, Riccardo Piatti, e deragliando dalla maglia azzurra, all’Olimpiade e in Davis. Con un sussurro ben scandito: «Io gioco per la mia storia». Un campione diverso, soprattutto nel tennis italiano dei belli e impossibili, estemporanei, imperfetti di fisico o di testa. Nella sua delicata crescita, Jan il Rosso poteva frantumarsi più volte. Ha imparato sulla propria pelle: dalle vesciche sotto i piedi alle soluzioni che non riusciva a trasferire in partita dai durissimi allenamenti, alla paura, che fosse il pubblico scatenato dall’avversario (Tiafoe a Vienna) o i crampi, appena a settembre agli US Open dopo quasi 5 ore e 5 set contro Zverev. L’ennesima bocciatura Slam, l’ennesima spia di inadeguatezza che al Roland Garros era stato naufragio al secondo turno contro Altmeier e a Wimbledon consueta frustrazione, contro quel diavolo di Djokovic che gli ruba il tempo e lo minaccia anche alle ATP Finals di Torino dove Jannik arriva da 4 del mondo con la volata dell’ultimo mese e mezzo. […] Risultati che dicono tanto, ma non dicono tutto sulla crescita e la forza del 22enne altoatesino. Chiamato dal pubblico di casa all’esame pressione. Non è stato il super coach Darren Cahill a suggerire al Profeta la strada del sorriso sciogli-tensione, è stato Riccardo Ceccarelli, “l’ingegnere del cervello dei campioni” di Formula Medicine, all’avanguardia per il mental training, segue l’azzurro dal primo successo a Sofia 2020 e lo monitorizza. «Sono impegnato a conoscere il mio cervello. Mi interessa capire come funziona al100%, soprattutto nelle difficoltà, quando sono stanco e nervoso», rivela Jannik. «Oltre a sviluppare una maggiore self-awareness abbiamo lavorato tanto sull’immunità agli agenti esterni. La sua forza, soprattutto dopo i tornei vinti, è continuare a lavorare e migliorarsi», dice il medico a Eurosport. […] Oggi Sinner dovrebbe esordire contro il numero 6 della Race, Stefanos Tsitsipas, che però, di nuovo sofferente al gomito, si allena a mezzo servizio da due giorni. […]
L’Italia che stupisce. Urlo Trevisan e Paolini: l’Italia in finale dopo 10 anni (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Dieci anni, tondi tondi. L’Italia festeggiava a Cagliari la quarta Fed Cup della sua storia. In campo all’epoca c’erano Roberta Vinci, Flavia Pennetta, Sara Errani, Karin Knapp e Francesca Schiavone, il Dream Team che ha fatto la storia del tennis femminile azzurro. Quel giorno, sulle tribune del Tc Cagliari c’era Tathiana Garbin, che tre anni dopo avrebbe iniziato la sua avventura come capitano dell’Italia. Accompagnava le sue ‘ragazze’, tra cui Jasmine Paolini, fresche vincitrici del campionato europeo junior. In questi dieci anni tante cose sono cambiate, la Fed Cup è stata intitolata a Billie Jean King diventando ‘King Cup’, ma il risultato non cambia: si tratta sempre di giocare in Nazionale e Tathiana assisterà a un’ altra finale, questa volta sulla panchina. Dall’altra parte della rete l’Italia si troverà il Canada, alla prima finale femminile di squadra dopo che lo scorso anno gli uomini avevano conquistato la Davis a Malaga. Protagonista della vittoria contro le favorite della Repubblica Ceca una super Leylah Fernandez, che dopo aver stupito il mondo nel 2021 quando perse la finale tra teenager dello Us Open contro Emma Raducanu, è tornata ad alti livelli superando prima la campionessa di Wimbledon, Marketa Vondrousoya, e poi centrando la qualificazione in doppio con Gabriela Dabrowski, quest’anno campionessa Us Open a coppie. Il pronostico è aperto e Garbin non vuole svegliarsi: «E’ un sogno partito da lontano che finalmente si realizza – ha detto la capitana -. Dietro a questo risultato c’è tanto lavoro da parte di tutto il team e della Federazione. Sono orgogliosissima delle mie ragazze perché hanno fatto qualcosa di straordinario e devono andarne molto fiere». La finale è arrivata dopo aver battuto con una certa fatica la Slovenia, senza tuttavia avere bisogno di ricorrere al doppio: «E’ stata veramente dura – racconta Martina Trevisan, provatissima -. Anche perché bisognava fare i conti con tante emozioni e prime volte: la prima semifinale per l’Italia dopo tanto tempo, un risultato ottenuto partendo da molto lontano. Io volevo fare bene soprattutto per Tathiana che ci ha sempre seguito fin da giovanissime». Anche per Jasmine, che da ragazzina aveva vissuto insieme a Garbin la vittoria dell’Italia 2013, la voglia è la stessa: «Quando vedevo le nostre campionesse festeggiare sognavo un giorno di poterlo fare pure io, anche se non immaginavo sarebbe successo. Non so come andrà, ma giocheremo l’ultima partita mettendoti l’anima. Siamo cresciute tutte insieme: questa squadra ha avuto bisogno di un po’ di tempo ma ora ci siamo, e siamo forti e competitive. Una finale da dedicare a tutte noi e a tutto il team. E non è ancora finita…». […]
Trevisan e Paolini: «Vamos ragazze» (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Avevano in corpo tanta voglia di ricevere le stesse attenzioni mediatiche riservate ai colleghi dell’ltaltennis e ci sono riuscite, scrivendo una pagina di storia comunque vada a finire. La nazionale italiana femminile ha infatti raggiunto l’ultimo atto delle Finals di Billie Jean King Cup a Siviglia, dieci anni dopo l’ultimo trionfo tricolore, contro la Russia. Come già era accaduto nel round robin contro Francia e Germania, anche nella semifinale con la Slovenia (mai prima così avanti in questa competizione) a mettere le ali alle azzurre sono stati i due singolari, nei quali Martina Trevisan e Jasmine Paolini hanno mostrato ancora una volta la loro dedizione alla causa quando difendono i colori del proprio Paese. In particolare nell’incontro di apertura la 30enne mancina di Firenze (n.43 del ranking mondiale) ha sconfitto dopo due ore e 20′ di partita, Kaja Juvan (n.104 Wta), annullando un set point nel tie break del primo parziale. «È stato un match complicato, volevo fare bene soprattutto per Tathiana che ci ha sempre seguito fin da quando eravamo giovanissime —ha spiegato Martina -. Onestamente non sono del tutto soddisfatta per come ho giocato ma l’importante era vincere. Il tie break è stato davvero decisivo: lei giocava una palla molto carica, mi dava pochissimo ritmo e io facevo fatica con le gambe a trovare la palla. L’infortunio di Juvan? Ero così concentrata su me stessa che non mi sono resa conto se lei non stesse bene». A conquistare il punto decisivo, per la 6a finale dell’Italia in questa competizione (quattro i trofei in bacheca), è stata la 27enne di Bagni di Lucca, imponendosi in tre set, in 2 ore e un minuto, su Tamara Zidansek (n.100 Wta) alla quale nella 3a frazione la giocatrice allenata da Renzo Furlan ha recuperato un break. Una soddisfazione non da poco per Paolini, nel 2013 in tribuna a Cagliari a tifare per le azzurre come premio per la vittoria nella Reina/Soishault Cup under 18. «È stato un momento emozionante vedere le ragazze vincere il titolo — ammette Jasmine, n.30 della classifica – Se pensavo che un giorno avrei potuto essere al loro posto? Non lo so, ma è un sogno che diventa realtà. Il match è stato una specie di giro sulle montagne russe. Sono davvero contenta per me e per la squadra: abbiamo fatto un lavoro fantastico. Siamo cresciute tutte insieme: abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo ma ora ci siamo, siamo forti e competitive. Vamos, perché non è ancora finita…“. L’ultimo ostacolo questo pomeriggio si chiama Canada, che nella seconda semifinale ha piegato al doppio decisivo la Repubblica Ceca. «Sono orgogliosissima delle mie ragazze che hanno fatto qualcosa di straordinario: devono essere fiere per questo — sottolinea la capitana azzurra Tathiana Garbin -. Per me è un’emozione grandissima. Ed è un insegnamento per i giovani che vogliono tutto e subito. Ci vuole invece lungimiranza: queste giocatrici hanno costruito nel tempo la loro carriera e l’hanno fatto nel migliore dei modi. Però non ci si accontenta mai: sarà una finale difficilissima, ma noi vogliamo sempre salire e provare a spingerci fino al limite». […]