Fuggito dai nazisti, la vita di Torben Ulrich tra tennis, jazz e filosofia

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Fuggito dai nazisti, la vita di Torben Ulrich tra tennis, jazz e filosofia

L’incredibile storia dell’ex tennista danese Torben Ulrich, scomparso pochi giorni fa a 95 anni. Uno dei personaggi più straordinari della storia del tennis e… “padre” dei Metallica

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Torben Ulrich
 

Torben Ulrich è morto il 20 dicembre 2023. Aveva 95 anni. Su X, il giornalista de l’Equipe e scrittore francese Quentin Moynet ha raccontato la sua storia.

Torben Ulrich si strinse forte il clarinetto al petto. Sulle spalle del ragazzo, appena quindicenne, un bambino in lacrime. Intorno a lui, una quindicina di paia di occhi impauriti, tra cui quelli del fratellino Jorgen e di sua madre Ulla. Il dolce sciabordio delle onde era stato appena brutalmente interrotto da uno spaventoso fuoco di mitragliatrici. La piccola barca da pesca in cui erano stipati era stata avvistata dai nazisti. Quella notte di ottobre del 1943, la famiglia Ulrich stava cercando di fuggire dalla Danimarca.

Dopo un movimento di disobbedienza civile nell corso dell’estate del 1943, il governo danese era stato sciolto dalla Germania nazista, che mirava a deportare circa 8.000 ebrei danesi. Tra loro c’era la madre di Torben Ulrich. Il padre, Einer, che non era ebreo, inizialmente cercò di sfruttare il suo rapporto privilegiato con il re svedese, Gustavo V, dal quale si recava regolarmente a Stoccolma per giocare a tennis, ma la situazione era diventata troppo pericolosa. Occorreva nascondersi e fuggire.

Madre e figli Ulrich – senza il padre, che aveva intenzione di raggiungerli successivamente – andarono sull’isola di Seeland. Non restava che attraversare lo stretto di Sund. Solo una quindicina di chilometri li separavano dalla provincia di Skåne. Ma la traversata fallì. Appena usciti dal porto, di nascosto, furono avvistati. I pescatori che avevano accettato di trasportarli si gettarono nell’acqua fredda e fuggirono, ma non prima di aver versato sabbia negli ingranaggi della barca per impedire ai fuggitivi di proseguire il loro viaggio…

La notte era turbolenta, le onde erano forti e il gruppetto si trovò rapidamente con i piedi sommersi dall’acqua. Con l’aiuto di corde, i più forti del gruppo aiutarono i più deboli, in particolare alcune signore anziane che avevano più di settant’anni, a raggiungere le rocce. Nessuno annegò. Dopo qualche ora, i soldati tedeschi li arrestarono e li portarono a Elsinore per una deposizione. Gli Ulrich trascorsero due settimane in cella. Alcuni dei loro compagni di fuga furono mandati nel campo di concentramento di Theresienstadt. Non loro.

Il mio sangue non era abbastanza ebreo”, disse ironicamente Torben anni dopo, secondo il quale ottennero la liberazione grazie al padre che negoziò con le autorità tedesche. Poche settimane dopo, la famiglia Ulrich decise di riprovare a partire per la Svezia. Questa volta partirono in pieno giorno e incontrarono persino soldati tedeschi armati. Sicuramente pagati dai scafisti, questi li lasciano salire a bordo senza dire una parola né uno sguardo. La famiglia, raggiunta dal padre, rimase in Svezia fino alla fine della guerra.

Fu lì che Torben Ulrich, già appassionato di musica, si innamorò davvero delle altre grandi passioni della sua vita: il tennis e la filosofia. Come i suoi genitori, campioni nazionali danesi, Torben divenne un eccellente tennista. Ma non il migliore. Se non è mai riuscito a superare gli ottavi di finale in uno Slam è senza dubbio perché non era abbastanza concentrato sul suo sport. Negli anni ’50 andava in giro tanto con la racchetta quanto con il clarinetto. Appena finiva una partita correva in un club a suonare jazz.

Durante il Roland Garros, trascorreva le notti vicino a Saint-Germain-des-Prés, dove prendeva parte a “pezzi” jazz nelle cantine del Vieux-Colombier, anche alla vigilia delle partite. Nessuno dei suoi incontri veniva mai programmato prima delle 14:00. Di notte scriveva di musica “per capirla”. Ha anche scritto un articolo su un giornale danese. Ha studiato jazz, sassofono e flauto negli Stati Uniti. Una passione che ha trasmesso al figlio Lars, futuro cofondatore e batterista del gruppo Metallica.

Torben Ulrich, barba folta e capelli lunghi, era un personaggio unico sul circuito. Forse il giocatore più popolare degli anni ’50 e ’60, quando potevano passare mesi senza che vincesse una sola partita. Non era il suo tennis ma la sua personalità ad attrarre. Studente mediocre perché fuori dal sistema, Torben Ulrich divenne uno straordinario tuttofare: tennista, musicista e scrittore, ma anche ballerino, regista, pittore e filosofo. Sotto la barba folta e i capelli lunghi, sembrava un profeta. Si interessò molto alla religione e alla spiritualità, al punto da frequentare negli anni ’70 dei ritiri al Karma Triyana Dharmachakra, un monastero buddista tibetano a Woodstock, dove si alzava alle quattro del mattino, meditava e pregava tutto il giorno.

Paradossalmente, Torben Ulrich ha sicuramente giocato il miglior tennis della sua vita superati i quarant’anni. 96esimo al mondo nel 1973, all’età di 45 anni, divenne il miglior senior di un circuito parallelo, l’Almaden Grand Masters, che riuniva le antiche glorie del gioco. “Forse puoi essere atletico per tutta la vita senza indebolirti”, si chiedeva Ulrich. “Lo vediamo nella musica. Rubinstein ha 87 anni e può ancora muovere le dita. Forse ha bisogno di scaldarsi di più, ma può ancora suonare Chopin o Mozart”.

Un giornalista gli ha chiesto quanto ancora avesse intenzione di giocare e la risposta ‘Ulrichiana‘ fu: “Oh, non lo so, forse altri duecento anni”.

Traduzione di Kingsley Elliot Kaye

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