La notizia principale della giornata tennistica di oggi è l’interruzione del rapporto lavorativo (che durava dal 2018) tra Novak Djokovic e il suo coach Goran Ivanisevic: il numero 1 del mondo ha annunciato la separazione con l’ex campione di Wimbledon con un post su Instagram, ricordando i successi ottenuti insieme a lui (in particolare i 12 tornei del Grande Slam), i progressi tecnici (con un accento sul servizio) e soprattutto la bellezza del tempo e del pezzo di vita trascorso insieme, tra risate, litigi e record di ogni tipo. Due personalità forti che si sono incontrate e scontrate, dominando il circuito ATP nel corso degli ultimi anni.
Uno scossone piuttosto inaspettato che segna un nuovo inizio per il campione serbo, alla ricerca di stimoli e di un nuovo equilibrio dopo un inizio di 2024 abbastanza deludente (considerando ovviamente gli standard, altissimi, del numero 1 del mondo): sta per cominciare la fase più appetitosa della stagione- Roland Garros, Wimbledon e Olimpiadi- e Nole, motivatissimo, vuole prepararla con grande attenzione. In questi giorni si sta allenando a Belgrado sulla terra battuta.
In attesa di scoprire chi sarà il nuovo punto di riferimento di Nole ripercorriamo la storia degli allenatori che hanno segnato la leggendaria carriera del serbo: una storia che ha visto come grande protagonista il coach e amico di una vita Marian Vajda, che l’ha accompagnato fin dai primi passi nel circuito maggiore, rimanendo nel suo angolo dal 2006 al 2022, in qualità di capo allenatore o di vice, al netto di qualche pausa. Nel 2013 la panchina di Nole accolse infatti tutto il carisma di Boris Becker, che rimase al comando fino alla fine del 2016: in quel periodo Djokovic vinse 7 titoli dello Slam, 17 titoli Masters 1000 e tre ATP Finals.
Il 2017 fu una delle stagioni più complicate della gloriosa carriera di Nole, una stagione nel corso della quale, dopo aver promosso in panchina il mental coach e guru Pepe Imaz, si separò per la prima volta da Vajda per assumere come coach Andre Agassi e Radek Stepanek. Il serbo si fermò dopo il ritiro a Wimbledon nei quarti di finale con Berdych per poi rientrare nel circuito all’inizio del 2018: la breve parentesi di Agassi e Stepanek era ormai alle spalle e Djokovic richiamò Vajda. Il serbo tornò a vincere uno slam a Wimbledon, completando un grande finale di stagione coi trionfi di Cincinnati, New York e Shanghai, aggiungendo al suo staff la saggezza di Goran Ivanisevic, che dal 2022, dopo la separazione definitiva con Vajda, diventò finalmente l’unico e il solo allenatore del numero 1 del mondo.
Con Ivanisevic al suo fianco Djokovic ha vinto 12 dei 21 tornei dello slam ai quali ha partecipato, sfiorando il Grande Slam nel 2021 e vincendo tre slam su quattro anche nel 2023 (più la sconfitta in finale a Wimbledon con Carlos Alcaraz): un dominio impressionante, con la vicenda del vaccino che gli ha impedito di partecipare ad un paio di Major (nei quali sarebbe stato ovviamente il favorito, Australian Open e Us Open 2022), senza contare ovviamente la folle squalifica dello US Open del 2020, quando colpì con una pallata una delle giudici di linea del suo match con Carreno Busta privando sé stesso di un trofeo piuttosto probabile. Le cose nel mondo dello sport cambiano in fretta, se è vero che giusto poche settimane fa Djokovic polemizzava sui social coi colleghi, con l’ATP e coi coach del circuito, colpevoli di aver snobbato proprio Ivanisevic per il titolo di “Coach of the Year”: il premio fu assegnato a Simone Vagnozzi e Darren Cahill, i due allenatori di Jannik Sinner.