Norman e TheMan «il mio wawrinka un duro da fab four» (Martucci), Wawrinka un posto a corte (Viggiani) Graf: Grand Slam? Una pressione pazzesca (Clemente), Se il progresso cancella la creatività di un gioco (Clerici)

Rassegna stampa

Norman e TheMan «il mio wawrinka un duro da fab four» (Martucci), Wawrinka un posto a corte (Viggiani) Graf: Grand Slam? Una pressione pazzesca (Clemente), Se il progresso cancella la creatività di un gioco (Clerici)

Pubblicato

il

 

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Norman e TheMan «il mio wawrinka un duro da fab four»

 

Vincenzo Martucci, la Gazzetta dello sport del 9.06.2015

 

Magnus Norman non è soltanto l’ennesimo ex tennista svedese che si ricicla come allenatore d’alto livello. Da giocatore, arrivò al numero 2 e fallì la finale del Roland Garros 2000 contro Guga Kuerten (che avena appena battuto nella finale di Roma), da tecnico, ha portato Robin Soderling a due finali di Parigi ed ha accompagnato Stan Wawrinka nel primo trionfo Slam agli Australian Open 2014 e in quello di domenica, al Roland Garros. Norman, dopo tre finali, ha vinto Parigi. “Si, finalmente ce l’ho fatta». Stan ha fatto un miracolo? «No, ha giocato il miglior tennis quando ne ha avuto bisogno: nel primo set soffriva il vento, poi si è liberato, e ha eseguito il piano. A Parigi, come già a Melbourne, ha gestito la situazione, di testa e di tennis, meglio di quanto pensassi». Fino al maggio 2013, prima della scuola Norman, Stan era un perdente. «Mi dicevano tutti che era troppo morbido, che non era l’uomo dei grandi match, che falliva le occasioni. Invece s’è dimostrato tutt’altro». Qual è stata la chiave della finale perfetta? «L’aggressività. L’unica strada era rischiare, entrare nella risposta, spingere col dritto, sfruttare ogni occasione, anche a rete. Nel terzo set, Stan è stato impressionante per come tirava vincenti da tutte le parti. In giornata, può battere chiunque. Con quel rovescio, il migliore che abbia mai visto, qualche volta è addirittura… scorretto. Per come ha seguito la tattica, per il momento e per l’avversario, ha giocato il miglior tennis di sempre». Wawrinka non è un campione di un solo Slam. «Se ne puoi vincere uno, ne puoi vincere un altro. Stan aveva dimostrato a tutti chi fosse l’anno scorso a Melbourne, confermandosi coi quarti negli Slam eccetto proprio qui a Parigi, è un giocatore che gioca davvero bene nelle grandi occasioni. Anche i Fab Four, che ha battuto più volte nei Major lo sanno bene: Stan è un duro». Come si fa a passare dal «non voglio stare in campo, non voglio giocare a tennis» di Montecarlo al successo di Parigi battendo Djokovic? «Per i miei gusti, ha troppi alti e bassi, stiamo lavorando su questo perché è esaltante giocar bene nei maggiori appuntamenti, ma è anche estremamente pericoloso. Per salire in classifica bisogna giocar bene anche nei Masters 1000, nei 500, nei 250, sempre. I “Fab Four” sono continui, Stan no». Qual è la prima regola di un tennista? «Professionalità ogni giorno, portare sempre nell’allenamento mentalità e concentrazione, quelle che Stan ci ha messo da Montecarlo. Ecco perché a Parigi è stato così solido». Dica la verità, lei sotto sotto, sperava in questo successo. «Dopo Montecarlo, abbiamo fatto dieci giorni d’allenamento a Losanna molto buoni, poi Stan ha giocato bene a Madrid, ha fatto semifinale a Roma, è andato bene anche a Ginevra. Arrivando qui, ho pensato: “Se supera bene i primi turni può essere pericoloso per tutti”. Ma ho creduto che battesse Djokovic solo al primo match point’ . Da quasi ace a palla del 5-5 per Nole: che brivido! «Ho ripensato alla mia finale, ero avanti un break al quarto set, ho pensato…..

 

Wawrinka un posto a corte

 

Mario Viggiani, il Corriere dello Sport del 9.06.2015

 

Dopo non averlo beccato al telefono, nella ressa del dopo-partita tra premiazione e conferenza stampa, il suo grande amico Roger Federer su Twitter gli ha pubblicamente dato del «Champ» (non è noto invece il testo dell’sms alla telefonata caduta nel nulla). Forse però il più complimento a Stan Wawrinka è arrivato da chi il Roland Garros l’aveva vinto giusto il giorno prima, e par la terza volta in carriera: «Wow! Congratulazioni! Ancora wow! Vorrei giocare così!», tweet by Serena Williams. NUMERI. Tuttavia anche Ieri, nell’ulteriore intervista accompagnata dalle foto di rito con la Tour Eiffel sullo sfondo, quello che una volta si chiamava Stanislas ha tenuto a ribadire il concetto: «Loro sono i Fab Four (Roger Federe; Rafael Nadal, Novak Djokovic e Andy Murray, 41 Slam in quattro – ndr) e io sono io». Forse quasi quasi gli fa comodo sostenerlo pubblicamente, più che pensarlo davvero. Sì, perché alla fine della fiera, o a1n -no dopo la fiera parigina, i numeri dicono altro. Ovvero innanzitutto che Wawrinka, tra quei pochi giocatori che si sono fatti largo tra i “Fab Four” dal 2003 d.f., cioè dal Wimbledon di quell’anno, primo dei 17 Slam conquistati da Federi; è l’unico a essersi ripetuto in uno dei quattro tornei che contano. Gli altri cinque, in ordine cronologico AndyRoddic, Gaston Gaudio, Marat Safin, Juan Martin Adesso è atteso a Wimbledon ma sari soprattutto agli US Open che avrà le sue chance Del Potro e Marin Cilic, hanno segnato una sola tacca eccellente, anche se va ricordato come per Safin si trattasse del secondo Slam in carriera, avendo già siglato in precedenza gli US Open 2000. E ancora: vero che Murray in bacheca esibisce anche l’oro olimpico in singolare dl Londra 2012 e Wawrinka solo quello in doppio di Pechino 2008 con Federer, ma è altrettanto vero che Andy e Stan fin qui hanno vinto due Slam a testa. Certo, lo scozzese gode di ben altra Fama, è personaggio di caratura decisamente maggiore e nel curriculum agonistico vanta altre sei finali di Slam, ma queste alla fine fanno solo statistica. Peraltro lo svizzero può andare invece fiero di un altro numero: ha il 100% di vittorie nelle finali di Slam disputate fin qui. Con i suoi 30 anni compiuti il 28 marzo, Stan galleggia tra quasi 34 di Federer; del quale è stato a lungo l’ombra, fino a quando non ha vinto il primo Slam ed è diventato il n. l svizzero, e i 29 di Nadal e i 28 di Djokovic e Murray. Continuando a esprimessi sui livelli attuali (al Roland Garros ha disputato una finale fantastica, praticamente perfetta dal secondo al quarto set), dopo essere tornato numero 4 del mondo The Man” potrebbe quindi rafforzare in futuro la sua posizione di Slam winner Magari non subito a Wrnbledon, dove al massimo è arrivato una sola volta nei quarti, lo scorso anno, quando fu eh- minato in quattro set dal caro Fed che domenica l’ha seguito live sul telefono mentre era in tribuna a seguire il Basilea contro il Sion nella finale di Coppa di Svizzera Quanto piuttosto agli US Open, dove ha fatto semifinale nel 2013, battuto da Djokovic per 6-4 al quinto set dopo 4h09’….

 

Graf: Grand Slam? Una pressione pazzesca

 

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 9.06.2015

 

Sono anni che Serena Williams domina il circuito femminile e, tra alterne riprese, nessuna tennista ha saputo davvero detronizzarla sulla distanza: a quasi 34 anni (li compirà il prossimo 26 settembre), la statunitense può appropriarsi in questa stagione di due record importanti, i quali potrebbero aggiungersi al suo palmarés dopo l’ultimo possibile scambio nel tramonto di New York Serena infatti, dopo la conquista del titolo al Roland Garros, ha messo in cassaforte i primi due Slam su quattro nel corso di una stagione: l’ultima giocatrice a compiere tale impresa era stata la connazionale Jennifer Capriati nel 2001, la cui corsa fu però stoppata a Wimbledon da Justine Henin. CERCMOOSIEFFL La numero 1 del mondo, a modo suo, ha già conquistato questi quattro titoli, ma lo ha fatto su due stagioni, ribattezzandoli come “Serena Slam. Riuscire a vincere sia a Wimbledon che a Flushing Meadow vorrebbe dire piuttosto da una parte eguagliare il record di titoli (22) detenuti da Steffi Graf, ma soprattutto togliere alla tedesca quello di ultima realizzatrice del Grand Slam. «Sarebbe magnifico – aveva dichiarato Serena il giorno del suo terzo Roland Gams – riuscire a conquistare i quattro trofei in un anno, ma credo di aver raggiunto in carriera un buon livello con il mio Slam personale e i venti titoli in bacheca. Nelle ultime due stagioni non ho giocato bene a Wimbledon, ma aver vinto qui ora mi dà prospettive migliori ‘. Steffi fu l’ultima nel 1988 a coronare quello che per molte tenniste del circuito è rimasto solamente un sogno e in occasione del suo recente soggiorno a Parigi l’ex campionessa ne ha ricordato le difficoltà in un’intervista a L’Equipe. «Quell’obiettivo non me l’ero posta, anche perché nella vita mi piace fare sempre un passo alla volta. Dopo la vittoria a Wimbledon tutti iniziarono a focalizzarsi su questa opportunità e per me è stato solo un peso in più da trascinarmi e a New York arrivai esausta: fu un torneo difficilissimo…

 

Se il progresso cancella la creatività di un gioco

 

Gianni Clerici, la repubblica del 9.06.2015

 

Ieri ci siamo trovati d’accordo, Mc Enroe e il povero vecchio che ci aveva pesantemente litigato, la volta che John suggerì alla moglie del Presidente del Queen’s un certo uso della racchetta, o meglio del manico della stessa. Ci siamo trovati d’accordo che il “progresso” non sempre è tale, ma una versione di”regresso”. L’esempio di Wawrinka, che ci ha entrambi entusiasmati, John alla TV e io seduto su un gradino della tribuna, era tale da spingerci a ricordare non solo il rovescio – back hand – di una volta, ma il fatto che i nuovi strumenti, in materiali spaziali, abbiano prodotto un gioco infinitamente meno creativo, una sorta di raffinatissima fabbrica tecnologica per il rinvio della palla. John fu, per un vano periodo di proteste, il capo di un Club del quale feci parte, che svolse un tentativo, secondo i progressisti, anacronistico, in favore di un ritorno alle racchette di legno. Non eravamo soltanto un gruppo di vecchi superati, amanti di tempi superati, se nel baseball americano, lo sport più professionistico che ci sia, i boss avevano deciso il ritorno alle mazze di legno, dopo un anno di fuori campo troppo facili e numerosi, con palle colpite da mazze di plastica. Nel tennis erano via via scomparsi gli artisti digitali, capaci di vincere con manine benedette, era scomparsa una creatività che aveva fatto paragonare simile giuoco a un’arte minore. Nel tennis una scoperta del grande Lacoste, erede di una famiglia capace di produrre gli aerei Caravelle, non solo le magliette col coccodrillo, ma una racchetta metallica chiamata in USA T2000; nel tennis l’applicazione dei materiali usati per cambiare lo sci da Mr Head; nel tennis, nonostante le nostre accorate considerazioni, avevano prevalso un mio amico francese, De Kermadec, e un mio amico inglese, Gray, membri di una commissione della Federazione Internazionale che aveva ammesso nuovi materiali e ovali di doppia capacità, all’insegna di una frase che mai dimenticherò «Non si può fermare il progresso». Si è arrivati a computer collegati con un lettore in plastica, infilato nel manico, che permette al giocatore di ravvisare le cause dei colpi errati. Si arriverà, secondo un amico del ramo, alla racchetta che non sbaglia, a meno di essere dei geni a rovescio. Quel che sta avvenendo alle racchette è la causa di una banalizzazione, di una standardizzazione di un gioco nel quale lo strumento era simile ad una chitarra, un violino. Chissà come mai il progresso ha prodotto un’altra cosa, chiamata inquinamento.

 

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement