TENNIS ROLAND GARROS – Sara ancora una volta un mostro di tenacia e di regolarità; ha conquistato un altro traguardo di prestigio “con gli attributi”, parole del suo coach Pablo Lozano. Il suo curioso comunicato letto ai giornalisti.
Non c’è due senza tre. C’erano due vittorie, le ultime, sulla Jankovic, ed è arrivata la terza. Sarà il terzo quarto di finale consecutivo per Sara. Negli ottavi era arrivata quattro volte negli Slam – questa era la quinta – ed era sempre andata oltre. Qui a Parigi in finale nel 2012, in semifinale un anno fa. Nel 2012 era giunta nei quarti all’Australian Open e in semifinale all’US open.
Insomma Sara si sta dimostrando di una regolarità, ad alti livelli, che forse nessuna tennista italiana ha mai raggiunto. Per ora Francesca Schiavone, per aver vinto un Roland Garros e giocato una finale l’anno successivo (persa con la Li Na) vanta un record leggermente migliore al Roland Garros perché va ricordato anche il quarto di finale raggiunto nel 2001, ma il cammino di Sara non si è ancora concluso, né in questa edizione del torneo né – tantomeno – per gli anni a venire.
La Schiavone ha fatto cinque quarti di finale, una finale e una vittoria, di Sara ho appena detto. Vedendola lottare su ogni palla con la Jankovic che comandava il gioco più di Sara, e più di quanto avesse fatto a Roma (“Si vedeva che aveva programmato di giocare più aggressiva, in particolare con il dritto spingeva molto sul mio rovescio“ avrebbe detto Sara), quel che diceva Gianni Clerici vicino a noi non poteva non essere, per certi versi, condivisibile: “La partita la vince o la perde la Jankovic”.
Va detto, a contrario, che viste le caratteristiche tecniche di Sara è quasi sempre così con quasi tutte le avversarie: lei non può certo prendere il pallino del gioco con il servizio – almeno fino a che continuerà a battere a 115 km orari di media con la prima e a 109 km con la seconda.
Io spero che prima o poi, magari da novembre in poi quando potrà prendersi un break, Sara cerchi di fare quel che non aveva fatto a suo tempo Filippo Volandri: vada, cioè, dove possono insegnarle a servire…non dico come la Henin, ma magari come la Cibulkova che è più piccolina di lei.
Perché con le gambe che si ritrova, la grinta che ha, l’intelligenza tennistica che dimostra ogni volta che gioca, con un servizio simil-Jankovic (media delle prima 42 km orari in più, 157, media della seconda 32 km in più, 141) per lei la vita sarebbe troppo più semplice.
Mentre Sara lottava su ogni palla, con un’incredibile determinazione e con una feroce concentrazione, ci chiedevamo con Martucci della Gazzetta quanto sarebbe stato forte Fabio Fognini se avesse avuto quelle stesse qualità.
Uno potrebbe replicare adesso: già, e se la Errani, avesse il braccio e il talento di Fognini? Innesti e trapianti di braccia o di cervello nel tennis ancora non si fanno.
E’ indubbio che il tennis di Sara sia altamente dispendioso. Già per arginare le risposte di chi l’aggredisce sul servizio deve prepararsi a compiere scatti pazzeschi e recuperi difficilissimi. Poi lo scambio comincia e sono corse a destra e sinistra, fino a che riesce a…subire di meno.
Le avversarie sanno, se non si chiamano Serena Williams, che un affondo non basterà, ce ne vorranno almeno tre, quattro, probabilmente cinque. E vedendosi ritornare così tante volte la palla indietro, magari alta e liftata, finiscono per perdere la pazienza.
La Jankovic oggi l’ha persa fin troppo presto. Era nervosissima, già dopo due games (persi) ha cominciato a fare monologhi infiniti, soliloqui a volte, diretti al proprio vivacissimo e maleducatissimo angolo altre volte.
E quel gruppo di suoi scatenati e becerissimi tifosi serbi in camicia bianca che urlavano ad ogni suo punto nemmeno fossero ultras della Stella Rossa di Belgrado tanto hanno fatto che tutto il Suzanne Lenglen si è sentito in dovere di schierarsi dalla parte della Errani. Una sorta di pena del contrappasso.
Otto break nei dodici games che dopo 68 minuti di scambi molto intensi hanno portato al tiebreak, dicono quanto le due ragazze hanno dovuto soffrire. Diverse volte erano tutte e due con la lingua di fuori. “Rispetto a Roma abbiamo giocato meno bene – ha detto Sara – eravamo entrambe più stanche e meno a posto fisicamente”.
Sara ha temuto di avere i crampi al quadricipite, Jelena ha chiamato il fisio sul 4-3 del primo set…e naturalmente ha fatto i due games successivi! Avete notato che ogni volta che una giocatrice chiama il fisio, l’altra si distrae e “l’infortunata” corre come una spia e sembra sana come un pesce?
Sara è stata, come al solito, molto forte di testa. Non si è disunita per il tifo antipatico, maleducato e distraente degli ultras serbi, non si è innervosita quando ha mancato la palla del 5-1 nel primo set, è stata solida quando la Jankovic nel setpoint a suo favore sul 6-5 ha spinto tantissimo di rovescio ma Sara ha “incontrato” anche lei di rovescio in modo coraggioso ed eccellente, di nuovo non si è scoraggiata dopo tre rovesci consecutivi sbagliati sul 5-2 per lei nel tiebreak.
Sul 5 pari è stata la Jankovic a fare due regali che hanno dato una svolta decisiva alla partita. Con le due ragazze entrambe allo stremo, una capace di vincere due set di fila, secondo e terzo, pareva vicenda abbastanza improbabile.
Difatti, nonostante anche per via del vento, Sara avanti 3-0 (dopo 4 dritti letteralmente buttati via dalla Jankovic nel primo game del terzo set) si sia fatta risucchiare, 3-2, poi è stata brava a tenere gli ultimi 3 games. 6-2 e terzo quarto di finale, non senza essersi prima “vendicata” del tifo rumorosamente scorretto degli ultras serbi mettendo un ditino sotto il naso come per dir loro: “E adesso zitti!”
Mi ha ricordato un po’ – da tifoso viola – il Batistuta che segnò un gol magnifico al Barcellona in Champion’s e zittii il NouCamp. Ci stava, loro si meritavano ben di peggio.
Sara in conferenza stampa post-match ha tenuto duro sul fatto che lei quando gioca il doppio non vuole domande sul singolare (“Fatemele adesso se volete”…se scrivo che i giornali sono quotidiani e, soprattutto quando sono “bruciati” da internet preferirebbero avere dichiarazioni di giornata e non andate a male, sono polemico? Non devo dirlo? Non devo sperare che qualcuno lo spieghi?) e poi, a fine conferenza, ha letto un messaggio urbi et orbi che certamente trovava la sua origine nel nostro contrasto emerso ieri – il testo lo potete trovare sia nella “diretta” di Ubitennis che nel Twitter di Ubitennis -, ma che presenta diversi lati oscuri sui quali non so nemmeno se sia il caso di approfondire. Come si fa qui si sbaglia. Se non se ne parla – cioè non ne parlo io – potrebbe apparire che io sia d’accordo con tutto quel che dice e mi dà fastidio che si possa pensare che tutto quel che dice sia rivolto a me quando so che non è così. Se però ne riparlo, qualcuno dirà che sono pesante, polemico e che dovrei lasciare perdere. Che fare allora? Io credo, per chiarezza, di dover esprimere che:
a) rifiutarsi di parlare alla vigilia di un incontro importante di singolare in uno Slam non mi pare concepibile. Ve lo immaginate l’allenatore del Milan che siccome ha parlato venerdì del derby con l’Inter, al sabato non parla? Succederebbe la rivoluzione, stampa e tv lo crocifiggerebbe. E gli sponsor pure.
Ho assistito mille volte a conferenze stampa di Serena Williams il giorno prima di un incontro importante, anche se il singolare l’aveva giocato il giorno prima e aveva presenziato ad una regolare conferenza stampa.
Per Francesca Schiavone per due anni al Roland Garros e per Flavia Pennetta all’US Open è sempre apparsa come la cosa più normale di questo mondo che le protagoniste di quei risultati incontrassero la stampa il giorno prima dei loro incontri. Altrimenti perché mai i giornali dovrebbero sobbarcarsi le spese per i loro inviati? Tanto varrebbe che se ne stessero a casa e leggessero su internet le interviste del giorno prima.
A Parigi e Wimbledon vengono addirittura organizzate conferenze stampa apposite per chi raggiunge certi traguardi anche se il giocatore o la giocatrice hanno parlato la sera prima. Non a caso un Media manager dell’Atp, mi ha detto sorridendo, mentre accompagnava il simpaticissimo Ernests Gulbis a non so più quale tv: “Ubaldo, ho letto quel che è successo, su questo episodio hai pienamente ragione”. “Chissà se l’avresti detto se era un cosa che riguardava il tennis maschile!” gli ho rilanciato, ridendo. Non so cosa abbia capito Gulbis della vicenda, ma rideva anche lui.
b) Capisco bene che Sara sia una ragazza timida (ma anche “con gli attributi”, quindi non è una che per timidezza si nasconde; se vuole dice la sua eccome). Quelle fra virgolette sono le prime parole che ha usato, per spiegare la vittoria di Sara sulla Jankovic, Pablo Lozano che ho incontrato nella players-lounge prima della conferenza stampa di Sara. Con Pablo, ragazzo civilissimo ed intelligente quanto disponibile, ci siamo parlati abbastanza a lungo e, mi pare, perfettamente capiti.
Non capisco invece a chi alluda – e a quali fatti allluda – Sara quando dice che le sue parole sono state manipolate. Penso, sinceramente, non alludesse a me. Capisco che per evitare polemiche non abbia voluto spiegarsi meglio, però a rilasciare una dichiarazione così è stato un po’ come gettare un’accusa anonima. Ho cercato, come tutti i colleghi presenti, di ripensare a qualche episodio cui potesse riferirsi, ma senza arrivare ad alcuna certezza. Anche perché episodi importanti che la riguardino non mi vengono proprio in mente. Ricordo che una volta rimbalzò su un sito la notizia di una presunta lite fra Sara e Roberta, dopo non so quale partita in cui non ci fu forse una calda stretta di mano – ma Sara sa di essere stata spesso criticata dai telespettatori che l’hanno vista restia a stringere la mano guardando negli occhi l’avversaria che l’ha battuta – e che le due compagne di doppio smentirono e, naturalmente, non gradirono. Si lesse anche di qualche scaramuccia nel corso di un loro incontro (forse Palermo? Non ricordo, confesso), e qualcosina era forse successa, ma probabilmente fu anche un tantino ampliata. Come può succedere. Niente di clamoroso comunque e tale da giustificare – se si riferiva a quegli episodi – l’accusa di manipolazioni, travisamenti etcetera etcetera. Si sa che gli atleti, tutti gli atleti, sono particolarmente sensibili a come vengono riportate le loro frasi. A volte sbagliano i giornalisti, a volte sono loro che non si esprimono poi così bene. Quando per esempio leggo, sempre nel comunicato – che immagino pensato e studiato con una certa attenzione – che “le mie risposte sono direttamente proporzionali alle vostre domande”, beh resto un tantino perplesso su quel “proporzionali”. Ma non è il caso certo qui di fare distinzioni lessicali. Ho sottolineato questo passaggio soltanto perché in passato ho avuto a che fare anche con giocatori – e allenatori – che avevano fatto appena le scuole medie, e talvolta i fraintendimenti verbali erano davvero inevitabili. Ti dicevano una cosa e poi sostenevano di averne detta tutta un’altra. Nella migliore delle ipotesi ti dicevano poi “Mi sono spiegato male”. Nella peggiore “Non hai capito”. Anzi la peggiore era: “Non hai capito perché sei in malafede!”. Potrei raccontare non decine, ma centinaia di episodi al riguardo.
Oscuro, infine, è il passaggio che si riferisce alla sua famiglia “tirata in ballo” e “di pessimo gusto”. Per scrupolo – non si sa mai – sono andato a rileggere i miei articoli per vedere se mi fosse scappato il polpastrello sul tasto – ove si fosse riferita a me, dal momento che parlava di ultimi giorni – e non ho trovato una riga men che meno rispettosa nei confronti della sua famiglia. Anzi, ho rivolto loro solo complimenti. Deduco quindi che Sara si rivolgesse a qualcun altro, ma non so a chi e non mi interessa nemmeno appurarlo.
Desidero qui comunque chiudere questa parentesi per una vicenda cui si è finito effettivamente per dare troppo spazio, sperando che tutti abbiano capito cosa ci si aspetta dagli altri, sotto un profilo sia professionale sia umano. Nel senso di una reciproca disponibilità che non deve irridigidirsi. Due minuti di risposte non dovrebbero mai essere un problema, nell’arco di 24 ore. Scusate il lungo inciso, ma – ripeto – se ignoravo lo sviluppo della vicenda, qualcuno avrebbe potuto pensare ad una qualche mia “insabbiatura”.
Chi mi conosce (mi stimi o mi disistimi) ormai sa che se c’è una persona che non insabbia un bel nulla, questo sono io.
Torno al Roland Garros e alle chances di Sara nel torneo, argomento certo più interessante. Secondo me è favorita con la Petkovic, n.29 Wta (ma la classifica conta poco: la Petkovic è stata top-ten ed è stata a lungo infortunata), non solo per averla battuta recentemente a Madrid 7-5, 6-1. La tedesca, una delle ragazze più simpatiche ed intelligenti del circuito, ha buoni colpi, discreta personalità ed aggressività sul campo, ma è anche abbastanza fallosa: con la olandese Kiki Bertens, che non è un fenomeno, ha vinto soltanto 7-5 al terzo, soffrendo non poco. Più della Errani con la Jankovic, che è tennista di ben altra caratura (anche se uno non si spiega come sia potuta diventare n.1 del mondo una che a rete non la prende veramente mai).
Troppo presto – sennò la gente fa gli scongiuri, e la stessa Sara tocca legno – parlare di un’eventuale semifinale, ma se è più che legittimo che il tennista ti risponda sempre “penso a partita dopo partita, il tabellone non l’ho visto etcetera etcetera” il giornalista ha il dovere di informare il lettore che non abbia sott’occhio il tabellone su quelle che potrebbero essere le prospettive.
Dunque, premesso che la prematura eliminazione della Li Na, ha “aperto” il tabellone della metà bassa, chi vince fra Errani e Petkovic trova o la Halep, n. 4 e favorita, o la Kuznetsova, n. 28 (un posto avanti alla Petkovic) ed ex n. 2 che vinse questo torneo nel 2009 dopo essere stata finalista nel 2006. Sara difficilmente ce lo dirà quand’anche deciderà di parlare, ma per le sue caratteristiche forse sarebbe meglio trovarsi la Kuznetsova, che sbaglia di più, che non la Halep. Con la russa Sara ha perso 6 volte su 7, ma ha vinto l’unica giocata sulla terra rossa, qui al Roland Garros nel 2012. Con la Halep i due risultati sul cemento di Miami 2013 (6-1, 6-0 per Sara) e su quello di Doha 2014 (6-2, 6-0 per la Halep), sono talmente contraddittori da far poco testo.
Farò anch’io, allora, come Sara e penserò partita per partita. Ma ne scriverò tutti i giorni, non uno sì e l’altro no. (qui chi sa mettere le faccine dovrebbe mettere una di quelle con il sorriso…perchè ci sorrido su).
Questa la lettera di Sara:
Ubaldo commenta la nona giornata del Roland Garros