(S)punti Tecnici
ATP Finals, (s)punti tecnici verso le semifinali: il dritto di Roger Federer

TENNIS LAVAGNA TATTICA – Vanno prevedibilmente in semifinale le prime quattro teste di serie, Djokovic, Federer, Wawrinka e Nishikori. Da due gironi di qualificazione deludenti esce comunque una perla tecnica eccezionale: il dritto leggendario di Roger Federer
La conclusione dei due gironi delle ATP Finals ha consegnato l’accesso alle semifinali alle prime quattro teste di serie, in perfetto ordine di classifica. Novak Djokovic, numero uno, affronterà Kei Nishikori, numero quattro, mentre Roger Federer, numero due, se la vedrà con Stanislas Wawrinka, numero tre. Più prevedibile di così si muore, logica conseguenza di due round robin francamente assai deludenti sotto l’aspetto agonistico, nei quali sono completamente mancate partite appassionanti, combattute o incerte, fatti salvi i due match andati al terzo set che ironicamente erano quelli privi di importanza ai fini della qualificazione.
Da questa prima fase, comunque, è emersa chiaramente una superiorità a tratti imbarazzante di Federer e Djokovic – quantomeno in questo momento della stagione – rispetto a tutti gli altri, e sarebbe una sorpresa clamorosa, ai livelli di quanto accaduto in occasione degli US Open, se il serbo e lo svizzero non si ritrovassero a giocare la finale.
Un’altra conseguenza di questa prima parte di torneo così squilibrata come valori espressi in campo, e così carente di tensione agonistica, è stata la scarsità di spunti tecnici da analizzare, a parte un buon numero di belle cose fatte vedere da Roger e Nole, peraltro facilitati nell’esibire il loro miglior tennis dalla pochezza degli avversari incontrati. Ma una di queste belle cose, a mio avviso e non solo, è stata un colpo tanto strepitoso nella perfezione di ogni componente tecnico necessario alla sua esecuzione, da meritare senz’altro di essere rivisto ed esaminato. Primo set del match tra Federer e Murray, 3-0 per lo svizzero, Andy al servizio, 0-15. Ladies and gentlemen, “The Shot”.
Dopo un servizio esterno, Murray inizia il consueto tentativo di pressione sulla diagonale sinistra di Federer, riuscendo a trovare il rovescio dell’avversario con i primi due dritti inside-out. Ma non appena il terzo drive di Andy risulta meno angolato, Roger dà il via allo spettacolo. Vediamo i dettagli.
Situazione di partenza: la palla è ancora a metà strada, Federer, in posizione centrale, è appena ricaduto dallo split-step, ma si può già notare come abbia spostato il peso verso sinistra appoggiando per primo il piede destro (il cosiddetto “gravity step”, con il quale ci si sbilancia volutamente per ottenere una spinta aggiuntiva verso la direzione desiderata grazie appunto alla forza di gravità). E’ in questo istante che Roger ha deciso che andrà a cercare il dritto anomalo.
Immediatamente dopo, mentre la palla è ancora in fase discendente verso il rimbalzo, Federer parte con il primo di una serie di cross-step laterali semplicemente perfetti, e di una rapidità stupefacente.
Dopo aver letteralmente volato per tre metri in mezzo secondo, e la palla qui ha appena rimbalzato, Roger pianta giù la gamba destra (teniamo a mente il punto di appoggio), comincia il caricamento ginocchio-anca, e contemporaneamente conclude la preparazione, con backswing e torsione busto-spalle.
Qui, con l’appoggio per ultimo del piede sinistro, la completa distensione in ricerca della palla del braccio non dominante, e la testa della racchetta che ha iniziato la discesa, “les jeux sont faits”. Se un quarto di secondo prima Roger avesse sbagliato di dieci centimetri il punto di appoggio del piede destro, che non può più muoversi una volta caricato il peso, la steccata o comunque l’errore derivante dall’asse di equilibrio non centrale sarebbero stati inevitabili. Ma la precisione della postura ottenuta, nonostante la fulminea rapidità dello spostamento, è ineccepibile. Ed è showtime.
Parte il movimento a colpire, con il trasferimento del peso che si scatena in avanti mediante la spinta della gamba destra, ed è tanto caricato da far andare l’atleta in sospensione completa, sforzo assolutamente necessario per ottenere una sufficiente potenza nell’azione in avanti del braccio-racchetta, essendo quest’ultima eseguita mentre il giocatore è ancora completamente proiettato alla sua sinistra dall’inerzia del velocissimo spostamento precedente.
Impatto perfetto, con la caratteristica postura a braccio disteso (detta outside-out), che Roger condivide con Nadal e Del Potro, invece della più comune azione “double-bend” (detta inside-in), con articolazione del gomito flessa, come fa Djokovic insieme alla maggioranza dei tennisti moderni. Federer qui è a venti centimetri buoni da terra.
Conclusione dello swing, con entrambi i piedi che vengono portati verso dietro-sinistra alla ricerca di un atterraggio con asse di equilibrio spostato stavolta a destra, propedeutico a una spinta contraria all’inerzia fin qui assecondata, per poter recuperare una posizione centrale verso il campo nel caso in cui il colpo non risultasse definitivo. La palla è già partita, lo sguardo e la testa di Federer sono ancora rivolti verso il punto di impatto. Il tutto, ripeto, nel bel mezzo di una sbracciata violentissima in sospensione-volo laterale: controllo della postura sovrumano a dir poco.
Colpo concluso, vincentone partito verso la linea, atterraggio completato con piede destro già ruotato (pivot) verso l’esterno-destra, peso sulla gamba sinistra, posizione pronta per ripartire verso il centro del campo mediante ulteriori cross-step se necessario, non certo in questo caso vista la frustata lungoriga che ha lasciato Murray immobile, e con lui tutti gli spettatori a bocca aperta.
Riassumendo, quattro metri di spostamento laterale e dritto stampato nell’angolino in un secondo e mezzo. Clamoroso. Secondo e mezzo durante il quale Roger ha elargito, prima ancora dell’esecuzione del dritto vero e proprio per quanto riguarda l’azione del braccio, una lezione di tecnica del footwork di complessità, perfezione, rapidità ed efficacia fuori dal mondo. Nella speranza di vederne ancora, di colpi del genere, tra semifinali e finale, almeno qualcosa di memorabile si può senz’altro dire che questo Masters lo abbia finalmente offerto.
One-Handed Backhand Appreciation Corner
Il Vecchio Jedi Roger e Stan-The-Man sono passati: le Finals 2014 sono della One-Handed Band per il 50%, e se lo scontro fratricida in semi è sempre un peccato, la certezza è che l’ultima grande finale della stagione vedrà in campo un Illuminato della presa Eastern. Abbiamo iniziato in Australia con la vittoria della Luce, e abbiamo la possibilità di finire a Londra nello stesso glorioso modo: anche se il Sith di Gomma Darth Nole appare inarrestabile, il futuro deve ancora essere scritto. Che le Nemesi Bimani lo ricordino sempre, perchè noi non ce ne andremo in silenzio nella notte, e la fiamma della Speranza in un tennis migliore non si spegnerà mai.
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Alta intensità a Indian Wells: Berrettini e Tsitsipas a tutto braccio [VIDEO]
Due ore di pallate tra Matteo e Stefanos, spettacolo di potenza sul campo di allenamento

da Indian Wells, il nostro inviato
Poche parole, tante immagini: il modo migliore di apprezzare il tennis, visto da vicinissimo, di due top-player. Nel primo pomeriggio californiano, Matteo Berrettini e Stefanos Tsitsipas sono andati in campo sul “practice court 1” di Indian Wells, e hanno fatto divertire gli spettatori assiepati sulle tribune.
Vi documentiamo l’allenamento dei ragazzi con una serie di video esclusivi, da pochi metri: andiamo a goderceli in compagnia.
Palleggio dal centro, è sempre incredibile vedere come si muove un omone come Berrettini:
Sale il ritmo:
La palla schiocca, le scarpe fischiano:
Open stance piena, pallate una dietro l’altra:
Dall’altra parte della rete, non scherza nemmeno Stefanos:
Si comincia coi diagonaloni di dritto:
Matteo non si fa pregare, e in quattro botte costringe Tsitsipas alla steccata:
Si provano i colpi in chiusura, siamo verso la fine della sessione:
Per finire la carrellata, prima le cose belle di Stefanos col rovescio a una mano:
E poi la specialità di casa Berrettini, servizio e due drittoni:
Un gran bel pomeriggio di sport al massimo livello, tra il numero 5 e il numero 6 del mondo: la competizione sta appena iniziando, ma nel “Paradiso del tennis” le cose sono già interessantissime e appassionanti.
Per quello che abbiamo potuto vedere, anche parlandone un attimo con Matteo e Vincenzo Santopadre, il nostro miglior giocatore sembra stare bene, ha tirato senza paura, speriamo che possa disputare un buon torneo.
Spunti tecnici: il segreto del dritto di Berrettini
Spunti tecnici: Tsitsipas, forse abbiamo trovato un nuovo Airone
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Spunti tecnici: Sinner, decontrazione e scioltezza
Jannik è forse il miglior colpitore puro che il tennis italiano abbia mai visto. Velocità di palla altissima, fluidità totale

Non era mai successo che il tennis azzurro contasse due giocatori contemporaneamente tra i primi 10 della classifica mondiale come accaduto fino alla settimana scorsa. Così come non era mai successo, tra gli italiani, quello che ha realizzato nel 2021 Jannik Sinner, 20 anni, ovvero vincere ben 4 tornei ATP in una stagione (i “250” di Melbourne, Sofia e Anversa, e il “500” di Washinghton, più una finale Masters 1000 persa a Miami). Il giovane ex sciatore della Val Pusteria sta vivendo, da ormai un paio d’anni, un percorso di progresso tecnico e tattico a tratti esaltante, meritatamente condito da vittorie di peso e una conseguente scalata verso i piani alti del nostro sport, dove ha raggiunto Matteo Berrettini, che sta facendo sognare i tifosi non solo nostrani.
La cifra del gioco di Sinner, tennista modernissimo come impostazione tecnico tattica, è la qualità del palleggio aggressivo da fondocampo. Dritto e rovescio di Jannik sono fucilate in costante accelerazione, con una capacità fenomenale di creare velocità di palla da ogni angolo del campo. Come ci riesce il nostro campione? Andiamo ad analizzarlo, ringraziando l’imprescindibile Vanni Gibertini per i video e le immagini originali ed esclusive di Ubitennis direttamente realizzate da Indian Wells nell’ottobre 2021. Iniziamo con un video rallentato, dove possiamo apprezzare due dritti e un rovescio.
SPUNTI TECNICI: Il nostro coach analizza colpo per colpo, foto per foto, Jannik Sinner al microscopio
Quello che salta subito all’occhio, oltre alla generale compostezza della postura e dell’equilibrio, è la facilità con cui Jannik fa scorrere la testa della racchetta attraverso la palla, senza perderne minimamente il controllo. Andando a osservare con attenzione alcuni “frame” tratti dallo stesso filmato, possiamo notare la caratteristica speciale degli swing di Sinner: il giocatore è talmente decontratto da far finire l’attrezzo praticamente nello stesso punto, ben alto e dietro le spalle, da cui ha iniziato il movimento a colpire.

Questa ampiezza dell’ovalizzazione non è un dettaglio peculiare di Jannik, è tecnica abbastanza standard, quello che risulta straordinario nel caso dell’azzurro è che di norma uno swing così sciolto, in gergo si direbbe “a tutto braccio”, viene “lasciato andare” così tanto nel momento in cui si vuole produrre un’accelerazione vincente, alla massima velocità possibile, con tutti i rischi di errore annessi. Sinner, invece, lo fa in ogni singolo colpo, botta dopo botta, mantenendo percentuali altissime di successo, ed è da questo che deriva la sensazione di ritmo impossibile da reggere che tanti dei suoi avversari hanno provato e poi raccontato dopo averlo affrontato.
Andando a vedere i frame, la stessa cosa avviene dal lato del rovescio.

Rovescio che è il colpo più naturale di Jannik, anche se a ben vedere i progressi degli ultimi tempi hanno portato anche il dritto a essere un’arma di pari efficacia. La caratteristica principale del colpo bimane di Sinner è l’estrema semplicità della preparazione, un “backswing” eseguito praticamente in linea, un po’ come nel caso di Daniil Medvedev. Molto differente rispetto, per esempio, all’ovalizzazione più “rotonda” di uno come Alexander Zverev, nessuna delle due tecniche esecutive è migliore o peggiore dell’altra, sono solo personalismi coordinativi. Vediamo il confronto qui sotto, con un’immagine di Sascha sempre da Indian Wells, la differenza di altezza della testa della racchetta all’apice del backswing è chiarissima.

La preparazione con ovalizzazione facilita un minimo l’accelerazione della testa della racchetta, che viene “aiutata” dal percorso bello tondeggiante che va a effettuare (come nel caso di praticamente tutti i dritti standard), mentre quella in linea, a patto di avere la scioltezza di braccia necessaria per far viaggiare l’attezzo, rende più semplice andare a impattare “attraversando la palla”, con poca rotazione, e altissima rapidità del colpo. Lo vediamo dall’inizio alla fine qui sotto.

L’intero movimento, dal backswing fino all’impatto, vede la testa della racchetta di Jannik che non va più in alto rispetto alla linea delle spalle, e non viene portata più in basso dei fianchi, rimanendo in un “binario” di poche decine di centimetri in verticale. L’accompagnamento finale, sempre composto e con la racchetta che segue la direzione della palla prima del già commentato, scioltissimo “wrap” (avvolgimento delle braccia) sopra la spalla opposta, conclude un’esecuzione a dir poco spettacolare.

Dal binario di cui sopra partono gli autentici treni, lungolinea e incrociati, con cui il rovescio di Sinner fa a fette il campo e di conseguenza gli avversari.
Riassumendo, con i fondamentali al rimbalzo, siamo davanti a una macchina lanciamissili che ha pochi eguali nel circuito, paragonabile a quello che era Tomas Berdych (ma con maggiori margini a mio avviso), e per quanto riguarda il rovescio, l’eccellenza è assoluta, al livello dei migliori di tutti, come i citati Zverev e Medvedev. Forse solo il bimane del grande Novak Djokovic, attualmente, potrebbe farsi preferire a quello di Sinner, ma per una questione di varietà tattica di soluzioni che deriva dall’esperienza del fuoriclasse, non certo per qualità tecnica in senso stretto.
A partire dallo scorso anno Jannik sta lavorando molto per migliorare il servizio, che è un colpo ben eseguito e che produce bella velocità, ma a volte tende a non ottenere sufficienti percentuali e angoli efficaci. Il problema (relativo, parlando di livelli simili) appare in gran parte risolto, certo Sinner è difficile che si trasformi in un bombardiere alla Berrettini, ma se riesce ad ottenere un congruo bottino di punti diretti, e negli altri casi a comandare lo scambio scatenando il pazzesco ritmo da fondo analizzato prima, va benissimo così. Lo vediamo qui sotto:


Esecuzione assolutamente corretta, ottimo impatto, si può notare che Sinner tende a rimanere molto verticale con relativa minore uscita dell’anca in avanti, e di conseguenza azione del piano delle spalle meno accentuata, ma anche qui siamo davanti a caratteristiche coordinative personali, quello che conta è la sensazione e la sicurezza nel colpo che può sentire solo il giocatore stesso. Nel corso dell’ultimo anno Jannik è passato dalla tecnica foot-up, cioè con il piede posteriore che fa un passo in avanti a raggiungere quello anteriore, a quella foot-back, con i piedi entrambi a terra in fase di caricamento. Di solito in questo modo si può regolarizzare il lancio di palla, e pare che per Sinner la cosa funzioni. Ormai le prime palle vanno spesso a 200 kmh e anche di più, le seconde non sono facili da aggredire, e oltre a questo ricordiamo che la fase di evoluzione tecnica del giocatore non è ancora conclusa. In ogni caso, è stata raggiunta l’elite del tennis mondiale, se poi immaginiamo ulteriori margini di miglioramento anche tattici, come la capacità di chiudere a rete con angoli e soprattutto tempi di esecuzione sempre più efficaci, il futuro non potrà che riservarci soddisfazioni che attendevamo tutti da una vita.
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ATP Finals – Spunti Tecnici: Matteo Berrettini e il dritto che fa male anche ai top-players
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Tecnicamente, stando in campo con Matteo Berrettini, che si prepara a giocare le ATP Finals per la seconda volta in carriera (record per il tennis italiano maschile, come l’esaltante finale raggiunta sull’erba di Londra), è molto interessante vedere quanto i colpi dell’azzurro sponsorizzato da Lotto Sport Italia siano strutturati con l’obiettivo dell’efficienza e dell’incisività.
Il dritto è uno dei più potenti e carichi di top-spin del Tour, parole di Novak Djokovic, una botta paragonabile a quella di Juan Martin del Potro, il servizio è sempre la specialità di casa, e il rovescio slice (con rotazione all’indietro) è diventato solido e molto efficace. D’altronde, a questi livelli non vai in fondo agli Slam con buchi tecnici evidenti, chi critica il rovescio di Matteo dovrebbe provare a starci in campo contro, come ha detto anche Monfils dopo averci perso a New York due anni fa. Vediamoci insieme Berrettini da vicinissimo.


Qui sopra, un paio di esecuzioni del dritto in open stance, postura frontale, il classico “sventaglio” con cui l’italiano martella a ritmo altissimo da ogni angolo del campo. Da notare, a parte l’ovalizzazione perfetta e l’ottima spinta della gamba esterna, come Matteo tenga l’indice della mano destra ben separato dalle altre dita. La cosa consente una maggiore sensibilità, la nocca del dito avvolge il manico più avanti sostenendolo e “sentendolo”, è il cosiddetto “pistol grip“, l’impugnatura “a pistola”, come se l’indice fosse su un grilletto immaginario. Rispetto al “hammer grip“, che non è l’impugnatura a martello che in italiano è la continental, ma è la postura della mano sul manico a dita raccolte, il vantaggio a livello di percezione e tatto è notevole, a patto che si sia in grado, con la forza dell’arto, di reggere con sufficiente saldezza l’attrezzo. Ecco un esempio più chiaro, per capirci.

Sopra, Dominic Thiem, sotto, Berrettini. Se osserviamo l’indice, la differenza è evidente. Sono due dritti brutali per potenza, efficacissimi entrambi, ma avete presente quando un colpo ha “qualcosa” in più? Magari dà un’impressione di maggior controllo, o di varietà di esecuzioni, tipicamente la capacità di tirare piatto oppure super-arrotato cambiando l’angolo di attacco del piatto corde sulla palla con disinvoltura? Ma non si riesce a focalizzare quale sia la causa, o perché uno ci riesca meglio di un altro? Ecco, questi dettagli spesso sono la risposta. E sappiamo bene che una delle caratteristiche tecniche di Matteo è proprio la capacità di sparare liftoni alternati a manate piatte come niente fosse.
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Qui sopra, vediamo il rovescio tagliato con rotazione all’indietro, ovvero lo slice. Berrettini ha lavorato moltissimo su questo colpo, ce lo ha detto lui stesso, e i risultati si vedono. Non parte molto in alto con la testa della racchetta, non sale troppo con la spalla, e tiene il braccio abbastanza discosto dal corpo (pensiamo a Roberta Vinci, che arrivava dietro la schiena col piatto corde, e avvolgeva il braccio così tanto che ancora un po’ si strangolava da sola, con la spalla destra in gola). Il movimento a colpire risulta più orizzontale, data l’altezza di Matteo la cosa per lui funziona più che bene, ed è ottima la conduzione del piatto corde, con postura perfettamente composta, come si può apprezzare nella seconda immagine. Notevole la capacità di andare basso con le ginocchia, data la stazza del giocatore. La rasoiata in slice di Berrettini non ha nulla da invidiare, quanto a efficacia e cattiveria della rotazione, a esecuzioni ben più “blasonate” dal punto di vista stilistico. Bravissimo.


Qui sopra (sequenza originale ed esclusiva di Ubitennis da Indian Wells), il super-servizio, senza commenti perché le immagini parlano da sole. Il caricamento iniziale, con il brandeggio basculante “alla Raonic”, e il polso morbido, con presa leggerissima, sono caratteristiche personali di Matteo. Decontrazione totale, che produce una frustata con pochi eguali nel circuito. Dalla “trophy position” in poi, vediamo le immagini, anche scolasticamente è una martellata fantastica, il lieve attimo di surplace con racchetta piatta verso l’alto, difettuccio veniale ma presente fino a tre anni fa, è sparito, Matteo va di taglio ad aggredire la palla in modo perfetto. Che missili, ragazzi.
In conclusione, abbiamo un gran bel giocatore, moderno, fisico, potente, e dotato di tecnica assai più raffinata di quanto appaia a prima vista (e soprattutto in TV). La grande sensibilità della sua palla corta ne è un esempio, non spari servizi a 225 all’ora, dritti a 160 dall’altra parte, e poi chiudi il punto con una carezza a mezza spanna dal nastro se non hai tanta, ma tanta “mano”. Un po’ di abitudine ad andare a rete a prendersi qualche punto in più, altra cosa su cui Berrettini e Santopadre ci hanno detto di stare lavorando parecchio, con successo viste le vittorie, e il “pacchetto” è completo.
Terzo anno chiuso in top-10 ATP, titoli prestigiosi come al Queen’s Club, soddisfazioni personali come la convocazione per il team Europa alla Laver Cup, e il sogno della finale di Wimbledon: Matteo Berrettini è arrivato tra i grandi del tennis, e ha intenzione di rimanerci a lungo.