WTA, le migliori al mondo: 9. Angelique Kerber

Al femminile

WTA, le migliori al mondo: 9. Angelique Kerber

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TENNIS AL FEMMINILE – Stagione poco significativa per Angelique Kerber: tanti buoni piazzamenti, la permamanenza per il terzo anno consecutivo nella top ten, ma nessuna vittoria da ricordare. Un anno estremamente simile a quello precedente.QUI la presentazione dei sedici articoli.

Dicembre 2014

Il 2014 è stato un anno senza particolari acuti da parte di Angelique Kerber. Sotto questo aspetto non c’è molto da dire: è stato simile al 2013, stagione in cui ha raccolto ottimi piazzamenti, è riuscita a mantenersi nelle prime dieci, ma senza riuscire davvero a incidere con un risultato di prestigio.

Seguendo le sue partite ormai da diversi anni, mi sono fatto l’idea che sia una delle giocatrici meno amate dal pubblico.
Negli stadi è difficile che si ritrovi con il tifo dalla sua, e anche quando leggo i giudizi su di lei degli appassionati, molto raramente trovo qualcuno che la sostiene; mentre sono parecchi quelli che dichiarano di non amarla.
Per quanto mi riguarda mi sono più volte dichiarato kvitoviano e devo confessare che anch’io non posso annoverarmi tra i suoi sostenitori.

Per quali ragioni? Sinceramente faccio fatica a dirlo; vorrei capirlo innanzitutto interrogando me stesso, ma non riesco a razionalizzarne i motivi.
D’accordo, forse i suoi gesti non sono elegantissimi, ma non sono nemmeno così sgraziati da risultare fastidiosi; almeno a me non pare. Quali che siano le cause, Angelique sembra proprio non riuscire a farsi amare.
Però forse, malgrado tutto, si sta ritagliando un ruolo speciale nel circuito.

Per spiegarlo ho bisogno di una breve divagazione, che fa riferimento a “Il cinema secondo Hitchcock” (un libro straordinario, secondo me imperdibile per ogni appassionato di cinema).
Il libro è un’intervista ad Alfred Hitchcock realizzata da François Truffaut, nel corso della quale vengono affrontati uno a uno tutti i film di Hitchcock. Per valutare la loro qualità uno dei criteri ricorrenti sui quali i due registi si basano è quanto sia riuscito o meno il personaggio del “cattivo”.
Non è “il buono” l’elemento fondamentale del film, ma il suo oppositore: più il cattivo è ben delineato, più è costruito in profondità ed è capace di coinvolgere il pubblico, e migliore sarà l’intero film.

Mi è tornata in mente la questione dell’importanza del cattivo, quando ho fatto la scelta delle dodici partite da ricordare del 2014. Alla fine Kerber era presente diverse volte, e con lei in campo molti match erano diventati interessanti. Perfetta “counter-puncher”, non è mai un ostacolo facile da superare, e anche se non è la numero uno del mondo è sicuramente abbastanza brava da farsi temere.

A questo punto penso sia chiaro cosa intendo; se il destino di Angelique non è quello di essere la più amata del circuito, è forse quello di essere la giocatrice che il pubblico “ama odiare” (secondo le definizione coniata per Erich von Stroheim).

P.S. Vi lascio all’articolo del 2013, curiosamente anche quello con riferimenti cinematografici.
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Ecco l’articolo pubblicato il 14 dicembre 2013:

Le 16 stelle WTA: Angelique Kerber, la fighter

Il tennis è uno sport che contiene in sé molte componenti, e ogni giocatore finisce per far emergere quella che si avvicina di più alla sua natura: il giocatore molto tecnico farà sembrare il tennis una specie di scherma con la palla; quello tattico lo farà sembrare una partita a scacchi. E quello di carattere ci ricorda che il tennis può anche somigliare al pugilato: Angelique Kerber è una vera fighter del tennis, e quando scende in campo il rettangolo di gioco diventa il suo ring.

Ci vorrebbe un regista americano per raccontare la storia di Angelique. Una storia che per molti aspetti sembra più simile alla sceneggiatura sulla vita di un pugile che conquista combattendo il sogno americano piuttosto che quella di una tennista nata in Germania da genitori di lingua polacca.
Fossi un produttore, chiamerei Martin Scorsese, e lui saprebbe restituire il giusto pathos a tutta la vicenda.

Ma cominciamo dall’inizio, anzi, dall’antefatto: di tutti gli sport professionistici femminili, il tennis è di gran lunga il più remunerativo.
Diventare una tennista di successo significa guadagnare bene, e le giocatrici di buon ranking raggiungono medie da diverse centinaia di migliaia di dollari annuali di soli premi. Le primissime poi, viaggiano su cifre milionarie.
Ma alle spalle dello sfavillio del vertice WTA, ci sono molte decine di tenniste che cercano di farsi strada (prima attraverso i tornei junior e poi gli ITF) per poter accedere al circuito principale. Non è però sufficiente entrare nei tornei WTA per garantirsi l’agiatezza: occorre anche riuscire a scalare le classifiche.

Normalmente la maggior parte delle giocatrici più forti è riuscita abbastanza in fretta a percorrere la trafila, magari mettendosi in mostra già da junior e guadagnandosi wild card per misurarsi con le migliori, scavalcando così i gradini intermedi; oppure grazie ad uno-due anni pieni di successi che le hanno proiettate rapidamente nei grandi eventi.

Non è però il caso di Angelique Kerber.
Da junior aveva raggiunto al massimo la 44ma posizione (nel 2004): scorrendo la sua attività si vede che nei confronti con le coetanee che sarebbero diventate famose sono più le sconfitte che le vittorie, anche se non mancano successi con Makarova, Errani e soprattutto Vaidisova e Radwanska.
Passata tra le adulte, Angelique comincia una fase di carriera in cui non riesce a compiere quel salto di qualità necessario ad emergere: 15 partecipazioni ai tornei dello Slam con 10 uscite al primo turno, 3 al secondo, 2 al terzo. Miglior ranking 47mo posto, ma più spesso attorno al 100mo. Nessuna top ten battuta (ma per la verità anche poche volte incontrata) e nessun torneo WTA vinto.

A quasi 24 anni, per una tennista si possono cominciare a stilare i primi bilanci, e valutare le prospettive per il futuro. Che nel suo caso non sembra essere quello ricco di successi e di denaro riservato alle elette del circuito.
Ma siccome la sua è una storia che merita di essere raccontata, non può mancare il colpo di scena.
Improvvisa, la svolta arriva agli US Open 2011. Sconfigge al secondo turno Agnieszka Radwanska (sua antica conoscenza già da junior, come abbiamo visto), in quello che si può definire un quasi derby, visto che Angelique è una tedesca-polacca.

Nei quarti supera Flavia Pennetta e si ferma solo in semifinale dopo una dura lotta contro Samantha Stosur, che poi avrebbe vinto il torneo.
Entrata a Flushing Meadows da numero 92, ne esce come 34 del mondo (e con quasi mezzo milione di dollari guadagnati): ottiene in quindici giorni quello che non le era riuscito in cinque anni.

E’ un progresso che si rivela un formidabile propellente per la stagione successiva; nel 2012 arrivano i primi tornei vinti, i successi contro le top ten (ben 8 vittorie complessive contro 6 differenti giocatrici), la semifinale di Wimbledon, e il quinto posto nel ranking a fine anno.

E anche gli spettatori (come me) che seguono soprattutto i grandi eventi, cominciano a conoscerla: giocatrice dotata di gambe potenti, scattante e rapida al di là delle apparenze, ha la inconsueta caratteristica di colpire meglio in corsa che da fermo; il suo tennis migliore emerge quando deve difendere, contenendo i tentativi di sfondamento delle avversarie, che costringe all’errore rimandando la famosa palla in più.
Grazie alla potenza di gambe è capace di controllare e rimandare anche le palle più basse; e spesso nei recuperi carica di spin il dritto che produce di conseguenza una traiettoria particolarmente insidiosa: appena superata la rete la palla rimbalza molto corta, obbligando le avversarie a colpire correndo in avanti, e non tutte si trovano a loro agio in questa situazione.
Ha una prima di servizio non velocissima, e da classica mancina la traiettoria più efficace è lo slice ad uscire da sinistra. Mentre a mio avviso la seconda è uno dei punti deboli del suo gioco: abbastanza lenta e senza particolari spin, è attaccabile con troppa facilità dalle avversarie più forti.

Angelique però non è una difensivista pura; se il match diventa combattuto, sull’onda dell’entusiasmo (o della disperazione) può cominciare anche a spingere lei. E se riesce ad aprirsi il campo capita che lanci il suo tipico urlo che accompagna il vincente definitivo.

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=c4S8QARXlFg#t=457

Contro le giocatrici più deboli può anche impostare la partita, ma secondo me il suo livello di gioco in “versione attaccante”, è inferiore: da attaccante non credo valga le prime dieci del mondo; anche perché, come dicevo, gioca meno bene quando colpisce da ferma, e produce un numero di gratuiti superiore.

Siccome si trova meglio a spingere il rovescio incrociato e il dritto lungolinea, da mancina finisce quasi sempre per cercare il vincente nell’angolo di campo coperto dal dritto delle giocatrici destre. E non è detto che insistere verso quella zona sia produttivo, soprattutto se si gioca contro chi ha nel dritto il suo colpo migliore.
E’ un problema difficile da risolvere per lei, perché l’alternativa che ha è lo sventaglio di dritto, un colpo che in termini di geometria equivale ad un rovescio incrociato, e quindi non allarga le sue varianti tattiche; mentre il lungolinea di rovescio è efficace sopratutto nei momenti di massima forma.

Quando questi schemi non sono sufficienti, la sua alternativa preferita è la palla corta lungolinea di rovescio: che però funziona a giorni alterni.
Ha un gioco di rete piuttosto arrangiato, anche se ha il pregio di avere buoni riflessi.

Ma secondo me ciò che rende particolare Angelique Kerber è il carattere: è una lottatrice, che dà il meglio di sé nella battaglia. E’ stata capace di uscire vincitrice da partite giocate non solo contro l’avversaria, ma contro un intero stadio; e infatti ha conquistato i primi due tornei sconfiggendo la giocatrice di casa: a Copenhagen Wozniacki, e a Parigi (indoor) Marion Bartoli.
Memorabile anche il match contro Venus Williams agli US Open 2012: in quella occasione Venus dichiarò di avere sentito per la prima volta in carriera tutto il centrale di Flushing Meadows dalla sua parte. Ma a vincere fu Angelique.

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=KAszIWxOpFc#t=956

Quando ha contro le attaccanti che cominciano a martellare a tutto braccio, si esalta nella lotta; e allora nessuna palla per lei è troppo lontana per non provare a raggiungerla; e se riesce ad arrivarci vicino, farà di tutto per rimandarla dall’altra parte, magari perfino cambiando di mano:

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=KAszIWxOpFc#t=425

Forse per alcuni aspetti la miglior Kerber è la versione femminile che più si avvicina a Nadal: e non lo dico solo per questioni tattiche e caratteriali, ma anche perché, come Rafa, curiosamente è mancina con la racchetta, ma non per altre attività della vita: per esempio firma gli autografi con la destra.

Con il 2013 inizia una nuova fase, anche questo un classico tòpos da film sportivo: il rischio dell’appagamento. Perché lo sappiamo tutti, un lottatore non può permettersi di mollare nemmeno di un centimetro, non può imborghesirsi.

Nella stagione appena conclusa i risultati non sono stati all’altezza del 2012: qualche turno in meno negli Slam, un solo torneo vinto in extremis (Linz), e la conquista dell’ultimo posto utile per partecipare al Masters, grazie ai buoni risultati in Asia e al forfait di Maria Sharapova.
Nel 2013 ha sempre perso contro le top ten, a parte due match vinti contro la “solita” Radwanska. Probabilmente le sue avversarie hanno trovato alcune contromisure: sanno quanto occorre spingere per chiudere i vincenti, sanno dove andare preferibilmente a coprire quando è Angelique a prendere l’iniziativa.

E forse anche Kerber ha perso un po’ di quella carica agonistica che aveva fatto la sua fortuna l’anno precedente. Del resto già nel 2012 si era notato che quando non riesce ad “accendersi”, può perdere dei match senza quasi entrare in partita, come nella semifinale di Wimbledon contro Radwanska (ancora lei…).

Nel frattempo quella di Kerber è diventata una storia di successo; in Polonia esiste una Academy di tennis che porta il suo nome, dove collabora con il suo ex-allenatore (Torben Beltz) che a metà 2011 aveva cominciato a seguirla e l’aveva portata ai vertici.

Non è più la giocatrice alla caccia del riscatto per aver sofferto tante stagioni nelle retrovie; è una tennista milionaria che le avversarie hanno imparato a conoscere.
Per tornare ai livelli 2012 forse sarebbe utile qualche novità tattica per rendere meno prevedibili certe soluzioni. E naturalmente Angelique avrà bisogno della sua voglia di lottare sempre e comunque su ogni palla perché, come dicevo, lei è la fighter del tennis femminile.

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