Wimbledon interviste, Djokovic: “Con Jarkko non ho esultato per rispetto”

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Wimbledon interviste, Djokovic: “Con Jarkko non ho esultato per rispetto”

Wimbledon, secondo turno: N. Djokovic b. J. Nieminen 6‐4 6‐2 6‐3. L’intervista del dopo partita a Novak Djokovic

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Che voto daresti alla tua performance di oggi?
Sette od otto. È stata una performance solida, ho fatto quanto serviva per vincere in tre set. Lui ha iniziato molto bene, in modo aggressivo, ha messo a segno dei vincenti nei primi game. Sono riuscito a rimanere calmo e a entrare in partita. Credo che il momento chiave sia stato nel decimo gioco, quando ho vinto il primo set: ho iniziato a giocare a mente libera. Sentivo di avere il match sotto controllo.

C’è qualcosa che fai meglio sull’erba rispetto alle altre superfici?
Ogni superficie richiede un adattamento, soprattutto per quanto riguarda i movimenti. Speri sempre di riuscire a fare velocemente la transizione dal gioco su terra a quello su erba. Quest’anno c’è stata una settimana in più tra il Roland Garros e Wimbledon: due settimane erano troppo poco per prepararsi. Questa è la superficie più veloce del circuito: serve essere più aggressivi, usare più lo slice, variare il gioco. Non sono un giocatore da serve and volley, non vado spesso a rete, ma sull’erba cerco comunque la varietà e provo a sfruttare al meglio le opportunità che mi si presentano dopo una buona prima o dopo dei buoni colpi a rimbalzo.

Il tuo prossimo avversario è Bernard Tomic. I supporter australiani sono arrivati in massa: pensi che siano una distrazione o li trovi divertenti?
Entrambe le cose. È bello vedere anche nel tennis gente che arriva a tifare il proprio giocatore preferito. Spesso manca questa atmosfera, che possiamo definire da Davis. Ma quando giochi di fronte a questi tifosi impari ad abituartici: mi è capitato in Australia, giocando contro Hewitt. So cosa mi aspetta. Bernard, Kyrgios e Kokkinakis sono sotto i riflettori, tutti in Australia puntano su di loro e li supportano perché possano ottenere i trofei più importanti. Hanno le qualità giuste: giocherò contro uno di loro, e spero di fare bene.

Cosa ti aspetti da Bernard Tomic?
Mi aspetto che serva bene e che vari il gioco. Ha molto talento: può giocare piatto, giocare lo slice corto, venire a rete. Al servizio ha un movimento molto veloce, difficile da leggere sull’erba. Questa è la sua superficie preferita, quindi sarà un match complicato. Ci siamo incontrati qui nei quarti di finale, nel 2011: quattro set molto lottati. Non mi aspetto certo un match facile.

Dopo il match point non hai esultato: sei andato ad abbracciare Nieminem, un gesto molto sportivo. Come mai?
Be’, è il suo ultimo Wimbledon. Con Jarkko ho un ottimo rapporto da molti anni. L’ho incontrato per la prima volta a un Challenger in Finlandia, ai miei inizi da professionista, quando avevo 18 anni. È sempre stato gentile con me: è una delle persone più simpatiche del circuito, sia in campo che fuori. È una questione di rispetto: forse non ve ne rendete conto, ma per lui è un momento importante. Era il suo ultimo match a Wimbledon e sono sicuro che voleva goderselo: si meritava l’ovazione.

Oggi avete moltissime statistiche a disposizione. Quanto le usi per prepararti ai match?
Un po’, ma non troppo. Una volta terminata una partita, non ci penso più molto. Penso alla successiva, a lavorare su ciò che mi dice il mio team. Le statistiche sono utili, ma cerco di non fissarmi troppo sui numeri: può essere una distrazione.

Molti campioni hanno ricevuto dimostrazioni di affetto nella sconfitta. Per te al Roland Garros c’è stato un grande giro di applausi: cosa hai pensato in quel momento? E adesso che hai avuto tempo per riflettere, che opinione hai di quel match?
È stato uno dei momenti più belli della mia carriera – dopo aver perso un match, ovviamente. Lo scenario ideale sarebbe stato aver vinto, ma non era destino: ho perso contro un giocatore migliore. L’ho dovuto accettare e andare avanti. Ma ciò che ho passato quel giorno con Stan, il rispetto che abbiamo mostrato l’uno per l’altro, il modo in cui si è svolta la cerimonia di premiazione e il modo in cui entrambi abbiamo ricevuto l’ovazione del pubblico è stato molto speciale. Lo ricorderò a lungo. Anche se ho perso, per me è stata una grande vittoria. È qualcosa di più importante di un trofeo: che vinca o che perda, ciò che conta è l’apprezzamento da parte del pubblico. È una cosa a cui tengo molto ed è anche una responsabilità: devo continuare ad avere lo stesso tipo di approccio ai match e alle relazioni con i miei colleghi.

Traduzione di Gaia Dedola

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