(S)punti tecnici della settimana: Roberta Vinci, uno slice di rovescio che vale la Top 10

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(S)punti tecnici della settimana: Roberta Vinci, uno slice di rovescio che vale la Top 10

Dopo la grande vittoria a S.Pietroburgo, nonostante l’uscita al primo turno a Dubai, Roberta Vinci è arrivata in top-10. Analizziamo il colpo più caratteristico ed efficace dell’azzurra, il rovescio a una mano con taglio all’indietro

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La tarantina Roberta Vinci ha finalmente realizzato l’obiettivo di una carriera: il meritato ingresso tra le dieci giocatrici migliori del mondo. Il gioco dell’azzurra viene da molti definito “vintage”, classico, soprattutto a causa della leggerezza fisica di Roberta (1.63 per 60 kg.), che la costringe a sviluppare geometrie intelligenti e utilizzare molta tattica per riuscire a comandare gli scambi, in assenza delle leve lunghe e del peso muscolare necessari per tirare le “pallate” standard di pura potenza che ormai sono la cifra del gioco della maggior parte delle campionesse attuali. Ma in effetti non è proprio così, perchè come ha ottimamente evidenziato ieri il nostro “WTA Master” AGF, Roberta non fa certamente eccezione alla tendenza, in atto nel circuito femminile, verso una grande attenzione e una costante ricerca del miglioramento nel rendimento dei colpi più decisivi che utilizzano i maschi, cioè il servizio e il dritto. Lo avevo notato anch’io a New York, e ne avevo scritto alla vigilia della storica semifinale della Vinci contro Serena Williams: le armi per chiudere i punti, quelle che anche una “piccoletta” come Roberta allena più di ogni altra esecuzione, sono appunto il servizio e soprattutto il dritto.

Ma il dritto, per quanto allenato, migliorato, più potente e più carico di top-spin (quindi più rapido, ricordiamo sempre che a parte le esecuzioni dall’alto in basso nei pressi della rete, più top-spin significa anche più velocità in termini di kmh), ha sempre bisogno dello spazio di campo dove essere spinto e affondato, e del tempo necessario a caricare l’esecuzione per imprimere la massima forza possibile. Questi spazi, e queste preziose frazioni di secondo, a parte che con il semplice bombardamento si ottengono con gli angoli del servizio, e con le aperture generate dalla geometria del palleggio: e una delle soluzioni più efficaci, anche se molto difficile da implementare con continuità, alla portata di pochi veri “talenti manuali”, è la variazione di traiettoria e rimbalzo generata dai colpi con la rotazione all’indietro, tipicamente il rovescio in slice (esempio perfetto, Roger Federer). Tra le donne, Roberta Vinci è la migliore in questo.

Prima di andare a vedere nel dettaglio come affetta il rovescio la nostra “salumiera nazionale”, un piccolo ripasso di terminologia tecnica: i colpi con rotazione all’indietro vengono tutti definiti come “backspin”, accorciato per comodità in “back”. Possono essere sia dritti che rovesci. Quando un colpo in back è difensivo, o in contenimento, e si può vedere dal finale dell’esecuzione (verso il basso con la testa della racchetta), un tempo si definiva come “chop”, sia di dritto che di rovescio, poi negli anni per comodità il chop è rimasto solo quello di dritto, mentre il rovescio tagliato difensivo ha cominciato a essere comunemente definito “back”. Se il colpo è offensivo, ovvero spinto in direzione della palla (e con testa della racchetta che rimane sostenuta, con finale in orizzontale), spesso per essere seguito a rete, allora si chiama “slice”, sempre sia di dritto che di rovescio. A volte anche dai commentatori televisivi, viene fatta confusione su questo, e qualsiasi rovescio tagliato per esempio viene chiamato back, anche quelli chiaramente giocati in modo aggressivo, che andrebbero sempre classificati come slice.

 
vinci back

Roberta Vinci (foto di France Pomerleau)

Ma torniamo alla nostra “Queen of Slice”, tanto apprezzata tecnicamente anche da colleghi del circuito che riguardo al rovescio sanno certamente quello che dicono, come Stan Wawrinka. Qui sopra, vediamo due esecuzioni del back di rovescio, qui sotto due slice. Basta guardare dove porta la racchetta Roberta per capire chiaramente la differenza. Da apprezzare la simmetria delle due braccia, che rimangono allineate in ogni fase dell’accompagnamento, a qualsiasi altezza venga impattata la palla, esecuzioni impeccabili.

vinci slice

Roberta Vinci (foto di France Pomerleau)

L’esecuzione del back e dello slice parte da un’impugnatura rigorosamente continental, e da una postura della racchetta “a martello”, cioè a 90° rispetto all’avambraccio. La preparazione porta la racchetta alta dietro le spalle, con il manico dell’attrezzo che va almeno all’altezza degli occhi. Vediamo qui sotto una sequenza di preparazioni dello slice, in approccio a palle più o meno alte.

vinci slice preparazione

Roberta Vinci in allenamento (foto di France Pomerleau)

La velocità della testa della racchetta, che poi si tradurrà in quantità di rotazione all’indietro impressa alla palla, deriva dalla discesa dell’attrezzo dall’alto verso il basso-orizzontale, in pratica più su si va, più si può accelerare l’ingresso del piatto corde, ma ovviamente non è così semplice. Per ottenere le famose “rasoiate” che tanto hanno messo in difficoltà Serena Williams (ma non Flavia Pennetta), ci vuole una compostezza assoluta e un controllo eccezionale del braccio-racchetta, che Roberta ci dimostra in modo splendido. Nella prima foto a sinistra, vediamo il perfetto “quadrato” formato dal braccio che va ad avvolgersi (“wrap”) portando la racchetta dietro le spalle, angoli retti tra braccio e avambraccio, e tra avambraccio e racchetta, con polso bloccato e addirittura lievemente flesso per ottenere una minima leva in più. Successivamente, si sviluppa l’azione dello swing a colpire, con il braccio che va a distendersi fino a essere completamente dritto, arrivando verso l’impatto come vediamo nell’immagine in testa al pezzo, e ai finali delle prime immagini più su. Con un caricamento tanto estremizzato, caratteristico di Roberta (sono in pochi ad andare tanto su con la racchetta), un decimo di secondo di anticipo o ritardo in questa azione, o uno-due gradi di angolo del piatto corde in più o in meno, e altro che rasoiata, la palla finisce o sulle siepi o sotto la rete.

vinci slice medio-alto

Roberta Vinci, slice in allenamento e partita (foto di France Pomerleau)

Lo vediamo qui sopra più da vicino, prima il massimo caricamento (a sinistra), poi l’inizio della distensione che precede la discesa dalla racchetta verso la palla (a destra). Roberta va altissima, e si aiuta nel mantenere controllata la postura del braccio-racchetta sostenendo l’attrezzo con la mano sinistra fino all’ultimo istante prima dello swing. Anche qui, splendida da vedere.

vinci slice altissimo

Roberta Vinci, caricamento slice in allenamento e partita (foto di France Pomerleau)

E per concludere, ammiriamo qui sopra Roberta che va al suo limite estremo: qua la racchetta va così alta e all’indietro, che il braccio arriva ad essere quasi verticale, costringendo la giocatrice a distenderlo lievemente con un minimo di anticipo, e addirittura ad appoggiare il mento sulla spalla destra: più di così, veramente, non si può, a meno di non volersi strangolare da soli. La manualità, e soprattutto il timing nel colpire, che sono necessari per controllare e indirizzare delle affettate simili, con swing così ampio e veloce, che ancora un po’ e parte dal campo di fianco tanto è aperto e altissimo, sono assolutamente straordinarie. La foto a sinistra è il massimo, sembra un dipinto di un atleta olimpico della Grecia antica: asse di equilibrio magnifico, potenza del caricamento percepibile anche dall’immagine statica, e la frustata a tagliare la palla che sta per partire non serve nemmeno vederla per sapere che sarà impressionante. Dal vivo e da vicino, il suono è un fruscio così acuto da sembrare un fischio, e la palla vista di fianco è quasi sfocata da tanto gira cattiva all’indietro. Spettacolo.

Grande Roberta, speriamo tutti di potercela godere ancora in campo il più a lungo possibile.

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Alta intensità a Indian Wells: Berrettini e Tsitsipas a tutto braccio [VIDEO]

Due ore di pallate tra Matteo e Stefanos, spettacolo di potenza sul campo di allenamento

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Matteo Berrettini e Stefanos Tsitsipas, Indian Wells 2022 (foto Ubitennis)

da Indian Wells, il nostro inviato

Poche parole, tante immagini: il modo migliore di apprezzare il tennis, visto da vicinissimo, di due top-player. Nel primo pomeriggio californiano, Matteo Berrettini e Stefanos Tsitsipas sono andati in campo sul “practice court 1” di Indian Wells, e hanno fatto divertire gli spettatori assiepati sulle tribune.
Vi documentiamo l’allenamento dei ragazzi con una serie di video esclusivi, da pochi metri: andiamo a goderceli in compagnia.

Palleggio dal centro, è sempre incredibile vedere come si muove un omone come Berrettini:

 

Sale il ritmo:

La palla schiocca, le scarpe fischiano:

Open stance piena, pallate una dietro l’altra:

Dall’altra parte della rete, non scherza nemmeno Stefanos:

Si comincia coi diagonaloni di dritto:

Matteo non si fa pregare, e in quattro botte costringe Tsitsipas alla steccata:

Si provano i colpi in chiusura, siamo verso la fine della sessione:

Per finire la carrellata, prima le cose belle di Stefanos col rovescio a una mano:

E poi la specialità di casa Berrettini, servizio e due drittoni:

Un gran bel pomeriggio di sport al massimo livello, tra il numero 5 e il numero 6 del mondo: la competizione sta appena iniziando, ma nel “Paradiso del tennis” le cose sono già interessantissime e appassionanti.
Per quello che abbiamo potuto vedere, anche parlandone un attimo con Matteo e Vincenzo Santopadre, il nostro miglior giocatore sembra stare bene, ha tirato senza paura, speriamo che possa disputare un buon torneo.

Spunti tecnici: il segreto del dritto di Berrettini
Spunti tecnici: Tsitsipas, forse abbiamo trovato un nuovo Airone

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Spunti tecnici: Sinner, decontrazione e scioltezza

Jannik è forse il miglior colpitore puro che il tennis italiano abbia mai visto. Velocità di palla altissima, fluidità totale

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Non era mai successo che il tennis azzurro contasse due giocatori contemporaneamente tra i primi 10 della classifica mondiale come accaduto fino alla settimana scorsa. Così come non era mai successo, tra gli italiani, quello che ha realizzato nel 2021 Jannik Sinner, 20 anni, ovvero vincere ben 4 tornei ATP in una stagione (i “250” di Melbourne, Sofia e Anversa, e il “500” di Washinghton, più una finale Masters 1000 persa a Miami). Il giovane ex sciatore della Val Pusteria sta vivendo, da ormai un paio d’anni, un percorso di progresso tecnico e tattico a tratti esaltante, meritatamente condito da vittorie di peso e una conseguente scalata verso i piani alti del nostro sport, dove ha raggiunto Matteo Berrettini, che sta facendo sognare i tifosi non solo nostrani.

La cifra del gioco di Sinner, tennista modernissimo come impostazione tecnico tattica, è la qualità del palleggio aggressivo da fondocampo. Dritto e rovescio di Jannik sono fucilate in costante accelerazione, con una capacità fenomenale di creare velocità di palla da ogni angolo del campo. Come ci riesce il nostro campione? Andiamo ad analizzarlo, ringraziando l’imprescindibile Vanni Gibertini per i video e le immagini originali ed esclusive di Ubitennis direttamente realizzate da Indian Wells nell’ottobre 2021. Iniziamo con un video rallentato, dove possiamo apprezzare due dritti e un rovescio.

SPUNTI TECNICI: Il nostro coach analizza colpo per colpo, foto per foto, Jannik Sinner al microscopio

Quello che salta subito all’occhio, oltre alla generale compostezza della postura e dell’equilibrio, è la facilità con cui Jannik fa scorrere la testa della racchetta attraverso la palla, senza perderne minimamente il controllo. Andando a osservare con attenzione alcuni “frame” tratti dallo stesso filmato, possiamo notare la caratteristica speciale degli swing di Sinner: il giocatore è talmente decontratto da far finire l’attrezzo praticamente nello stesso punto, ben alto e dietro le spalle, da cui ha iniziato il movimento a colpire.

 

Questa ampiezza dell’ovalizzazione non è un dettaglio peculiare di Jannik, è tecnica abbastanza standard, quello che risulta straordinario nel caso dell’azzurro è che di norma uno swing così sciolto, in gergo si direbbe “a tutto braccio”, viene “lasciato andare” così tanto nel momento in cui si vuole produrre un’accelerazione vincente, alla massima velocità possibile, con tutti i rischi di errore annessi. Sinner, invece, lo fa in ogni singolo colpo, botta dopo botta, mantenendo percentuali altissime di successo, ed è da questo che deriva la sensazione di ritmo impossibile da reggere che tanti dei suoi avversari hanno provato e poi raccontato dopo averlo affrontato.
Andando a vedere i frame, la stessa cosa avviene dal lato del rovescio.

Rovescio che è il colpo più naturale di Jannik, anche se a ben vedere i progressi degli ultimi tempi hanno portato anche il dritto a essere un’arma di pari efficacia. La caratteristica principale del colpo bimane di Sinner è l’estrema semplicità della preparazione, un “backswing” eseguito praticamente in linea, un po’ come nel caso di Daniil Medvedev. Molto differente rispetto, per esempio, all’ovalizzazione più “rotonda” di uno come Alexander Zverev, nessuna delle due tecniche esecutive è migliore o peggiore dell’altra, sono solo personalismi coordinativi. Vediamo il confronto qui sotto, con un’immagine di Sascha sempre da Indian Wells, la differenza di altezza della testa della racchetta all’apice del backswing è chiarissima.

La preparazione con ovalizzazione facilita un minimo l’accelerazione della testa della racchetta, che viene “aiutata” dal percorso bello tondeggiante che va a effettuare (come nel caso di praticamente tutti i dritti standard), mentre quella in linea, a patto di avere la scioltezza di braccia necessaria per far viaggiare l’attezzo, rende più semplice andare a impattare “attraversando la palla”, con poca rotazione, e altissima rapidità del colpo. Lo vediamo dall’inizio alla fine qui sotto.

L’intero movimento, dal backswing fino all’impatto, vede la testa della racchetta di Jannik che non va più in alto rispetto alla linea delle spalle, e non viene portata più in basso dei fianchi, rimanendo in un “binario” di poche decine di centimetri in verticale. L’accompagnamento finale, sempre composto e con la racchetta che segue la direzione della palla prima del già commentato, scioltissimo “wrap” (avvolgimento delle braccia) sopra la spalla opposta, conclude un’esecuzione a dir poco spettacolare.

Dal binario di cui sopra partono gli autentici treni, lungolinea e incrociati, con cui il rovescio di Sinner fa a fette il campo e di conseguenza gli avversari.
Riassumendo, con i fondamentali al rimbalzo, siamo davanti a una macchina lanciamissili che ha pochi eguali nel circuito, paragonabile a quello che era Tomas Berdych (ma con maggiori margini a mio avviso), e per quanto riguarda il rovescio, l’eccellenza è assoluta, al livello dei migliori di tutti, come i citati Zverev e Medvedev. Forse solo il bimane del grande Novak Djokovic, attualmente, potrebbe farsi preferire a quello di Sinner, ma per una questione di varietà tattica di soluzioni che deriva dall’esperienza del fuoriclasse, non certo per qualità tecnica in senso stretto.
A partire dallo scorso anno Jannik sta lavorando molto per migliorare il servizio, che è un colpo ben eseguito e che produce bella velocità, ma a volte tende a non ottenere sufficienti percentuali e angoli efficaci. Il problema (relativo, parlando di livelli simili) appare in gran parte risolto, certo Sinner è difficile che si trasformi in un bombardiere alla Berrettini, ma se riesce ad ottenere un congruo bottino di punti diretti, e negli altri casi a comandare lo scambio scatenando il pazzesco ritmo da fondo analizzato prima, va benissimo così. Lo vediamo qui sotto:

Esecuzione assolutamente corretta, ottimo impatto, si può notare che Sinner tende a rimanere molto verticale con relativa minore uscita dell’anca in avanti, e di conseguenza azione del piano delle spalle meno accentuata, ma anche qui siamo davanti a caratteristiche coordinative personali, quello che conta è la sensazione e la sicurezza nel colpo che può sentire solo il giocatore stesso. Nel corso dell’ultimo anno Jannik è passato dalla tecnica foot-up, cioè con il piede posteriore che fa un passo in avanti a raggiungere quello anteriore, a quella foot-back, con i piedi entrambi a terra in fase di caricamento. Di solito in questo modo si può regolarizzare il lancio di palla, e pare che per Sinner la cosa funzioni. Ormai le prime palle vanno spesso a 200 kmh e anche di più, le seconde non sono facili da aggredire, e oltre a questo ricordiamo che la fase di evoluzione tecnica del giocatore non è ancora conclusa. In ogni caso, è stata raggiunta l’elite del tennis mondiale, se poi immaginiamo ulteriori margini di miglioramento anche tattici, come la capacità di chiudere a rete con angoli e soprattutto tempi di esecuzione sempre più efficaci, il futuro non potrà che riservarci soddisfazioni che attendevamo tutti da una vita.

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ATP Finals – Spunti Tecnici: Matteo Berrettini e il dritto che fa male anche ai top-players

SPONSORIZZATO – Per non parlare del servizio… Gli straordinari risultati del testimonial Lotto, consolidato ATP Top 10, dipendono in gran parte dal binomio dritto servizio

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(photos @Ray Giubilo per Lotto Sport Italia)
(photo @Ray Giubilo per Lotto Sport Italia)

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Tecnicamente, stando in campo con Matteo Berrettini, che si prepara a giocare le ATP Finals per la seconda volta in carriera (record per il tennis italiano maschile, come l’esaltante finale raggiunta sull’erba di Londra), è molto interessante vedere quanto i colpi dell’azzurro sponsorizzato da Lotto Sport Italia siano strutturati con l’obiettivo dell’efficienza e dell’incisività.

Il dritto è uno dei più potenti e carichi di top-spin del Tour, parole di Novak Djokovic, una botta paragonabile a quella di Juan Martin del Potro, il servizio è sempre la specialità di casa, e il rovescio slice (con rotazione all’indietro) è diventato solido e molto efficace. D’altronde, a questi livelli non vai in fondo agli Slam con buchi tecnici evidenti, chi critica il rovescio di Matteo dovrebbe provare a starci in campo contro, come ha detto anche Monfils dopo averci perso a New York due anni fa. Vediamoci insieme Berrettini da vicinissimo.

(photos @Ray Giubilo per Lotto Sport Italia)
(photos @Ray Giubilo per Lotto Sport Italia)

Qui sopra, un paio di esecuzioni del dritto in open stance, postura frontale, il classico “sventaglio” con cui l’italiano martella a ritmo altissimo da ogni angolo del campo. Da notare, a parte l’ovalizzazione perfetta e l’ottima spinta della gamba esterna, come Matteo tenga l’indice della mano destra ben separato dalle altre dita. La cosa consente una maggiore sensibilità, la nocca del dito avvolge il manico più avanti sostenendolo e “sentendolo”, è il cosiddetto “pistol grip“, l’impugnatura “a pistola”, come se l’indice fosse su un grilletto immaginario. Rispetto al “hammer grip“, che non è l’impugnatura a martello che in italiano è la continental, ma è la postura della mano sul manico a dita raccolte, il vantaggio a livello di percezione e tatto è notevole, a patto che si sia in grado, con la forza dell’arto, di reggere con sufficiente saldezza l’attrezzo. Ecco un esempio più chiaro, per capirci.

 

Sopra, Dominic Thiem, sotto, Berrettini. Se osserviamo l’indice, la differenza è evidente. Sono due dritti brutali per potenza, efficacissimi entrambi, ma avete presente quando un colpo ha “qualcosa” in più? Magari dà un’impressione di maggior controllo, o di varietà di esecuzioni, tipicamente la capacità di tirare piatto oppure super-arrotato cambiando l’angolo di attacco del piatto corde sulla palla con disinvoltura? Ma non si riesce a focalizzare quale sia la causa, o perché uno ci riesca meglio di un altro? Ecco, questi dettagli spesso sono la risposta. E sappiamo bene che una delle caratteristiche tecniche di Matteo è proprio la capacità di sparare liftoni alternati a manate piatte come niente fosse.

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(photos @Ray Giubilo per Lotto Sport Italia)
(photos @Ray Giubilo per Lotto Sport Italia)

Qui sopra, vediamo il rovescio tagliato con rotazione all’indietro, ovvero lo slice. Berrettini ha lavorato moltissimo su questo colpo, ce lo ha detto lui stesso, e i risultati si vedono. Non parte molto in alto con la testa della racchetta, non sale troppo con la spalla, e tiene il braccio abbastanza discosto dal corpo (pensiamo a Roberta Vinci, che arrivava dietro la schiena col piatto corde, e avvolgeva il braccio così tanto che ancora un po’ si strangolava da sola, con la spalla destra in gola). Il movimento a colpire risulta più orizzontale, data l’altezza di Matteo la cosa per lui funziona più che bene, ed è ottima la conduzione del piatto corde, con postura perfettamente composta, come si può apprezzare nella seconda immagine. Notevole la capacità di andare basso con le ginocchia, data la stazza del giocatore. La rasoiata in slice di Berrettini non ha nulla da invidiare, quanto a efficacia e cattiveria della rotazione, a esecuzioni ben più “blasonate” dal punto di vista stilistico. Bravissimo.

Qui sopra (sequenza originale ed esclusiva di Ubitennis da Indian Wells), il super-servizio, senza commenti perché le immagini parlano da sole. Il caricamento iniziale, con il brandeggio basculante “alla Raonic”, e il polso morbido, con presa leggerissima, sono caratteristiche personali di Matteo. Decontrazione totale, che produce una frustata con pochi eguali nel circuito. Dalla “trophy position” in poi, vediamo le immagini, anche scolasticamente è una martellata fantastica, il lieve attimo di surplace con racchetta piatta verso l’alto, difettuccio veniale ma presente fino a tre anni fa, è sparito, Matteo va di taglio ad aggredire la palla in modo perfetto. Che missili, ragazzi.

In conclusione, abbiamo un gran bel giocatore, moderno, fisico, potente, e dotato di tecnica assai più raffinata di quanto appaia a prima vista (e soprattutto in TV). La grande sensibilità della sua palla corta ne è un esempio, non spari servizi a 225 all’ora, dritti a 160 dall’altra parte, e poi chiudi il punto con una carezza a mezza spanna dal nastro se non hai tanta, ma tanta “mano”. Un po’ di abitudine ad andare a rete a prendersi qualche punto in più, altra cosa su cui Berrettini e Santopadre ci hanno detto di stare lavorando parecchio, con successo viste le vittorie, e il “pacchetto” è completo.

Terzo anno chiuso in top-10 ATP, titoli prestigiosi come al Queen’s Club, soddisfazioni personali come la convocazione per il team Europa alla Laver Cup, e il sogno della finale di Wimbledon: Matteo Berrettini è arrivato tra i grandi del tennis, e ha intenzione di rimanerci a lungo.

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