Kyrgios e il tennis: quante "vite" prima del game over?

Personaggi

Kyrgios e il tennis: quante “vite” prima del game over?

É il più “box office” dei giovani emergenti, ma il suo rapporto con il gioco del tennis e il suo ambiente rimane conflittuale. Il matrimonio di convenienza serve a entrambi, ma durerà senza amore?

Pubblicato

il

 

È ormai quasi tradizione che la copertina del New York Times Magazine, l’inserto domenicale del celeberrimo quotidiano newyorkese, durante la domenica precedente gli US Open venga dedicata ad un tennista: nel 2014 era stata la volta di Eugenie Bouchard, fresca top 10 e finalista a Wimbledon, mentre nel 2015 era stato il possibile Grande Slam di Serena Williams a tenere banco. Quest’anno l’onore è stato riservato a Nick Kyrgios, il giovane talento australiano classe 1995 che ha fatto parlare tanto per i suoi atteggiamenti controversi dentro e fuori dal campo quanto per i suoi risultati.

Di mocciosi talentuosi e pestiferi il tennis ne ha visti passare parecchi: alcuni hanno lasciato che le loro sfuriate annegassero ogni chance di successo, altri sono invece riusciti a trovare la forza per controllare i propri nervi (Federer) o far sì che funzionassero a proprio vantaggio (McEnroe). Kyrgios non sembra aver ancora deciso quale strada intraprendere, e ciò che più preoccupa i suoi tifosi, e non solo, è che il ventenne di Canberra non sembra avere alcuna fretta di scegliere.
Nel corso di questa stagione ha fatto chiaramente capire che il tennis è più un mezzo che un fine per lui: dice di non amarlo, ma è talmente bravo che non sa se può trovare qualche altra cosa che gli riesca altrettanto bene. E che magari gli consenta di comprarsi una Lamborghini a settimana. Una uguale a quella del suo connazionale Bernard Tomic che lo stesso Nick ha impacchettato con la carta igienica per il puro gusto di fare uno scherzo.

Dopo la sua sconfitta a Wimbledon contro il futuro campione Andy Murray, Kyrgios ha candidamente ammesso di non star facendo tutto quello che può per massimizzare il suo potenziale. “I don’t love the game”, quasi un’imprecazione nella cattedrale del tennis: in fondo tutti quelli che fanno di questo sport il loro mestiere devono essere cresciuti a pane e racchette, stravedere per Federer o Nadal e sapere a memoria la biografia di Agassi. Invece lui no, ha giocato a tennis e basket fino ai 14 anni, quando ha poi dovuto scegliere di abbandonare i canestri per dedicarsi a tempo pieno alle palline gialle. E sogna di poter tornare a giocare a basket da professionista, magari in Europa, una volta terminata la sua carriera tennistica. Al massimo entro i 27 anni ha detto più volte durante l’estate, nella quale, oltre a conquistare il suo secondo titolo ATP ad Atlanta, ha anche potuto godersi un po’ di tempo libero in più avendo rinunciato “spontaneamente” a partecipare alle Olimpiadi, dopo che il Comitato Olimpico Australiano lo aveva minacciato di esclusione se non si fosse impegnato ad osservare le 18 pagine di linee guida cui tutti i membri della spedizione australiana a Rio dovevano aderire. E dopo la pausa olimpica, è tornato ad imperversare su tutti i social media per aver frantumato tre racchette nel giro di pochi secondi durante la sua sconfitta contro Borna Coric al Western&Southern Open di Cincinnati.

Il tennis è una parte della sua vita, non tutta la vita: nel 2015 dichiarò di voler limitare la sua programmazione per poter passare più tempo in Australia con la sua famiglia. Da più di un anno fidanzato con la connazionale Alja Tomljanovic, n.47 del ranking WTA nel febbraio 2015 prima che un’operazione alla spalla la mettesse fuori gioco per parecchi mesi, almeno dal punto di vista sentimentale sembra aver messo la testa a posto, anche se si è ritrovato nei guai per aver ficcato il naso in maniera un po’ troppo pubblica nelle lenzuola degli altri. L’aver rivelato durante l’incontro con StanWawrinka alla Rogers Cup nell’agosto 2015 che la fidanzata dello svizzero Donna Vekic era andata a letto con il giovane australiano Thanasi Kokkinakis gli costò 37.500 dollari di multa e sei mesi di “libertà condizionata”.
Durante una improvvisata sessione di Q&A su Twitter ha detto ad uno dei suoi fans che, in caso di vittoria agli US Open, smetterebbe di giocare a tennis subito dopo. Forse per inseguire i Pokemon che gli mancano, dato che sembra abbia passato più tempo a giocare a Pokemon Go che non a tennis durante il mese passato.

L’atteggiamento ostentatamente strafottente di un giovanotto ultra-privilegiato, apparentemente insensibile alla possibilità di guadagnare cifre che la maggior parte della gente può solo sognare semplicemente praticando uno sport, ha attirato parecchie critiche, ma che lo si ami o lo si odi, Kyrgios è un personaggio che fa “audience”, e anche se nessuno lo vuole ammettere, forse il tennis ha più bisogno di lui di quanto lui non abbia bisogno del tennis. Già questi sei mesi senza il “messia” degli ultimi anni, Sire Roger Federer da Basilea, ci hanno fatto vedere come la bolla mainstream in cui si sta crogiolando il circuito ATP da qualche stagione possa scoppiare velocemente, e con la “Next Generation” ancora non pronta a prendere il posto della “Lost Generation” in qualità di sfidante ufficiale della “Fab Four Generation”, Kyrgios che sta alla cuspide tra quelli che si sono persi e quelli che forse si troveranno rappresenta materiale da box office difficilmente rinunciabile per i voraci ingranaggi del circuito, sempre in cerca di nuovi personaggi da lanciare, nuove storie da raccontare, nuova carne da tritare.

Fino al terzo turno il cammino di Kyrgios agli US Open 2016 lo aveva visto procedere indisturbato da avversari di caratura inferiore, facendo supporre un percorso netto verso quella seconda settimana nel quale la differenza tra i giocatori ed i campioni viene scritta sui libri di storia. Il terzo turno fratricida con il suo compagno di nazionale Tomic (con il quale il febbraio scorso ha avuto un battibecco a distanza a proposito della sua indisponibilità alla sfida di Davis di Melbourne con gli USA) gli era stato risparmiato dall’uscita dello stesso Bernard al primo turno contro il bosniaco Dzumhur, e con esso anche il sovraccarico di stress che un match a così alto contenuto emotivo comporta. Ma nella serata di sabato dedicata al football NCAA, dopo un primo set da pilota automatico contro l’ucraino Marchenko, un’infortunio alla coscia sinistra lo riduceva quasi alle lacrime, costringendolo al ritiro in un tabellone che poteva vederlo andare lontano.

Si è scongiurato dunque il rischio di un suo ritiro dopo gli US Open, ma i dubbi sulla sua dedizione al tennis e sulla sua futuribilità come vincitore di Slam rimangono. Il prossimo “major”, sempre che si degni di giocarlo, si giocherà a casa sua, in Australia, dove la voglia di trovare un’erede a Lleyton Hewitt è più forte che mai. I fans ed il tennis sembrano disposti a concedergli seconde (e terze) chances, ma la pazienza prima o poi potrebbe finire, e Nick farebbe bene a dare una seconda (o terza) chance al tennis, per il bene di entrambi.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement