La sorpresa Kerber e il “caso tetto”

Editoriali del Direttore

La sorpresa Kerber e il “caso tetto”

LONDRA – Wimbledon è torneo indoor? No per il clan Nadal, anche se Rafa smorza. Djokovic sereno e ritrovato. “Anderson non ha nulla da perdere”. E lui?

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da Londra, il Direttore

Non basta chiamarsi Serena Williams per vincere un torneo. Finché ha incontrato avversarie inesperte, che non conoscevano lei o il tennis femminile, o tenere, ha vinto senza particolari problemi. Quando ha trovato una che non era disposta a regalarle niente, ma era decisa a riprendere tutto come la Kerber che alla fine avrebbe fatto solo 5 errori gratuiti contro i suoi 24, Serena ha dovuto ricordarsi che questo era soltanto il suo quarto torneo e ricordare a tutti noi che ci eravamo un po’ fatti abbindolare dalle sue vittorie pensando che fosse già tornata la miglior Serena. Ci vuole più tempo invece. Forse l’unica che l’aveva capito era lei. Ha continuato a ripeterlo per tutto il torneo. L’aver vinto sette tornei quando non era ancora mamma non significa che fosse scontato vincere l’ottavo anche se tutte le prime dieci teste di serie erano schizzate via, dalla n.1 Halep alla campionessa in carica Muguruza. Chissà… forse se fosse uscita di scena anche la testa di serie n.11, ma top-ten come Serena aveva notato giorni addietro dimostrando di sapere molto bene come stavano le cose e di seguire con grande professionalità il tennis femminile, Serena ce l’avrebbe fatta. Perfino chi scrive, giorni fa, prima dei quarti di finale, aveva detto che l’ostacolo più temibile sarebbe stata la Kerber, se la tedesca che aveva già vinto due Slam e aveva fatto finale due anni fa qui con Serena, fosse arrivata in fondo. Nel 2017 la Kerber era entrata in crisi. E tutti si chiedevano cosa avesse. Ora non ha più nulla. Ha vinto il suo terzo Slam, quello di maggior prestigio… anche se tutti sottolineano che sull’erba si gioca poco, che le vittorie sull’erba non dovrebbero contare come quelle altre.

Sarà così, ma quando vai a parlare con un giocatore e gli chiedi dei suoi sogni, ti risponde sempre: “Vincere Wimbledon!”. Serena Wimbledon l’ha già vinto sette volte, ma questo Wimbledon per lei è stato ugualmente importante: “Quando ho avuto Olympia, con tutti i problemi che sono seguiti, mi chiedevo soltanto se ce l’avrei fatta a tornare, se avrei visto la luce in fondo al tunnel. Queste due settimane me l’hanno mostrata”. La sua carriera non è finita, la rivedremo all’US Open dove non sarà probabilmente meno favorita della Kerber. Ci vuole sempre un po’ di tempo per risalire una corrente. E quattro tornei non sono stati abbastanza per battere la miglior tennista che era rimasta in gara dopo l’ecatombe delle prime del ranking.

IL TETTO CHIUSO E IL CASO NADAL

Quella fra Rafa e Nole è stata la miglior partita del torneo. Se gli inglesi mostrassero lo stesso entusiasmo degli americani ci sarebbero state, nel corso delle 5 ore e un quarto dell’affascinante duello, non meno di 20 standing ovation. Tutti in piedi ad applaudire, insomma. Il risultato già dice quanto il match sia stato equilibrato. La cronaca di Vanni Gibertini racconta tutto per filo e per segno. Qui riporto parola per parola l’esauriente risposta che Rafa ha dato alla mia domanda relativa ad una precipitosa impazienza che mi pareva avesse mostrato quando sulla quinta palla break utile del quinto set per lui (la terza sul 7-7, dopo che sulle due del 4-4 e le prime due del 7-7 Djokovic aveva servito davvero troppo bene perché Rafa potesse avere dei rimorsi) si è buttato a rete per giocare un attacco corto e lì è stato infilato da un passante incrociato di dritto di Djokovic.

“Non credo di essere stato impaziente, uscivo da una posizione di difesa, ho giocato un gran rovescio incrociato e deciso di andare avanti – mi ha risposto – Aveva funzionato molto bene tante volte. Volevo mettergli pressione. Mi fosse riuscito anche questa volta avrei fatto il break, avrei vinto il game successivo e sarei qui da vincente. Lui ha giocato un gran passante e questo è lo sport. Non dico che la tua domanda sia sbagliata, ma questo è lo sport. Il risultato finale cambia tutto. Fa parte del gioco, lo accetto. Lui ha giocato bene, posso dire che merita di aver vinto perché lo merita. E lo merito anch’io. Tutti e due meritavamo di vincere. Come ho detto l’altro giorno dopo il match con del Potro, entrambi potevamo vincere. Oggi stessa cosa. L’altro giorno è andata bene a me, oggi è andata bene a lui”.

Poi però è arrivata l’inevitabile domanda sul tetto: Pensi che abbia avuto molto senso avere il tetto chiuso oggi?- “No. Ma non voglio più parlare di questo. Altrimenti scrivereste di questo e io non voglio che lo facciate oggi”. E in inglese non se ne è più parlato. Ma con i colleghi spagnoli la questione è rispuntata fuori. E lì, dopo una altra premessa simile a quella fatta in inglese… “Ci sono state tante di quelle situazioni, di quelle opportunità in questa partita che non voglio soffermarmi sul tetto chiuso o aperto”, Rafa, un po’ tirato per i capelli sulla questione, ha cominciato a spiegare. Poiché la questione è delicata preferisco prima riportare le esatte parole che lui ha pronunciato. Per poi tradurle. E vi spiego perché. Mentre lui sembrava che non ne volesse parlare, ma poi sia pur riluttante ha finito per dire ampiamente come la pensava, qualche minuto dopo la conclusione della sua conferenza stampa è accaduto che il suo portavoce media, Benito Perez Barbadillo, chiamasse a raccolta tutti i giornalisti spagnoli e  prendesse una posizione molto più decisa, talmente più decisa di quella sfumata di Nadal che i colleghi se ne sono stupiti. La sua sembrava un’iniziativa presa autonomamente, non suggerita quindi da Nadal, tanto essa appariva quasi in contrasto con l’approccio molto più diplomatico, più fairplay di Rafa. Benito diceva senza peli sulla lingua che non c’era nessuna regola scritta che imponesse all’arbitro di far riprendere il match al coperto, salvo che entrambi i giocatori fossero d’accordo di giocare a tetto aperto.

Questo aveva detto Nadal (spero non ci sia bisogno di una traduzione parola per parola; è tardissimo e non sogno che di andare a dormire): Lo decide el referee: a las 19.30 se comienza en pista cubierta porque a partir de las 20.45 se termina la luz (non ci si vede più) y tendríamos (e evitiamo di) que perder tiempo, (perché alle 23 si deve interrompere comunque) y dado que a las 23.00 hay que parar… Como se empezó el partido en pista cubierta, según ellos (secondo loro) , se tiene que acabar (si deve porseguire nelle stesse condizioni in cui si è cominciato) en las mismas condiciones en las que se ha empezado, a no ser ( meno che i due giocatori si mettano d’accordo diversamente) que los dos jugadores estemos de acuerdo en hacerlo en descubierta”. Ciò detto, prosegue Rafa,  este es (questo è) un torneo outdoor; se pudo empezar outdoor y se empezó indoor… (si poteva cominciare outdoor e si è cominciato indoor) Lo único que no entiendo (quello che non capisco è perché) es que si se empieza (se si comincia) con techo (tetto) porque no hay luz (perché non cè luce), se podía haber empezado en outdoor, pero para ganar tiempo se comienza en indoor…”. “Ya se empiezan en unas condiciones en las que el torneo no es (si è cominciato su un campo al coperto anche se non pioveva) all’aperto per, porque es en pista descubierta salvo que llueva, y encima hoy continuamos en pista cubierta porque se empezó en pista cubierta. A mí no me parece bien… (non mi pare cosa fatta bene) Me parece que lo de ayer tiene su lógica, pero lo que no me parece bien es que hoy [por ayer] se vuelva a jugar a cubierto, salvo que los dos estuviéramos de acuerdo, y evidentemente no lo estábamos…”.

Djokovic avrebbe detto poi che gli avevano chiesto se avrebbe voluto giocare all’aperto, lui ha raccontato di aver detto no ma che gli pareva che avessero comunque già deciso. Il protocollo che si trova a pagina 47 di un libretto che ho consultato a proposito del tetto dice al punto:

a) The Championships sono un evento outdoor che si gioca durante il daytime, il giorno. Perciò se il tempo è buono il tetto verrà usato solo se l’oscurità è imminente.

b) Il referee (il direttore) ha il potere di decidere se usare il tetto o meno. Lui prende la decisione finale….c)… Ci possono essere molte circostanze diverse che influenzeranno l’apertura e la chiusura del tetto, per questo compete al referee l’ultima decisione.

Poi c’è tutta una serie di guidelines in caso di pioggia, di oscurità sopravveniente. Ma nessuna frase scritta a proposito dell’obbligo di proseguire con le stesse condizioni un match cominciato in un certo modo. Quindi, al di là dell’opportunità o meno di chiamare a rapporto i giornalisti spagnoli, Benito ha ragione quando dice che non c’era alcuna regola scritta a imporre il tetto chiuso per la prosecuzione del match. Il punto però è che non è necessario che sia scritta perché se ne invochi la legittimità o la illegittimità. A parte il fatto che senza sprecare tanto inchiostro e tante righe, se il protocollo si fosse limitato a dire soltanto che ogni decisione è presa dal referee e stop, sarebbe stato tutto più chiaro. Le guidelines aumentano solo la confusione per le varie interpretazioni che si possono dare. Poi: in inghilterra vige il sistema della common law. Non ci sono tante leggi scritte come nei Paesi, tipo l’Italia, di civil law. In Inghilterra una sentenza costituisce precedente cui, per consuetudine ci si adegua. In Italia la consuetudine, usi e costumi, è solo una legge secondaria (spero di non aver dimenticato del tutto i miei studi in giurisprudenza). Quindi se in Inghilterra si è detto, si è usato in passato usare quel criterio, quel criterio – piaccia o non piaccia – fa testo, anche se non è scritto da nessuna parte.

Quando venerdì sera Nadal e Djokovic sono stati avvertiti che per guadagnare tempo – c’era anche il rischio di qualche goccia di pioggia, ma soprattutto la chiusura del tetto sarebbe stata a un certo punto inevitabile e avrebbe oltretutto potuto suscitare discussione sul timing – si sarebbe cominciato con il tetto chiuso (e lì pareva a tutti la scelta più logica e comunque il referee aveva il diritto di imporlo), forse Nadal avrebbe potuto dire: “Ehi Mr Jarrett, ma non è che se stasera cominciamo con il tetto chiuso poi domani, se per caso non finissimo, dovremo ricominciare a giocare indoor?” Ma a Rafa questo non è venuto in mente, altrimenti avrebbe potuto cercare di opporsi a cominciare con il tetto chiuso. Anche se, come detto e ridetto, il referee avrebbe potuto comunque imporre il suo volere. Solo che in quel caso avrebbe potuto avvertire Djokovic: “Guarda Novak, se stasera non finite e domani è bel tempo, si giocherà outdoor..”. Insomma, secondo me era stato saggio Nadal a prendere la prima posizione, poi però superata da lui stesso e soprattutto dal suo portavoce media. Djokovic ha vinto sul campo, 10-8 al quinto, e merita di giocare la finale che avrebbe potuto giocare anche Rafa – tetto o non tetto – se avesse saputo sfruttare la occasioni che ha avuto. Il resto sono speculazioni che lasciano il tempo che trovano.

Però, siccome se ne è parlato a lungo in sala stampa, i giornalisti spagnoli stanno facendo le ore piccole come me – per una volta! – per dipanare la matassa, era giusto che io ve ne informassi. Djokovic ha ammesso che era stato interpellato e di aver detto che avrebbe preferito continuare a giocare nelle stesse condizioni in cui si era cominciato. “Da quel che ho capito avevano già deciso” ha aggiunto. Sarebbe giusto anche che venisse dato più spazio alla resurrezione – a questo punto, ma lo avevo già scritto 24 ore fa – di Novak Djokovic che dopo aver espresso a Parigi il dubbio se iscriversi alla stagione sull’erba (“Avevo appena perso…- da Cecchinato – e a caldo ci stava di essere demoralizzato”) ha naturalmente preso la decisione più saggia. “Già a Roma mi ero accorto dei miei progressi, poi anche a Parigi in qualche incontro salvo l’ultimo, ma tutta la stagione sull’erba ha mostrato che il mio livello stava arrivando, che avevo ricominciato a giocare bene…”.  Ma questo editoriale è già abbastanza lungo, alcuni lettori mi rimproverano l’eccessiva lunghezza, i tifosi di Djokovic questa volta se la prenderanno per il poco spazio che hoo dedicato a Nole – ma il sito gliene ha dato tanto – e io sono convinto che stasera… mi riscatterà. Infatti, anche se Anderson è stato una piacevole sorpresa per la continuità del suo gioco – e anche se non posso dimenticare che nel 2015 andò vicinissimo a battere proprio Novak vincendo i primi due set e avendo non poche opportunità anche nel quinto – io sarei abbastanza sorpreso se stasera Djokovic non avesse vinto il suo quarto Wimbledon.

Lo stesso Novak si è tradito un po’ quando si è fatto scappare questa frase “Anderson non ha nulla da perdere”. Glielo ho fatto notare, come per dire, allora tu invece sei favorito e hai qualcosa da perdere no? E lui: “Beh considerando che lui giocherà soltanto la sua seconda finale di Slam, ha più da guadagnare che da perdere. Ma se io prendo i miei ultimi due anni, anch’io non ho molto da perdere. Sono in una finale di Slam dopo tanto tempo, quasi due anni… Naturalmente vogliamo questo trofeo, tutti e due. Chi lo prenderà? Non lo so…”. Non lo sa nessuno, effettivamente. E dopo quel che è successo con Kerber-Williams (e Serena cercava di tornare al suo tennis un po’ come Novak sta cercando di tornare al suo) può davvero accadere di tutto. Speriamo soltanto che sia una bella partita, una degna conclusione di due semifinali e di alcuni quarti davvero eccellenti. Buona domenica a tutti.

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