Roger Federer non è finito, io la penso così
Se questo editoriale oggi esce certo con un discreto ritardo la colpa è di… Nadal e Thiem che hanno giocato 4 ore e 49 minuti, con l’austriaco che sul matchpoint per Nadal su un lob altissimo e lunghissimo del maiorchino ha steccato lo smash che gli è costato il tiebreak finale e la partita alle 2 e 04 del mattino. Poi Thiem è venuto alle 2,35 in conferenza stampa – quando già avevo rapidamente fatto i due video di giornata, in italiano e in inglese con Steve Flink, mentre Nadal si palesato intorno alle 3 quando ho deciso di mollarlo al suo destino per prendere il bus delle 3 appunto, che in una quarantina di minuti (di notte quando non c’è traffico) ti riporta a Manhattan. Poi il taxi per arrivare a destinazione. Cominciare a scrivere alle quattro del mattino dopo una giornata a Flushing Meadows dove faceva talmente tanto caldo e soprattutto tanta umidità che hanno addirittura sospeso per la prima volta nella storia del torneo le gare junior, non è il massimo. Ma questo è il lavoro che mi sono liberamente scelto e allora guai a lamentarsene. Dico solo che se qualcuno dei miei critici scoprirà qualche inesattezza in quest’articolo (che minaccio di voler tirare un po’ via) beh… che abbia un minimo di comprensione.
Se anche Cilic-De Minaur e Nadal-Khachanov avevano offerto grande spettacolo, non c’è dubbio alcuno però che il primo duello sul cemento fra Nadal e Thiem, vinto dal primo come avrete letto dal nostro documentatissimo e puntualissimo “Uomo della Notte” Ferruccio Roberti, è stato di gran lunga il miglior match del torneo. Scambi pazzeschi, di una violenza inaudita, con Thiem che è capace di far punti tanto di dritto che di rovescio, da tutte le posizioni e con Nadal che alla faccia dei suoi detrattori, che lo chiamano assurdamente “Pallettaro”, è venuto a rete 54 volte. Il match ha sollevato grande entusiasmo e ripetute standing ovation fra chi ha potuto restare sugli spalti dell’Ashe Stadium fino a dopo le due sapendo di dover poi impiegare un’oretta, fra una cosa e l’altra, prima di mettersi sotto le lenzuola (utili solo per chi abbia l’aria condizionata a tutta randa, altrimenti non servono).
Come ho avuto modo di accennare nel video avendo visto la prima parte del match dalla sala stampa frigo, davanti alla tv, e la seconda invece dal vivo nello stadio, beh non vi potete immaginare che differenza abbia notato. Mi direte: ah, che bella novità, Scanagatta lo scopri solo ora? No che non lo scopro ora, però mentre se c’è un tennis con un contrasto di stili tipo i celebri duelli Federer-Nadal, con uno dei due che anche senza fare ossessivo serve&volley però cerca di venire avanti e piazzando le volée incrociate o smorzate gioca degli angoli, beh anche in tv hai modo di apprezzare. Ma se due giocano invece prevalentemente da fondocampo tirando mazzate mostruose, il piccolo schermo comprime e non riesce assolutamente a darti l’idea della velocità della palla. Visti dal campo certi scambi fra Nadal e Thiem facevano paura. Impressionanti davvero. Quando guardavo da giù, invece, quasi sbadigliavo (favorito anche dal sono arretrato, perché anche per inviare il video post ko di Federer avevo fatto le cinque). Vorrei davvero invitare coloro che danno del pallettaro a Nadal, o del bombardiere privo di talento a Thiem, ad andare a seguire qualche torneo dal vivo. Sul cemento poi, per quanto lento rispetto ad alcuni del passato, la palla fischia molto di più che sulla terra rossa, checchè se ne dica.
Due osservazioni piuttosto: la prima è che all’US open potrebbero anche far cominciare la sessione serale un’oretta prima. Alle 18 invece che alle 19. Perché se ieri sera Serena Williams invece di recuperare da 2-4 e vincere 6-4 6-2 su Pliskova fosse andata al terzo set – e con i 10 minuti di break per la heat policy – avrebbero giocato minimo un’ora in più e il match fra Nadal e Thiem sarebbe finito dopo le 3 del mattino. Uno sforzo che non si dovrebbe chiedere né ai giocatori, né agli spettatori e… chissenefrega dei giornalisti e di chi lavora al National Tennis Center. Se al mattino le gare cominciassero alle 10 invece che alle 11 si offrirebbero comunque 6 ore minimo di gioco (e anche più sui campi laterali) a chi acquista il biglietto per la sessione diurna.
La seconda osservazione è un po’ in controtendenza rispetto a quello che ho sempre pensato e al mio rispetto per la tradizione. Se il tennis di oggi è sempre più spesso come quello di Nadal e Thiem, per carità bellissimo per potenza e anche strategia volta all’apertura del campo, c’è davvero bisogno di giocare sulla distanza dei tre set su cinque? Una volta si diceva che il tre su cinque era la distanza che vedeva l’uomo in faccia, l’atleta dotato di maggior resistenza, quello che riusciva a essere lucido anche dopo 4 ore di lotta. Ma si diceva questo perché c’erano giocatori che quella resistenza l’avevano e altri che invece non ce l’avevano. Ma oggi le cose sono cambiate. Chi arriva a questi livelli, fra i primi 100 per giocarsi uno Slam, è un atleta super preparato, super allenato a sopportare battaglie interminabili. E non credo che la preparazione di chi gioca i tornei due su tre sia diversa da quella che ha chi gioca i tre su cinque.
Ora è vero che – vedi Zverev a Parigi che rimontò al Roland Garros più volte da sotto di due set – chi vince tre set dovrebbe essere più forte di chi ne perde tre invece di due, ma non è nemmeno sempre vero. Il match fra Nadal e Thiem si è deciso al tiebreak del quinto set, dopo che i due si erano ritrovati 5 punti ciascuno. Cioè entrambi a due punti dalla vittoria. Quelli li ha fatti Nadal e… bravo Nadal, ma non si può dire che Nadal abbia prevalso su Thiem perché ha più fisico, più resistenza, più classe di Thiem. Magari si dirà che ha più esperienza, più abitudine a giocarsi tutto in due punti e ha quindi una maggior saldezza di nervi. Ma non l’avrebbe avuta anche se a essere decisivo fosse stato il terzo set e non il quinto? Perché no? Contro questa tesi, che sollevo ma senza neppure esserne troppo convinto, ma giusto perché se ne discuta, c’è stato il mio amico Steve Flink che mi faceva notare come Thiem avesse battuto Nadal sulla terra (3 volte su 10) ma quando i match erano al meglio dei tre set e mai al meglio dei cinque. Mi pare corretto riportare anche la sua opinione.
Per finire ho sentito dire tante volte alla fine di match super combattuti e bellissimi la banalità che ha detto Thiem: “Il tennis è uno sport crudele, si vince e si perde per un punto, in certe occasioni non sarebbe giusto che ci fosse un perdente”. Beh, dopo una partita così mi sento di condividere quella… banalità. E credo anche alla sincerità di Nadal che era ovviamente e legittimamente felicissimo di aver vinto, ma al contempo era anche dispiaciuto per l’avversario, abbracciato a lungo a fine partita. Perché Thiem, che aveva giocato i primi 24 minuti da mostro lasciando a un frastornato Nadal appena 7 punti nel primo set chiuso 6-0, non meritava di perdere più di Nadal. Ognuno ha interpretato la partita secondo le proprie caratteristiche tecniche ed è stato bello come seguire una grande partita di scacchi fra due campioni. Nadal ha detto che una vittoria di Thiem in uno Slam è solo questione di tempo. Frasi di circostanza? No, non direi. Io comunque la penso come Nadal, perché stasera Thiem mi è parso giocatore molto più maturo di tante altre volte. Diamo tempo al tempo. Pur sottolineando che la garra di Nadal, a 32 anni, dopo aver vinto tutto quello che ha vinto, è qualcosa di straordinario. Quanti avrebbero messo i remi in barca? Lui dopo quattro ore e tre quarti lotta punto dopo punto come se fosse questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Mostruoso.
Buon per lui, ma anche per del Potro suo prossimo avversario per il terzo Major in un anno – a Parigi Rafa vinse agevolmente, a Wimbledon invece gli servirono 5 set – che i due contendenti avranno due giorni di riposo per ritemprarsi e presentarsi al meglio, e magari in situazioni climatiche meno brutali. Del Potro ha battuto Isner, recuperando un set, ed è apparso in grande forma e soprattutto in grande fiducia. Sono certo che contro Nadal vedremo grandi cose. Quelle che non mi aspetto di vedere in Djokovic-Millman perché l’australiano, sebbene non sia tipo che si ubriachi dell’exploit anti-Federer, non ha colpi per far male a Djokovic. È molto regolare, corre e recupera come pochi, ma è un Djokovic di seconda o anche terza categoria. Cioè vorrebbe giocare come lui ma fa tutto peggio.
Fra Cilic e Nishikori come andrà? Il croato è più solido e più continuo, non lo dice solo il ranking e la finale dell’US open 2014, ma il giapponese ha i confronti diretti a favore se non ricordo male e se sta bene è capace di far muovere i 198 cm del croato nato a Medjugorje. Intanto osservo che gli otto giocatori piazzatisi nei quarti rappresentavano otto nazioni diverse. Purtroppo non c’è l’Italia… ma lo si sapeva.
Due parole sulle donne prima di andare a riposare qualche oretta. Le sconfitte di Pliskova, con Serena, e della campionessa in carica Stephens con Sevastova, spazzano anche le ultime due teste di serie top 10 dal novero delle possibili vincitrici. Viene da chiedersi, provocatoriamente dopo che anche a Wimbledon le prime top seeds erano sparite di scena ancor prima della conclusione della prima settimana: ma se le teste di serie nel tabellone femminile si abolissero e così chi capita capita? Beh è chiaro che si tratta di una boutade, perché il rischio che si possano affrontare al primo turno la n.1 e la n.2 del mondo, o anche la n.4, non avrebbe senso correrlo. Però dovete ammettere che davvero di leadership femminile non si può parlare, salvo che quando è in ballo la miglior Serena. E se questo torneo non venisse vinto da Serena ma da una delle altre tre, sarebbe la prima volta in 80 anni che gli Slam di due annate consecutive sarebbero vinti da 8 giocatrici diverse.