È solo un challenger, ma Ferrer torna campione

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È solo un challenger, ma Ferrer torna campione

Il valenciano batte Karlovic a Monterrey in una finale da 75 anni complessivi. Sarà uno degli ultimi successi della sua carriera, forse l’ultimo: il ritiro è lontano pochi mesi

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Dopo aver già salutato gli Slam a Flushing Meadows, col carico di emozioni che si conviene a un giocatore della sua levatura, David Ferrer si avvicina al ritiro dal tennis professionistico tornando a vincere un titolo. Non parliamo del circuito maggiore, in cui ‘Ferru’ non solleva un trofeo da più di un anno (luglio 2017 a Bastad), ma del circuito challenger in cui un alloro mancava addirittura dal lontanissimo 2002: si giocava ancora il torneo di Manerbio, scomparso proprio quest’anno, e un ventenne Ferrer appena entrato in top 100 batteva in finale il russo Kutsenko.

5887 giorni dopo, sul cemento di Monterrey, David Ferrer sconfigge Ivo Karlovic – un incrocio che fino a pochi mesi fa sarebbe stato quasi irrituale immaginare in un challenger – e aggiunge un piccolo trofeo a una bacheca che dal 2006 non è stata aggiornata solo in due stagioni, nel 2009 (due finali perse) e nel 2016 (nessuna finale raggiunta). Si tratta del sesto challenger vinto in carriera e del quinto trofeo sollevato in Messico dopo le quattro affermazioni ad Acapulco, un torneo certo di ben altro lignaggio – è un ATP 500 – che il valenciano ha saputo vincere sia sulla terra che dopo la conversione al cemento.

Ferrer, che tornava in campo dopo l’ultimo US Open della sua carriera, ha battuto Kokkinakis, Cid, Ofner e approfittato del ritiro di Escobedo in semifinale per arrivare a sfidare il croato in finale, dove i 75 anni complessivi in campo hanno eguagliato la ‘vecchiaia’ della sfida giocata lo scorso anno a Stoccarda da Federer e Haas. Non ha incontrato alcun top 100 sul suo cammino ma lo stesso spagnolo, che con questo successo guadagna 125 punti e 37 posizioni in classifica, al momento non è incluso tra i primi cento giocatori del mondo dopo averci passato più di sedici anni senza interruzioni. Vi era entrato il 22 luglio 2002 dopo la finale raggiunta a Umago, appena un mese prima del succitato titolo di Manerbio, e vi è uscito il 20 agosto 2018 dopo il 6-2 6-2 che Paire gli ha rifilato a Cincinnati.

Come il titolo di Manerbio era coinciso quasi esattamente con l’ingresso in top 100, così il successo di Monterrey può aiutarlo a farvi rientro un’ultima volta prima del ritiro che Ferrer ha previsto per la prossima primavera, a Barcellona o a Madrid. Da qualche ora Ferrer siede infatti alla posizione 109 del ranking a sole 64 lunghezze dal 100esimo posto occupato da Sonego. Il valenciano non è iscritto ad alcun torneo in programma questa settimana e nelle prossime due, quindi a meno di wild card non tornerà in campo prima di novembre. Dovesse davvero avere a cuore il ritorno in top 100 non gli mancheranno le occasioni anche nei primi mesi del 2019, e siamo pronti a scommettere che la classifica deficitaria non gli impedirà di partecipare a qualsiasi torneo sceglierà di disputare. Se c’è un giocatore a cui non c’è motivo di negare una wild card, questo giocatore è proprio David Ferrer.

GLI ALTRI CHALLENGER DELLA SETTIMANA – A corroborare il leitmotiv della settimana – giocatori di una certa esperienza sulla terra battuta con passaporto spagnolo – ci ha pensato Pablo Andujar imponendosi a Firenze vincendo semifinale e finale nella stessa giornata: in mattinata ha battuto Sonego, nel pomeriggio Trungelliti. Figlio dello stesso filone over 30 è il successo di Denis Istomin sul suolo kazako di Almaty, in finale contro il serbo Milojevic dopo quasi tre ore di lotta. Sia per Istomin che per Andujar si tratta del secondo challenger vinto in stagione.

Costituiscono invece un ponte verso il futuro i successi di Lloyd Harris e Christian Garin. Il sudafricano, classe 1997, si è fatto ‘austrialicida‘ sul finire del challenger statunitense di Stockton ($100,000), battendo in semifinale la prima testa di serie Thompson e in finale Polmans con un netto 6-2 6-2. È il secondo successo del 2018 (tre se si include anche il doppio) e gli permette di avvicinarsi ulteriormente alla top 100: adesso è n.111 e dalla California si è spostato in Connecticut, a Fairfield, per cercare punti utili al suo assalto. Che la sua crescita stia vivendo una decisa impennata è testimoniato anche dagli altri recenti risultati. Dopo la finale ad Aptos e il brillante superamento delle qualificazioni a New York, il sudafricano ha battuto Monfils a Chengdu e fatto soffrire parecchio il futuro vincitore del torneo Tomic. Se confermerà questo livello di gioco, lo vedremo presto e più stabilmente nel circuito maggiore.

Destino simile per il cileno Garin, classe 1996, che forse stimolato dal salto di qualità compiuto dal connazionale Jarry ha vinto sulla terra brasiliana di Campinas il secondo challenger della sua carriera. Ha battuto con grande autorità i due argentini Bagnis (in semifinale) e Delbonis (in finale) smarrendo appena nove game in due partite, avendo peraltro rischiato soltanto al primo turno contro il padrone di casa Clezar. Giocatore che si sente più a suo agio sulle superfici lente (sul cemento ha disputato 55 partite contro le 288 sulla terra), giocherà questa settimana a Santo Domingo con il nuovo best ranking di n.122.

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