L'apoteosi della banda Pietrangeli: "Noi a Santiago contro tutti" (Fava). Pietrangeli boccia la Davis (Avvenire)

Rassegna stampa

L’apoteosi della banda Pietrangeli: “Noi a Santiago contro tutti” (Fava). Pietrangeli boccia la Davis (Avvenire)

La rassegna stampa di giovedì 20 dicembre 2018

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L’apoteosi della banda Pietrangeli: “Noi a Santiago contro tutti” (Franco Fava, Corriere dello Sport)

«In tanti non volevamo che andassimo in a giocarci la finale in Cile per non fare un favore a Pinochet: eravamo terrorizzati di tornare a casa sconfitti, invece…». Nel 1976 Nicola Pietrangeli era il capitano azzurro della squadra che, con Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli, conquistò a Santiago del Cile la prima e unica Coppa Davis dell’Italia. Un momento storico del nostro sport che allora – come quattro anni dopo, in occasione del boicottaggio (a metà per gli azzurri) ai Giochi di Mosca 1980 – seppe affermare la propria indipendenza dalla politica. L’11 settembre di tre anni prima in Cile c’era stato il golpe militare di Pinochet e in Italia l’estrema sinistra chiedeva di boicottare la trasferta con slogan tipo «Non si giocano volée contro il boia Pinochet» e «Panatta milionario, Pinochet sanguinario». Anche Pietrangeli fu accusato di fascismo. Ma il Pci di Enrico Berlinguer non si mise di traverso. Tantomeno l’allora premier Giulio Andreotti, strenuo difensore dell’autonomia del Coni. «In realtà in Cile non se la passavano bene neanche sotto Salvador Allende – racconta oggi Pietrangeli – Ci accolsero benissimo, mai visto un pubblico così sportivo e facemmo bene a giocare: lo dimostra il fatto che oggi celebriamo ancora quel trionfo». Era il 17 dicembre di 42 anni fa quando Panatta e Bertolucci sconfissero nella seconda giornata la coppia Cornejo-Fillol per il 3-0 finale, che ci consegnò quella Coppa Davis che aveva diviso l’Italia. Classe 1933, Pietrangeli ricorda quell’impresa nel giorno in cui lo sport italiano gli assegna l’unico riconoscimento che ancora gli mancava, nella grande festa al Foro Italico, a due passi dal Centrale ora dedicato a lui. «Il Collare d’oro mi mancava, ne vado orgoglioso. Ma mi rode che quelli di Wimbledon non vogliono farmi socio perché lì non ho mai vinto. Mi accontenterei anche di una membership a tempo». Due vittorie al Roland Garros nel 1959 e 1960, l’anno in cui mancò la tripletta in un Grande Slam nel tempio del tennis con la sconfitta in semifinale contro Rod Laver. Sul palco della Casa delle Armi, davanti a tanti campioni di ieri e di oggi, Pietrangeli sfila con i suoi “ragazzi cileni”. «È stato un onore condividere quel periodo con compagni di squadra affiatati e un bravo capitano come Nicola», dice commosso Barazzutti. «Un privilegio giocare e vincere insieme qualcosa di così importante, peccato che c’era anche Nicola», lo stuzzica Panatta. Mentre Bertolucci ricorda quando iniziò sotto la guida del maestro Berardinelli a Formia: «In quegli anni ci allenavamo con Pietro Mennea e Sara Simeoni». Mentre nelle sale è arrivato il film “Santiago, Italia” di Nanni Moretti, che ripercorre la tragedia cilena, quella finale di Pietrangeli e c. è ancora per tanti un’icona, in bianco e nero, che oggi capitan Nicola colora di rosso. Quello insolito delle magliette indossate dai nostri in campo: «Fu un’idea di Adriano, mi disse che era un modo per protestare contro il regime cileno. In realtà quando arrivammo a Santiago non motivò mai quella scelta “politica”» […]


Pietrangeli boccia la Davis (Avvenire)

La “nuova” Coppa Davis è «una vergogna». Parola di Nicola Pietrangeli, capitano dell’Italia che vinse il celebre torneo per nazioni a Santiago del Cile nel 1976 […]. «La federazione internazionale si è svenduta perché andava a rotoli», dice Pietrangeli a margine della cerimonia dei Collari d’Oro. «È entrato questo signore, Piqué, che gioca benissimo a pallone ma non c’entra niente col tennis, ha portato molti soldi sul tavolo e l’ITF che contava sempre meno ha “sbracato”; anche perché i tornei dello Slam non hanno bisogno della federazione internazionale. Per me la Coppa Davis è una mamma e questa riforma è una cosa scandalosa, terribile».

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