La strategia vincente di Nadal sulla terra battuta

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La strategia vincente di Nadal sulla terra battuta

I numeri di O’Shannessy danno ragione alla posizione in risposta di Rafa

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Rafa Nadal - Roland Garros 2018 (foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)
 

Il vento di primavera porta con sé qualche granello rosso e i tennisti del Tour sono pronti a sporcarsi scarpe e calzini in maniera irreparabile. Gli amanti della terra battuta che tanto bene hanno fatto nella precedente stagione avvertono senz’altro la pressione dei punti da difendere, ma il momento, così a lungo atteso, li fa sentire anche leggeri e bramosi di riconfermarsi. Lontano da polvere e sudore, dai frammenti di feltro strappati a ogni impatto e dagli applausi della folla, il noto statistico Craig O’Shannessy ricorre ai numeri per spiegarci come quella delicata brezza primaverile spinga Rafa Nadal tanto lontano dalla linea di fondo quando l’avversario si appresta a servire.

Trattandosi dell’indiscusso numero uno della superficie, cerchiamo di capire che cosa (non) possiamo imparare da questa analisi. Secondo O’Shannessy, questa strategia porta al maiorchino dei piccoli benefici che, sommati, gli danno un grosso vantaggio che si traduce in quel gioco dominante in risposta. I dati raccolti provengono da un campionamento casuale di 20 degli incontri disputati da Rafa nelle ultime due stagioni sul rosso, con le due sole sconfitte a opera di Dominic Thiem (Roma 2017 e Madrid 2018).

Il primo vantaggio è abbastanza intuitivo: un maggior numero di risposte in campo. La velocità della palla è inferiore dalle parti dei teloni rispetto a quella in corrispondenza della linea di fondo. Inoltre, la palla sarà scesa mediamente all’altezza delle anche; Rafa trova così un punto di impatto più favorevole rispetto al ribattitore posizionato qualche metro più avanti che vede il kick avversario salirgli sopra la linea delle spalle. Un servizio che arriva a una velocità gestibile nella strike zone significa più risposte in campo e meno punti diretti per l’avversario.

Ma c’è un altro aspetto. Sebbene la palla si muova a velocità tutt’altro che relativistiche (a dispetto di quello che potrebbe percepire un giocatore di club trovandosi a rispondere a un servizio di Isner), il tennis ha quattro dimensioni: le tre spaziali e il tempo. Rispondere vicino o addirittura all’interno della linea di fondo toglie tempo all’avversario, ma richiede un movimento diverso, uno swing abbreviato, rispetto al normale colpo al rimbalzo perché il ribattitore stesso ha meno tempo. Nadal, invece, si rapporta al tempo in modo opposto, vale a dire creandolo per sé o, meglio, per i suoi colpi che può scatenare con l’abituale violenza.

Risposte in campo sul primo servizio
Nadal: 84,1%
Avversari: 79,4%

Risposte in campo sul secondo servizio
Nadal: 90%
Avversari: 85,2%

Rafa Nadal – Roland Garros 2018 (foto via Twitter, @rolandgarros)

Il secondo vantaggio è il maggior numero di punti vinti quando risponde. Pochi sono in grado di dare alla palla la stessa forza che le imprime Nadal e con la stessa continuità; da quella distanza, una risposta meno che violenta, esasperatamente arrotata e profonda significa lasciare completa iniziativa all’avversario e iniziare lo scambio con uno svantaggio difficilmente reversibile. Al contrario, la ribattuta di Rafa gli permette di riprendere campo già per il suo secondo colpo, cosa che raramente fanno (o riescono a fare) altri quando aspettano il servizio nei pressi dei giudici di linea. In questo modo, il maggior numero di risposte valide si traduce anche in più punti vinti rispetto agli avversari.

Punti vinti in risposta al primo servizio
Nadal: 44,7%
Avversari: 31,1%

Punti vinti in risposta al secondo servizio
Nadal: 52,4%
Avversari: 33,2%

A questo punto, O’Shannessy si pone due domande. La prima (e ovvia) è se Nadal vanterebbe tali percentuali anche adottando una posizione più avanzata, “tradizionale”. La risposta di Craig sembra un po’ meno efficace di quella di Rafa: “Probabilmente no”. A dirla tutta, infatti, l’ideale sarebbe un raffronto non con gli avversari, bensì con un sé stesso che risponde “bloccato” vicino al campo; una versione dello spagnolo che non esiste. I numeri danno senza dubbio ragione al campione di Manacor, ma quanto ciò dipenda dalla strategia scelta e quanto dal valore di Rafa rispetto agli avversari resta in parte vago e ambivalente.

La seconda domanda è se, viceversa, gli avversari dovrebbero allontanarsi dal rettangolo di gioco come fa Nadal. Per O’Shannessy, non è consigliabile; infatti, sarebbe un po’ come imitare il suo drittone assassino “solo” perché risulta il più efficace sulla terra battuta: una tecnica che funziona perfettamente per qualcuno non necessariamente è adatta agli altri tennisti.

In conclusione, il nostro giocatore di club (un altro: quello che rispondeva a Isner ha voluto tentare una SABR) cosa può fare? Semplicemente, scoprire sul campo la strategia più redditizia per le sue caratteristiche ricordandosi, nel caso voglia passare ore a rispondere catenate dalla recinzione, di presentarsi fisicamente attrezzato per evitare guai. E di essere pronto a correre in avanti perché, probabilmente, il secondo servizio del suo avversario salta meno di quello di Thiem.

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