Secondo Mouratoglou, solo arroganza e maleducazione possono salvare il tennis

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Secondo Mouratoglou, solo arroganza e maleducazione possono salvare il tennis

Sbagliati anche hawk-eye e codice di condotta che non danno modo di scatenare gli impulsi peggiori

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Serena Williams - US Open 2018 (foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)
 

Ci sono coach che non si discutono per i risultati raggiunti, ma che, quando parlano in libertà, hanno talvolta uscite almeno discutibili. Dopo le scuse di tío Toni a Rafa (nella speranza che fossero dirette anche ai colleghi del nipote e agli appassionati), tocca a Patrick Mouratoglou, che in una lunga intervista esclusiva ma non certo elusiva a Metro, rivela il male principale che affligge il tennis e che lo porterà alla tomba se non si interviene radicalmente al più presto. Le basi del Mouratoglou-pensiero affondano negli anni ’80, ma non nell’hair metal o nelle giacche con le spalline e sicuramente ben lontano dallo spirito del Live Aid, bensì nelle sveglie alle tre di notte per vedere Mike Tyson che “ammazzava quell’altro al primo round”. Secondo Patrick, il tennis è rimasto indietro rispetto ad altri sport, fuori dalla realtà, e perciò lui sta cercando di convincere gli organi che lo governano a tentare di cambiare prima che sia troppo tardi.

A differenza dei tanti preoccupati dalla fine dell’era dei fab four (o big 3?), tuttavia, per Mouratoglou il problema risiede altrove, nelle cifre. “Se guardi le cifre, l’età media degli appassionati è di 62 anni. Ovviamente, il modo in cui il tennis è gestito nel mondo non è quello giusto perché non siamo attraenti per i giovani” spiega. “Siamo attraenti per i vecchi e forse neanche per loro”. Per lui, i soli fan sono quelli che hanno iniziato a seguire lo sport negli anni ’70 e ’80. E aggiunge: “Dieci anni fa, l’età media era 52. Adesso è 62. Tra dieci anni sarà 72”. Patrick non dice se la fonte delle sue cifre è un post-it scritto da lui stesso insieme alla lista della spesa o il frutto di una ricerca con tutti i crismi; nondimeno, questa obiezione è invero priva di senso perché nella realtà attuale non c’è alcuna differenza di peso tra le due fonti. E, parlando di realtà, “è il momento di capire che la tradizione è fantastica ma, se a causa della tradizione e solo per la tradizione perdi tutti quanti, è meno fantastica e allora devi mantenere un po’ di tradizione, sicuramente, ma devi anche vivere nel tuo secolo”.

Proseguendo con le cifre, dice che una ragazza che conosce non è per nulla appassionata di tennis. “Però” ed ecco che arriva, “l’unica cosa che le piace è Nick Kyrgios. È lo stesso per tutti. Perché? Perché Kyrgios dà alla gente quello che il tennis non le dà. Semplice”. Nel caso ci fossero dubbi, non parla dell’interesse per Nick suscitato dall’efficace meccanica del suo servizio, ma di “lasciare che ogni giocatore esprima se stesso”. Fuor di perifrasi, che gli sia permesso di mostrare il peggio di sé, perché “se non sappiamo chi è chi perché tutti si comportano bene, è noioso”. La rivelazione di Mouratoglou è che, se costringi qualcuno che non ama il tennis a guardarlo, lo trova noioso. La soluzione che propone è quella “calcistica”, per cui la gente va al bar a discutere se era rigore. “C’è polemica e abbiamo bisogno di questo. Altrimenti è scialbo”.

Racchetta rotta, Serena Williams – US Open 2018 (foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)

A proposito di polemica, non può rispondere alla domanda se la crisi di nervi di Serena Williams nella finale dello US Open abbia fatto bene al tennis; ridendo, però, dice: “Sapete la risposta”. Se ne faccia una ragione Naomi Osaka, che non ha potuto gioire del suo primo trionfo Slam sacrificata sull’altare dell’arroganza in nome dell’esposizione mediatica.

Non è certo un caso che, sul proprio profilo Instagram, Mouratoglou abbia postato l’esultanza vagamente smodata di Yulia Putintseva, che ha salvato tre match point contro Katie Boulter per dare al Kazakistan il punto dell’1-1 nel tie di Fed Cup contro la Gran Bretagna. Fantastico. Sì, l’avversaria è classificata una cinquantina di posizioni più indietro e quello sarebbe stato il solo punto vinto dalle kazake, ma ciò che conta, come scrive, è che puoi scegliere se amarla oppure odiarla, ma di certo questa manifestazione non ti lascerà indifferente. Questo è il motivo per cui amiamo il nostro sport”. Per fortuna (ma dipende dai punti di vista), le dita che Yulia ha alzato verso il pubblico erano gli indici.

Ma, nella pratica, cosa andrebbe cambiato? Oltre a voler introdurre il coaching in campo come già avviene nei tornei WTA, Patrick non vede di buon… occhio hawk-eye, la verifica elettronica delle chiamate. “Vogliamo litigare perché la palla era dentro e – in quanto fan – sono deluso perché il mio giocatore ha perso per colpa di quell’arbitro terribile, così ho qualcosa di cui parlare con gli amici e allora c’è polemica”. È questo, secondo lui, l’unico modo di avvicinare al tennis nuove persone, perché sono pochissime quelle che lo guardano perché lo amano. In quest’ottica, anche il codice di comportamento, la parte delle regole che sanziona abusi di palla, di racchetta, verbali, eccetera, “è un errore, un grosso errore”.

Torna quindi il concetto che, permettendo ai giocatori qualsiasi intemperanza, “gli spettatori inizieranno a conoscerli, ad amarli o detestarli” ed è l’unico modo per farli tifare. Quello che pare voler dire è che, in un’epoca in cui la fetta più giovane della popolazione (quantomeno la parte di quella fetta che si mette in mostra) passa il tempo a sfogare le proprie frustrazioni e a insultarsi sui social, l’immagine che il tennis dà di sé non offre alcuna attrattiva, come dimostra il suo campione di studi – la ragazzina a cui fa schifo il tennis ma apprezza Kyrgios. Inoltre, non c’è spazio per il tennis neanche nei più maturi (?) litigi del bar sport. Secondo Mouratoglou, in definitiva, ci si appassiona solo quando si vedono maleducazione, mancanza di rispetto, impunite violazioni delle regole da parte dei più forti. Questo bisogna dare alla gente. Il tennis, un’isola a testimoniarci che “un altro mondo è possibile”, deve essere deve essere ricondotto alla normale inciviltà dei nostri tempi.

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