Foro Italico, martedì 14 maggio, ore 11.30. La fila per il Granstand è già abbastanza lunga. Quello che abbiamo davanti a noi è un nuovo gioco di tubi innocenti; le tribune sono coperte da certe tavole in legno dal colpo d’occhio persino gradevole. Ok, forse quest’anno va meglio, ma torniamo in fila. La sessione diurna è iniziata da poco più di mezz’ora quindi la speranza è che al prossimo cambio di campo si riesca ad entrare facilmente nel settore riservato ai possessori di biglietto per il centrale. L’annuncio però ci spiazza: “Non ci sono più posti liberi per chi ha il biglietto del centrale. Se volete, potete recarvi alle casse e fare un’integrazione per garantirvi un posto sul Granstand”. Già ci chiedono altri soldi, bene.
A chi ha frequentato abitualmente il Foro (e intorno a noi sembrano essere in pochi) la notizia puzza, ma non si demorde e si decide di aspettare. Al primo cambio di campo dalle tribune scendono, per guadagnare l’uscita, almeno una cinquantina di ragazzi. Anche questo sorprende, ma almeno si entra. Troviamo un posto abbastanza in alto ma pazienza, la partita è bella: Wawrinka contro Goffin, ci sarà persino un siparietto con uno spettatore colto da un malore ma abbastanza arzillo da rifiutare di lasciare lo stadio.
“Ma non lo so… sono a vedere questa cosa del tennis”, si può udire a breve distanza; “Mi ha scritto – ‘nome generico’ – su Whatsapp”. Alle nostre spalle quella che sembra una scolaresca parla e ridacchia come se in classe non ci fosse il professore. Ecco che si spiega quella fila di ragazzini uscita dopo appena tre game. La giornata, insomma, non promette bene.
Nonostante tutto si decide di rimanere. Meglio Wawrinka che una brutta Sabalenka sul centrale. Tanto poi ci sono Kyrgios e Berrettini, la giornata è ancora lunga. L’impressione pessima però rimane, nonostante la passione di chi vive questo posto (ex?) magico sia talmente grande da superare tutto. Chi viene a vedere il tennis è quasi disperato. Si gira intorno alla ricerca di una faccia amica ma purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, la trova sempre più raramente. Qualcuno che conosca i precedenti tra i tennisti in campo, uno storico di risultati, una qualsiasi peculiarità di chi sta colpendo dritti e rovesci davanti ai suoi occhi. Insomma, una voce amica. Perché, paradossalmente, ce n’è bisogno. Si arriva al Foro con la certezza di essere tutti figli della stessa madre ma poi si esce con la consapevolezza di essersi imbruttiti spalla a spalla con chi segue un quindici su tre.
Le premesse della vigilia, inoltre, non erano nemmeno buone. Un martedì senza big probabilmente in un 1000 non si è quasi mai visto. Ci sono le richieste dei giocatori, per carità, ma il pubblico ha pagato. Oppure quelli del martedì, dopo l’aumento di prezzi del 100% del mercoledì, sono diventati spettatori di Serie B? Ma ci ha pensato Giove Pluvio, o la legge di Murphy, vedete un po’ voi.
Il programma del Centrale, ad ogni modo, rispecchia le aspettative. Kyrgios gioca una gran partita contro Medvedev e Berrettini regala una gioia a tutto il pubblico. Il resto lo fa un sole generoso e la consapevolezza che le giornate di tennis, nella vita della maggior parte dei presenti, siano sempre e solo una parte infinitesimale. Quindi pazienza se i prezzi dei panini, delle pizzette, dei gelati, e dell’acqua sfiorano la follia. A quelli si ci è fatto il callo.
Si sta sempre più stretti però, e bisognerebbe iniziare a pensare a una limitazione sui biglietti Ground che in realtà non sono altro che un biglietto sul “Pietrangeli”. Ma quasi sicuramente chi organizza lo sa già. E non è minimamente auspicabile che accada. Dopo tutto, comanda sempre il dio denaro. Magari siamo nostalgici nel sognare ancora un Foro Italico a portata d’uomo. Ma, con il rischio di essere ripetitivi, la magia di Roma è anche la sua unicità. Nel giro di cinquanta metri si possono vedere Tsitsipas, Shapovalov, Verdasco, Khachanov, del Potro e Cuevas (dimenticandone qualcuno di certo). In fondo ci piace così, ma ogni anno è sempre più una battaglia persa in partenza.