Super Federer serve la top-10 a Fognini (Scanagatta). La doppia vittoria di Roger il predestinato (Clerici). Il regalo di Roger (Crivelli). Roger vince, Fabio n. 10 (Azzolini). Federer e Nadal, è terra rovente (Grilli). Doppia sorpresa. Avanti Konta e Vondrousova (Grilli)

Rassegna stampa

Super Federer serve la top-10 a Fognini (Scanagatta). La doppia vittoria di Roger il predestinato (Clerici). Il regalo di Roger (Crivelli). Roger vince, Fabio n. 10 (Azzolini). Federer e Nadal, è terra rovente (Grilli). Doppia sorpresa. Avanti Konta e Vondrousova (Grilli)

La rassegna stampa di mercoledì 5 giugno 2019

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Super Federer serve la top-10 a Fognini (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

«Sono contento della scelta che ho fatto, di essere tornato al Roland Garros dopo 4 anni di assenza, di essere in semifinale, fra i 4 migliori del torneo, e di poter affrontare ancora Rafa Nadal». Così parlò Roger Federer dopo aver battuto nello… Swiss Open l’amico e rivale di 26 battaglie Stan Wawrinka. C’è riuscito, 76(4) 46 76(5) 64 dopo 3 ore e 35 minuti di un match di grande livello fra un quasi trentottenne e un trentaquattrenne, vecchietti certamente smemorati riguardo al certificato anagrafico. Gran bella partita che Roger ha contribuito non poco a complicarsi trasformando soltanto due palle break su 18 e arrivando masochisticamente a commettere due doppi falli nel game in cui serviva per il match sul 5-4, subito dopo aver strappato la battuta a Wawrinka sul 4 pari. Uno perfino su un matchpoint. Ma gli ultimi due punti, dopo che Wawrinka aveva conquistato una pallabreak annullata con una volee smorzata di rovescio fortunata, Roger li ha vinti venendo a rete. Decisivi probabilmente i due tiebreak vinti da Svizzera Uno, in particolare quello che ha deciso il terzo set principalmente grazie ad una miracolosa volee di rovescio in tuffo con piroetta di Federer. Erano le 19 quando Roger ha messo a segno la volee decisiva. Lì Fabio Fognini ha avuto la matematica certezza che lunedì sarà finalmente top 10, primo italiano in 40 anni. Primo dopo Barazzutti che lo fu per l’ultima volta nel gennaio 1979. Un sogno che si realizza, anche se poi la differenza tra 10 e 11 non è poi così tanta, giusto un centinaio di punti Atp in più o in meno. Mentre Federer aveva lottato oltre tre ore e mezzo, nell’altro quarto di finale della metà bassa del tabellone, Nadal aveva dominato Nishikori 61 61 63 in meno di due ore. Roger e Rafa hanno perso un solo set in 5 incontri. Le due leggende del terzo millennio si affronteranno per la 39esima sfida in semifinale. Rafa ne ha vinte 23, Roger 15. Ma sui campi rossi stanno 11-2. Le sole vittorie “rosse” di Roger risalgono a 12 e 10 anni fa: Amburgo 2007 e Madrid 2009, finali entrambe.

La doppia vittoria di Roger il predestinato (Gianni Clerici, La Repubblica)

Un vecchio amico, e lettore, mi ha fatto notare, durante il match di Federer, che non tengo mai per il favorito, in questo caso lo stesso Federer. Gli ho fatto notare a mia volta che, da quando ho abbandonato il calcio per essere stato aggredito dai tifosi dell’Atalanta, che credevano fossi romano, nonostante il distintivo del quinto Alpini, ho tentato di essere il più imparziale degli imparziali. Nonostante ciò, ho sentito dentro di me che essere del tutto neutrale è impossibile. Ho tenuto a battesimo Roger Federer da quando a Milano vinse un torneo nel 2001, probabilmente perché avevo scritto che sarebbe diventato il primo del mondo, e dunque non volevo sbagliarmi. C’era anche, in una parte di me stesso, una nonna svizzera, giusto come Roger. Oggi ho seguito l’incontro senza tenere per nessuno dei due, Federer o Wawrinka, ma, via via che il match si svolgeva, ho faticato a non identificarmi dapprima con Roger, che ritornava sulla terra, la sua superficie meno amata, poi con Wawrinka, che a sua volta rifiutava la superiorità di Federer, su un fondo a lui molto adatto. In simile vicenda sono entrati alla fine anche gli Dei, che non desideravano che Roger vincesse una partita quasi vinta, decidendo di sommergere di pioggia il Centrale del Roland Garros, dedicato al mio caro amico e partner di doppio Philippe Chatrier. A due set a uno, e tre pari, quando il francese Pierre Bacchi è intervenuto per scongiurare il sicuro temporale, mi son detto che iniziava probabilmente una seconda partita, dopo che la prima si era praticamente conclusa in favore di Roger. C’è voluta la sua sedicesima palla break su un totale di diciotto perché, al microfono di Pioline, confermasse che il match era stato duro, com’era parso anche a me, e che «la forza di Stan è stata di riuscire a salvarsi, sempre». Generoso ma impreciso. Infatti l’aveva battuto. E ora atteso dalla semifinale contro Nadal.

Il regalo di Roger (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

E’ la mano di dio che addomestica il passante di dritto di Stan e con una volée di rovescio che spezzerebbe le vertebre a qualunque mortale deposita oltre la rete un confetto imprendibile. E la mano del cielo, sempre benevolo con il figlio prediletto, a invelenire un’altra volée di rovescio spedendola beffarda e irraggiungibile nel campo dell’altro svizzero. Con il primo punto, Federer ottiene il minibreak iniziale che indirizza dalla sua parte il tie break del terzo set; con il secondo, annulla una palla break sanguinosa nel decimo game del quarto set, che restituirebbe vita a Wawrinka dopo un match point già sprecato dal Divino. E così, quattro anni dopo l’ultima apparizione parigina, guarda caso segnata da una sconfitta contro Stanimal, e sette anni dopo l’ultima semifinale, Roger si prende la più dolce delle rivincite e si riscopre di nuovo tra i migliori quattro nel tempio della terra. Facendo felice pure l’Italia, e non solo per i milioni di tifosi che ha anche qui: fermando la corsa di The Man, regala infatti a Fognini uno storico posto nella top ten. C’è gloria per tutti, insomma, al culmine di una partita intensa e a tratti feroce, a cui non nuoce neppure la pausa di un’ora per un nubifragio improvviso. Wawrinka, reduce dalle fatiche dei turni precedenti e dalle oltre cinque ore con Tsitsipas, spinge costantemente per accorciarne gli scambi e dunque Roger deve affidarsi al genio e alla fantasia per non essere schiacciato dall’aggressione, scendendo a rete sessanta volte. Potrebbe chiuderla prima, il Maestro, se sfruttasse al meglio le palle break che si procura a grappoli, ben diciotto: alla fine saranno appena due. Però basteranno per un’apoteosi inattesa: «Sono molto felice, dopo tanto tempo che mancavo dal Roland Garros sono andato oltre le mie aspettative». Soprattutto, camminando sulle acque insidiose della superficie per lui meno nobile, aggiunge un’altra pagina alla leggenda sua, del prossimo avversario e dello sport: venerdì infatti ritroverà Nadal, il re di questo palazzo. Il libro dei sogni si arricchirà del trentanovesimo capitolo (23-15 per lo spagnolo), e immaginarlo solo due anni fa, quando entrambi si erano appena rialzati dal letto di dolore con tanti dubbi e un futuro di ombre, oggi appare romanzesco. Federer ha vinto gli ultimi sei confronti diretti (con un ritiro), ma sulla terra non ci gioca da Roma 2013 e soprattutto è sotto 11-2 nei precedenti, con le uniche vittorie datate 2007 a Amburgo e 2009 a Madrid. A Parigi, il bilancio è cinque vittorie a zero per Rafa (quattro finali e una semifinale). Eppure non possono essere gli aridi numeri a togliere cuore, passione e aura mitologica a una delle più grandi rivalità della storia: «Quando ho deciso di tornare a giocare il Roland Garros – confessa Roger – l’ho fatto anche perché desideravo di nuovo un’opportunità per affrontarlo su questi campi». Consapevole, insieme al nemico più amato, di aver costruito una leggenda che non morirà mai: «Quando ti trovi di fronte Roger – gli replica l’altro – sai che il livello che hai tenuto nelle altre partite non basterà e dovrai migliorare ancora. Io sinceramente non credo sia tornato per me, ma perché sente di essere ancora un giocatore molto competitivo anche sulla terra. Sarà una bella sfida». […]

Roger vince, Fabio n. 10 (Daniele Azzolini, Tuttosport)

In certe occasioni i canoni dell’investitura risultano fondamentali. Valgono da soli più del messaggio di cui sono portatori, e più solenne è il contesto, più alto risuona il tributo a chi è stato chiamato al soglio di una nuova vita. E dite, esiste nel nostro tennis momento più alto di un ingresso tra i primi 10 su espresso invito del Più Grande fra tutti? È il giorno di Roger Federer e di una delle sue vittorie più importanti. Ed è il giorno di Fabio Fognini, finalmente Top Ten proprio grazie al successo di Roger su Stan Wawrinka. Cinicamente festeggiamo anche noi italiani, senza farsi turbare dalla mestizia del volto costernato di Stanimal, ancora una volta assoggettato alla dura legge del “tennis interrrptus” cui Federer lo sottopone da 15 anni con perfido piacere. Fognini è decimo, a 32 anni, la sua rincorsa è finita, ed è stata lunga un’intera carriera. L’unico che potesse ricacciarlo indietro era proprio Stan the Man, che avrebbe dovuto battere ieri Roger, poi Nadal e infine Djokovic. Ma dalla sua il Fogna aveva Federer e scusate se è poco. Sono trascorsi 41 anni dall’ultima italica presenza nel Club dei Più Forti, firmata da Barazzutti chevi entrò il 12 luglio 1978 (nono, poi settimo il 21 agosto) per uscirne a inizio 1979. È un momento storico, per il nostro tennis e per Fabio. il coronamento di una vicenda personale tesa alla riscoperta della parte migliore di sé, che Fognini ha condotto con rinnovata energia al centro di una stagione che stentava a decollare, ma che d’improvviso si è diradata da ogni nuvola, mostrando al mondo le doti di un atleta dal talento tempestato di preziose gemme. Numero 13 a inizio anno, poi 18, ma dopo il Masters 1000 vinto a Montecarlo di nuovo al best ranking.12. Un passo avanti (11) dopo Madrid, l’aggancio alla Top Ten nel Roland Garros, giunto il giorno dopo la sconfitta negli ottavi contro Sascha Zverev. Un incanto di match, quello fra Federer e Wawrinka. Condotto su quel sottilissimo confine che divide la realtà dalla fantasia, in una dovizia di colpi così spettacolari che in questo torneo così aspro, poche volte si erano visti. Wawrinka è Stan the Man, l’uomo che ce la mette tutta, ha la maglia madida di sudore che gli si appiccica alle forme non del tutto atletiche. Ma Federer il Più Grande, ha una risposta a tutto. Ribatte colpo su colpo le poderose legnate dell’amico, sparge per il campo le sue prodezze, e sono smorzate che non ti aspetti, recuperi portentosi, cambi improvvisi di marcia, attacchi in controtempo. Non suda lui. Ed è fantascienza, in una giornata cupa e afosa, da 29 gradi senza sole. Giocano talmente bene, i due, da rendere invidiose le divinità del tennis. […]

Federer e Nadal, è terra rovente (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

In quella volée di rovescio in allungo, a ribattere al di là della rete un dritto al fulmicotone di Wawrinka, c’era tutta la voglia di un uomo di quasi 38 anni di sovvertire le leggi del tempo, di confermarsi – per un giorno, un mese, un anno chissà – immortale, come tutti noi vorremmo che si mantenesse. Con quella prodezza aerea Roger Federer ha costruito il successo nel delicatissimo tiebreak del terzo set, decisivo per ottenere alla fine una vittoria molto sofferra contro l’amico Stan (3 ore e 35 minuti di battaglia, più un’altra ora di interruzione per l’acquazzone abbattutosi sul Roland Garros) e tornare dopo sette anni in semifinale al Roland Garros. Che il grande svizzero tenesse tanto a questo traguardo, lo si è capito quando lo abbiamo visto tentennare quando ha servito sul 5-4 del quarto set. Una palla valutata male e lasciata cadere ben prima della riga di fondo, due doppi falli (lui che non ne aveva ancora commessi) di cui uno sul secondo match ball. Alla fine ce l’ha fatta a vincere, con un’altra volée, questa volta di dritto, ed ora lo immaginiamo benedire i due giorni di riposo che lo separano dallo scontro di venerdì contro Nadal, il re indiscusso della terra battuta, il campione che – Federer lo tenga a mente – quando è arrivato alle semifinali di Parigi ha poi sempre vinto il torneo, ed è successo 11 volte. E che ieri (alla sua 91″ vittoria nel torneo su 93 partite giocate…) ha tritato senza pietà il povero Nishikori. Il derby svizzero di ieri è stato a tratti molto bello: da una parte un Wawrinka in gran forma apparso molto simile a quel giocatore che nel 2015 vinse a Parigi battendo proprio Federer nei quarti e poi Djokovic in finale. Un atleta che solo undici mesi fa era precipitato, dopo l’intervento al ginocchio sinistro, al 263° posto della classifica e che sembra pienamente ritrovato per il grande tennis (lunedì sarà 190). Dall’altra un Federer a corrente alternata, apparso per due set e mezzo troppe volte in balia del suo avversario. Poco incisivo al servizio e sprecone nelle palle break (ne ha sfruttate solo 2 su 18), Roger si è scosso a metà del terzo, e dopo il successo per 7-6 ha vinto la quarta partita capitalizzando un break al nono gioco. Da parte sua, Nadal ha maramaldeggiato contro Nishikori – reduce, bisogna ricordarlo, da due maratone vinte al quinto set contro Lajovic e Paire – dominando dal primo all’ultimo dei 151 minuti di gioco. Venerdì Fereder e Nadal si ritroveranno di fronte per la 39* volta (lo spagnolo è in vantaggio 23.15, 4-0 sulla terra parigina), 14 anni dopo la loro prima volta al Roland Garros. Spolverate il divano, lo spettacolo sta per (ri)cominciare.

Doppia sorpresa. Avanti Konta e Vondrousova (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

Johanna pensava di non poter vincere sulla terra battuta, Marketa da bambina sognava dl diventare una stella del calcio. Nell’ormai impronosticabile universo del tennis femminile, non è sorprendente trovare nella semifinale di uno Slam due outsider, anche se con caratteristiche diverse. Johanna Konta, ventottenne inglese (nata in Australia da genitori ungheresi), ha dominato per la terza volta in tre sfide l’americana Stephens, finalista a Parigi un anno fa. Un giusto riconoscimento per un’atleta già semifinalista In Australia nel 2018 e a Wimbledon nel 2017, che dopo una stagione deludente ha ritrovato la grinta e i colpi che le appartengono (attualmente è 28a, ma con questa semifinale è sicura di risalire almeno fino al 17° posto). Strano semmai che ci sia riuscita sulla terra: fino a quest’anno aveva vinto in carriera solo 7 patite su questa superficie, nel 2019 è stata finalista a Rabat e Roma, prima di volare a Parigi (dove non aveva mai vinto un match). Una predestlnata è sicuramente Marketa Vondrousova, talentuosa mancina diciannovenne della Repubblica Ceca, che ha annullano tre set ball nel primo set per poi tenere a freno le sue paure e disinnescare il gioco della Martic, che quest’anno aveva vinto più partite di tutte sulla terra. Eppure da bambina Marketa si divertiva nella sua Sokolov solo giocando a pallone. A 12 anni però una pallonata le ruppe il naso e allora lei decise dl cambiare sport, dimostrando subito di possedere una mano mancina capace di giocate incantevoli. Forse il calcio ha perso un bravo terzino, il tennis però ha trovato una probabile campionessa.

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