Pechino, il Premier migliore dell'anno

Al femminile

Pechino, il Premier migliore dell’anno

Naomi Osaka, Ashleigh Barty e Bianca Andreescu sono state le maggiori protagoniste di un torneo di qualità superiore

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Naomi Osaka e Bianca Andreescu - Pechino 2019
 

Il Premier Mandatory di Pechino è stato uno dei picchi della attuale stagione WTA; probabilmente il torneo più interessante, divertente, ben giocato del 2019 dopo gli Australian Open. A mio avviso solo il primo Slam dell’anno ha offerto più emozioni e un numero superiore di match di qualità. Insomma, davvero un China Open da ricordare.

Ragionavo su come trattarlo in questo appuntamento del martedì, e mi sono reso conto che più che un articolo ci sarebbe voluto un ipertesto, per via dei tanti argomenti che sono emersi, delle molte giocatrici degne di nota, e degli incroci che si sono creati fra tutto ciò. La vittoria di Osaka, la caccia al primato in classifica da parte di Barty e Pliskova, le prestazioni di Andreescu, il “ritorno” di Wozniacki, i match di Kvitova, Bertens e Bencic alla ricerca dei punti decisivi per il Masters… Siccome occuparsi di tutto, intrecciando i diversi argomenti fra loro non è possibile, dovrò rassegnarmi a un drastico taglio dei temi, limitandomi alle tre principali protagoniste: Osaka, Barty e Andreescu.

Ma prima di parlare di loro, un paio di brevi ragionamenti introduttivi sono quasi obbligatori. Il primo sull’età delle protagoniste: Barty è nata nel 1996, Osaka nel 1997, Andreescu nel 2000. Con uno slogan non molto originale si potrebbe sostenere che “in WTA il futuro è oggi”. Stiamo cioè parlando di giovani o giovanissime, che sono state in grado di offrire non solo un tennis di alto livello, ma anche stili di gioco differenti. E i contrasti di stile normalmente favoriscono lo spettacolo.

In più ci sono aspetti meno strettamente tecnici che comunque non sono irrilevanti; mi riferisco alle diverse personalità delle tre giocatrici, che producono partite con alchimie psicologiche differenti. Insomma, se fossi l’attuale CEO di WTA Steve Simon, guarderei alle prossime stagioni con più ottimismo rispetto a qualche tempo fa; sempre sperando che la salute assista le tenniste di riferimento.

Secondo ragionamento. A Pechino abbiamo assistito a qualcosa che accade molto raramente: un match “qualsiasi”, un quarto di finale di un torneo non-Slam, è diventato un evento. Atteso e seguito come raramente capita. Ed è diventato un evento senza che ci fosse una costruzione mediatica a tavolino, ma per una serie di ragioni oggettive. “Osaka vs. Andreescu” vedeva fronteggiarsi due giocatrici capaci di attirare l’attenzione del pubblico grazie ai recenti successi, ma anche grazie ad alcuni traguardi curiosamente in comune. Entrambe con strisce di imbattibilità in corso, e con palmarès personali in parte sovrapponibili: per tutte e due la vittoria a sorpresa a Indian Wells e poi il successo agli US Open; e per entrambe il sovrappiù della finale vinta contro una leggenda come Serena Williams.

Questi erano gli antefatti, ma l’aspetto più importante è che quanto la vigilia aveva promesso è stato poi effettivamente mantenuto dal match, che si è rivelato uno dei migliori della stagione. E saper offrire un grande spettacolo dopo una grande attesa è un pregio non da poco per chi organizza spettacoli sportivi.

a pagina 2: Ashleigh Barty

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