L’articolo che segue, a firma del direttore Scanagatta, è stato pubblicato questa mattina su La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno
Matteo Berrettini è sceso in campo ieri sera nel Masters 1000 di Parigi-Bercy contro Jo-Wilfried Tsonga con il cuore che batteva a mille. Inevitabilmente. Nel pomeriggio dell’ultimo torneo prima del Masters dei Magnifici otto di fine anno, i suoi più incalzanti inseguitori per un posto alle finali ATP, lo spagnolo Bautista Agut che era n.9 nella Race to London a 160 punti ATP e il belga David Goffin che era decimo a 335, erano stati eliminati: 7-6 7-6 il primo dall’australiano de Minaur, 7-5 6-3 il secondo da Dimitrov.
Altri tre tennisti assai più distaccati ma ancora con qualche chance di qualificazioni, Fognini (KO con Shapovalov 3-6 6-3 6-3, e racchetta frantumata), Schwartzman sconfitto in due set da Edmund e Isner (battuto da Garin 7-6 7-6) avevano dovuto abbandonare anch’essi ogni speranza. A quel punto il rivale più vicino (a 230 punti) era diventato Gael Monfils, il francese che Matteo aveva superato al quinto set nei quarti all’US Open e che ieri pomeriggio battendo Paire 6-4 7-6 aveva raggiunto gli ottavi, dove troverà oggi il non irresistibile moldavo Radu Albot.
Così Berrettini sapeva che se lui fosse riuscito a battere Tsonga, Monfils avrebbe dovuto raggiungere addirittura la finale, pur trovandosi nella stessa metà tabellone di Nadal, oltre che di Tsonga e Berrettini. Insomma più fatta di così… Matteo sapeva che se invece lui avesse perso con Tsonga, beh Monfils non avrebbe potuto limitarsi a battere Albot, ma avrebbe poi dovuto superare anche il vincente del duello di ottavi fra Zverev e Shapovalov e raggiungere le semifinali. Traguardo non facile ma più raggiungibile.
Potete immaginare la grande pressione dell’azzurro, con tutto il Palais du Sport de Bercy schierato a favore di Tsonga: l’idolo locale, ex numero 5 del mondo (2012) e oggi a 34 anni numero 35 dopo un lungo infortunio, si era mostrato in gran progresso di forma battendo al primo turno Rublev, 4-6 7-5 6-4. Ma intanto Matteo sapeva anche che, comunque andasse la storia delle finali ATP, a fine anno sarà sicuramente top 10, come nessun italiano più da Barazzutti, numero 10 nel 1978, 41 anni fa. Non c’è un solo scenario che lo metterebbe fuori dai primi dieci giocatori del mondo. Anche nella peggiore delle ipotesi (trionfo di Wawrinka o de Minaur a Bercy e contemporanea semifinale di Monfils) Matteo chiuderebbe comunque la stagione in top 10. Come dire che per Matteo questa sarà comunque un’annata straordinaria, fantastica, storica.