Kenin e Muguruza: sorprese, rinascite e incognite dell'ultimo Slam - Pagina 2 di 4

Al femminile

Kenin e Muguruza: sorprese, rinascite e incognite dell’ultimo Slam

Doveva essere l’Australian Open di Williams, Osaka o Barty e invece la finale di Melbourne ha proposto due protagoniste inattese

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Garbiñe Muguruza e Sofia Kenin - Australian Open 2020
 

Negli impegni di Muguruza in semifinale e finale a Melbourne, abbiamo potuto rivedere tutto ciò che l’ha portata in alto, ma anche, in parte, ciò che l’ha mandata in crisi nel recente passato. Contro Simona Halep, in una giornata di caldo al limite della sopportazione, ha ingaggiato una lotta punto a punto, e quando ha attraversato fasi di difficoltà si è affidata a scelte coraggiose: tante discese a rete, tanti punti di volo, e un servizio convinto ed efficace, che le ha permesso di cavarsi di impaccio in molti frangenti. A fine match i punti giocati a rete da Muguruza sono stati 30 (20 vinti); quelli di Halep appena 5 (2 vinti).

La partita tra Halep e Muguruza (terminata 7-6(8) 7-5) ha visto fronteggiarsi due interpretazioni di gioco piuttosto differenti: al tennis di pressione verticale di Garbiñe si contrapponeva la qualità manovriera orizzontale di Simona, che nel palleggio da fondo può indirizzare la palla dove vuole, con un controllo magistrale delle geometrie, ma che contro avversarie dal palleggio solido a volte fatica a trovare sbocchi vincenti.

Il loro match ha offerto scambi intensissimi, di livello davvero alto considerando le condizioni climatiche. Pochissimi punti hanno fatto la differenza, tanto che in entrambi i set tutte e due sono arrivate a un passo dal vincere il parziale. Ho scelto un quindici emblematico per provare a spiegare cosa potrebbe avere deciso il confronto. Siamo nel secondo set, sul 5-6, 30-15 servizio Halep:

Grazie a due precisi lungolinea (prima di dritto e poi di rovescio) che Halep sa eseguire con eccezionale facilità, Simona si trova in condizione di chiaro vantaggio e con i piedi ben dentro il campo; ma invece di andare a rete per chiudere il punto, rinuncia alla discesa, torna indietro e rimette in gioco Garbiñe. Perso l’attimo fuggente, Halep probabilmente si rende conto di aver commesso un errore, e allora prova a rimediare con un drop-shot: un colpo mal scelto, visto che asseconda il movimento in avanti che Muguruza stava comunque già compiendo per recuperare campo. La titubanza di Halep, il suo cronico timore nell’abbandonare la linea di fondo, finiranno per costarle la perdita del punto, procurando due match point a Muguruza.

Mai come in questo caso la naturale ritrosia di Simona nei confronti della verticalità (che invece è tanto spontanea in Garbiñe) è costata cara. E sul secondo match point di nuovo l’aggressività territoriale di Muguruza si risolve in un decisivo vantaggio, permettendole di vincere l’ultimo punto dell’incontro (scambio successivo degli Highlights qui sopra).

Quando gioca in questo modo, Muguruza è davvero forte. Ma non sempre riesce a mantenere questa linea di condotta. La finale contro Sofia Kenin lo ha illustrato con chiarezza. Il dato delle discese a rete sintetizza la differenza di atteggiamento nel corso del match: 14 discese a rete nel primo set, solo 3 nel secondo e 7 nel terzo. 4-6, 6-2, 6-2 per Kenin il risultato finale. In sostanza nel primo set si è giocato come conveniva a Garbiñe, mentre nei due set conclusivi il gioco si è spostato su un terreno più favorevole a Sofia.

Come quasi sempre nelle finali Slam, l’aspetto mentale ha inciso moltissimo e si è riverberato su tutti gli ambiti del gioco, a cominciare dalla resa alla battuta. E mi riferisco non tanto ai pochi ace, quanto soprattutto alla efficacia della seconda di servizio: Muguruza ha servito troppe seconde palle gestibili da Kenin, che entrava nello scambio e giocava alla pari con facilità; a questo si sono aggiunti i doppi falli (8 totali, ma per tre volte arrivati in coppia), che hanno profondamente inciso sul morale di Garbiñe. La differenza di coraggio e sicurezza di Muguruza tra semifinale e finale si può quindi misurare anche dalla resa sulla seconda di servizio: 42% di punti vinti contro Halep, appena il 23% contro Kenin. E non credo che Simona risponda peggio di Sofia.

E così dopo un avvio positivo, Garbiñe ha ceduto il passo alla sua avversaria nei due set conclusivi. Forse sulla inferiore brillantezza della finale potrebbe avere inciso anche il dispendio di energie (fisiche e mentali) richiesto per raggiungere la partita decisiva. Due giocatrici potenti nei primi turni (Rogers e Tomljanovic), una giocatrice in grande condizione nei quarti di finale (Pavlyuchenkova), in aggiunta alle tre Top 10 sconfitte lungo il cammino (Svitolina, Bertens, Halep). Un percorso davvero molto impegnativo.

Anche se l’avventura australiana di Muguruza non si è conclusa con il lieto fine, rimane comunque un passo fondamentale sulla strada del recupero ad alti livelli. E il ranking WTA lo testimonia: numero 36 a fine 2019, oggi è risalita al numero 16. Nel 2019 aveva conquistato in tutta la stagione 1412 punti; nel 2020 con i soli tornei di gennaio ne ha già raccolti 1470.

a pagina 3: Sofia Kenin

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