Tennis d'Egitto

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Il paese africano ospita da anni decine di ITF minori, ma due settimane fa si è giocato il primo torneo ‘ricco’ della storia dal paese. Che vuole entrare nel giro che conta

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Ci sono eventi che contano più del loro valore nominale. Molto di più. Il W100 del Cairo giocato dal 10 al 16 febbraio entra a buon diritto nella categoria, come ci racconta la giornalista egiziana Reem Abulleil (qui l’articolo originale). W100, nella recente terminologia dell’ITF, indica un torneo femminile con centomila dollari di montepremi – il gradino più alto prima di passare agli eventi WTA, dai 125k in su. Ogni anno, si disputano circa 500 tornei ITF in giro per il mondo: cosa ha reso speciale questo evento? Il fatto che si sia disputato in Egitto. Perché, è l’ineludibile domanda, esiste il tennis in Egitto?

A dire il vero, i tornei internazionali non mancano: divisi tra Sharm El Sheikh e il Cairo, si susseguono da anni decine di ITF maschili e femminili da 15.000 dollari. Ma questo W100 è stato speciale perché il primo di questo rango nel Paese nordafricano. Era presente Lesia Tsurenko, scivolata oltre il 100° posto WTA per un problema al gomito che ha condizionato la seconda parte della scorsa stagione, ma con un best ranking al n. 23 raggiunto pochi mesi prima, che ha eliminato la prima testa di serie Arantxa Rus. C’era Irina-Camelia Begu, poi vincitrice, vista anch’ella a quei picchi. E non dimentichiamo Marta Kostyuk, la classe 2002 ucraina vincitrice dell’Australian Open junior a 14 anni che l’anno successivo avrebbe più che onorato il conseguente invito. Il pubblico ha così avuto l’occasione assistere a una competizione dal livello mai gustato dal vivo in precedenza. Ma non è questa la parte più importante, pur rivestendo senz’altro un aspetto fondamentale.

UN ALTRO LIVELLO È POSSIBILE – È stata anche l’opportunità per tre tenniste locali di confrontarsi con giocatrici di una categoria superiore. Forse anche due o tre categorie. Un confronto che porta a scoprire cosa c’è oltre il proprio giardino, dove si può puntare e in che modo arrivarci – com’è noto, l’unico modo per crescere. Le ragazze in questione sono Mayar Sherif, Sandra Samir e Lamis Alhussein, tutte omaggiate di una wild card per il tabellone principale. Nel novembre scorso, la ventitreenne Sherif ha sfondato il muro della top 200, prima e finora unica egiziana a riuscire nell’impresa. E sarà di nuovo “prima” a luglio, quando esordirà alle Olimpiadi: nessuna tennista connazionale c’era mai arrivata. È lei stessa a confermare la rilevanza del torneo della capitale. “È una grossa occasione. Il fattore casa gioca un ruolo, è chiaro. Ma ciò che conta davvero è quanto sia fantastico vedere questo livello in Egitto” spiega Mayar. “Le giocatrici più giovani, le emergenti, possono assistere a questo livello in prima persona, possono tentare di competere contro questo tipo di giocatrici e cominciare a credere che quel livello non sia così lontano, che non sia irraggiungibile. Penso che dobbiamo guardare questo aspetto da un’angolazione differente: possiamo batterle, abbiamo solo bisogno di giocarci più spesso”.

MA CHE N. 1 D’EGITTO! – Se non sai cosa c’è più in là, è facile accontentarsi. Vale per tutto e il tennis non fa eccezione. “Sono stata la numero 1 d’Egitto per almeno cinque anni. Ero 300 e qualcosa [del ranking WTA] e numero 1. Dalla mia prospettiva, non ero in grado di vedere oltre”. A parlare è Sandra Samir, arrivata al 13° gradino della classifica giovanile ma che, come molte colleghi e colleghi, ha avuto parecchie difficoltà nella transizione al professionismo. “Sapevo che alla fine ci sarei arrivata, ma non riuscivo vedere l’obiettivo. E, quando ho visto Mayar, mi sono detta, ‘ecco, è là’”. Il salto in avanti della connazionale le mostrato chiaramente su cosa lavorare, spronandola a darsi l’obiettivo della top 200 per questa stagione. Perché avere degli esempi del tuo stesso Paese da imitare (e tentare di superare in una spirale positiva di competizione) ti dà la spinta necessaria per cercare di migliorarti e ottenere sempre di più.

Sandra Samir (dal suo profilo Facebook)

Lo abbiamo recentemente constatato in Italia: Cecchinato ci ha regalato una semifinale Slam dopo quarant’anni e, diciotto mesi dopo, siamo considerati una potenza tennistica del presente e del futuro. Sconfitta al primo turno con il rimpianto di tre match point a disposizione, Sandra può consolarsi per aver avuto coach e familiari nel suo angolo – evento quanto meno raro quando gioca lontano da casa. Anche lei non può non rimarcare l’altro aspetto positivo dell’evento che “porta attenzione su di noi, sul tennis in Egitto, non popolare come altri sport, quelli di squadra. Qui, tutti hanno uno sguardo ravvicinato su cosa significhi per noi essere là fuori da sole”.

PRIMA I COMPITI, POI ESCO A GIOCARE – Ancora lontana dal tennis di vertice (è al n. 701) ma ormai prossima a completare gli studi di Contabilità e Finanza in un difficile equilibrio fra te carriera sportiva e università, Lamis Alhussein è stata sorteggiata al primo turno contro Tsurenko. Fino a quel momento, non aveva mai incontrato un’avversaria fra le prime 300 del ranking. “È stato incredibile” racconta Lamis. Nei primi giochi, mi sentivo come se stessi giocando a un livello totalmente diverso da lei. Di solito, partecipo ai tornei da 15.000 dollari, quindi giocare con chi è stata n. 23 del mondo era qualcosa che non riuscivo a credere”. Com’è facile immaginare, il primo impatto con un livello tanto superiore è a dir poco complicato. “Volevo giocare un buon match, esibire il mio miglior tennis. È stata molto dura all’inizio perché lei è esperta e io ero tesa. Non riuscivo a colpire la palla, il suo ritmo era veloce. Ma, poi, mi sono detta di sciogliermi e le cose sarebbero andate bene e per fortuna ho finito con il giocare un buon incontro”.

Top 70 a livello junior senza però potersi permettere di viaggiare per competere negli Slam, una volta laureata si dedicherà solo allo sport. È stato proprio questo torneo a darle l’indispensabile fiducia nei propri mezzi. “In principio, mi sembrava che il match fosse lontanissimo dalla mia portata. Mi sforzavo al massimo, eppure era sempre lontano. Poi, però, ho visto che sbagliava. Quando guardiamo queste giocatrici in TV, non notiamo quanto siano tese in realtà e non capiamo i motivi dei loro errori. Ma quando ero in campo contro di lei, ho visto che faceva errori e bei punti come tutte noi, che è solo un essere umano che può colpire e sbagliare. Questo ci rivela che siamo più vicine di quanto pensiamo”.

MODELLI E OPPORTUNITÀ – All’inizio di febbraio, Mohamed Safwat ha conquistato il suo primo titolo Challenger (l’ultimo egiziano a riuscirci era stato Tamer El Sawy nel 1996) salendo al n. 130 ATP. “Per me, Safwat è un’icona” dice Alhussein in un impeto di ammirazione. “Quando lo vedo giocare, penso, ‘wow, questo ragazzo è un mostro sul campo’. Ero con lui ai Giochi Panafricani lo scorso agosto: è calmo, centrato e non commette un solo errore senza sapere perché sia successo”. Per quanto riguarda invece l’altro modello a cui guarda, “Mayar ha provato a noi tutti che il tennis in Egitto esiste, che ci siamo e possiamo fare qualcosa. Abbiamo solo bisogno di opportunità e di un sostegno economico così da poter viaggiare e partecipare ai tornei.

MOHAMED E LA MONTAGNA – Che il tennis abbia comunque un buon seguito in Egitto è dimostrato dalle folle accorse a vedere il match di esibizione fra Justine Henin e Nadia Petrova nel 2009 e quello di Arantxa Sanchez-Vicario contro Anna Kournikova nel 1998, ma, appunto, mancano strutture adeguate e finanziamenti per far crescere i giovani talenti. Portare competizioni di più alto livello nel Paese offre intanto opportunità a chi non ha i mezzi per viaggiare, e l’obiettivo di Mohamed Ghazzawy, direttore di questo W100 e degli eventi di Sharm El Sheikh, di rendere fisso l’appuntamento cairota e di riuscire nel prossimo futuro ad avere un torneo WTA è senza dubbio un passo essenziale nella giusta direzione.

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