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Al femminile

Quattro temi da Doha

La supremazia delle giovani, le qualità di Sabalenka, i delicati equilibri di Ons Jabeur e la maturazione di Zheng Saisai

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Ons Jabeur - Doha 2020 (via Twitter, @Ons_Jabeur)
 

3. Ons Jabeur: estrosità e consistenza
Ons Jabeur è stata protagonista di un ottimo inizio di stagione: ottavi di finale a Hobart, quarti all’Australian Open, successo contro Riske a Dubai e impresa mancata per un soffio nel turno successivo, quando ha avuto match point contro Halep, futura vincitrice del torneo. Infine i quarti di finale a Doha, dove ha sconfitto per la prima volta in carriera una Top 5, la numero 3 del ranking Karolina Pliskova.

Jabeur non è certo una scoperta del 2020, anche perché il suo tennis non passa inosservato. Ons si era rivelata al mondo a Indian Wells 2015, quando da qualificata (numero 130 del ranking) aveva fatto soffrire la allora numero 5 del mondo Caroline Wozniacki, esibendo un gioco spumeggiante.

Da quel momento l’ascesa verso i piani alti della classifica è stata complicata da almeno due ragioni: la prima è una certa fragilità fisica; la seconda la difficoltà a trovare equilibrio nel proprio gioco, ricco di tanti colpi differenti. È quasi inevitabile: quando si dispone di diverse soluzioni tecniche, è sempre più complesso raggiungere il giusto bilanciamento tattico.

Naturalmente non ho seguito tutti i match che Ons ha disputato negli ultimi anni, ma scorrendo il suo curriculum mi sono reso conto di avere visto tutte le vittorie ottenute contro Top 20, a parte una (quella contro Konta ad Eastbuorne). Ebbene, sono convinto che la partita di Doha contro Karolina Pliskova sia stata la migliore tra queste, per come ha saputo alzare il proprio livello quando Pliskova, dopo aver perso il primo set, ha reagito, giocando a sua volta un tennis di grande qualità.

Jabeur mi ha colpito anche per l’efficacia in risposta: ha risposto così bene da dare quasi l’impressione di fronteggiare un servizio “normale”, quando invece conosciamo il valore della battuta di Pliskova. In più ha dato prova di notevole abnegazione difensiva, che le ha portato punti importanti. Il risultato è stato un match combattuto (6-4, 3-6, 6-3) di livello molto alto: a mio avviso uno dei più spettacolari di questo inizio di stagione.

Per prevalere forse Ons ha chiesto un po’ troppo al suo fisico, e questo grande impegno si è tradotto in un problema muscolare alla coscia destra che l’ha in parte condizionata nel match successivo, perso contro Kvitova al termine di due tiebreak.

Con le prestazioni di Doha, Jabeur ha dimostrato una volta di più di essere una giocatrice speciale, in grado di proporre un tennis ricco di fantasia, molto lontano da una impostazione standardizzata e ripetitiva. Direi che in questo momento ai piani alti WTA ci sono altri due nomi che si possono avvicinare a lei: Hsieh Su-Wei e Karolina Muchova.

A scanso di equivoci: Jabeur, Hsieh e Muchova non propongono certo lo stesso tipo di tennis, anche perché fisicamente sono molto diverse fra loro. Però credo siano accomunate da tratti di talento particolare: talento che si esprime innanzitutto nel possedere una grande “mano”, cioè una particolare sensibilità di tocco; e poi nella rara dote di sentirsi a proprio agio in zone di campo che normalmente sono considerate da evitare, perché obbligano a soluzioni anomale e poco codificate.

Ma penso ci sia un’altra costante che le accomuna: quando hanno ottenuto i migliori risultati, lo hanno fatto non perché abbiano messo in campo una dose di creatività superiore al solito, ma perché, invece, hanno saputo trovare una solidità di base in aspetti del gioco più comuni. Mi rendo conto che questo toglie una parte di fascino alle loro imprese ma, secondo me, questa è la realtà.

Entriamo nel dettaglio. La Hsieh più forte è quella che ai suoi colpi speciali aggiunge tennis di contenimento di grande efficacia; vale a dire la capacità di coprire il campo oltre la media, vicina alla perfezione nei recuperi e nei lob difensivi. La conseguenza sono scambi allungati in situazioni difficili che portano a sbagliare le avversarie, obbligate al classico colpo in più.

Per Karolina Muchova, invece, fondamentale è l’efficacia del servizio. Quando ha ottenuto i migliori risultati ha mostrato un rendimento in battuta tale da ottenere una buona dose di punti facili; punti facili che tradotti in termini di score permettono di partire da 15-0 o da 30-0 nei propri turni di servizio. E questo cambia tutto lo sviluppo dei set.

Per Ons Jabeur invece, la dote “comune” sta nella capacità di essere estremamente profonda e incisiva con il dritto, con parabole che le permettono di far perdere campo alle avversarie, e magari concludere lo scambio con un vincente.

Solidità difensiva (Hsieh), efficacia del servizio (Muchova) o del dritto (Jabeur): non sono queste le caratteristiche del loro gioco che ci colpiscono di più, eppure per fare risultato si rivelano estremamente importanti. Non solo. Oltre a questi aspetti ne va sottolineato ancora uno, a cui nessuna giocatrice può sottrarsi: la capacità di ridurre gli errori non forzati.

Questa è proprio la caratteristica meno spettacolare, tanto che la si definisce non in termini costruttivi, quanto in termini negativi (“non sbagliare”). Per giocatrici così creative, potrebbe sembrare un paradosso, ma in fondo è il rovescio della medaglia del tennis: anche per chi propone un gioco scintillante, la caratteristica più oscura e negletta risulta comunque imprescindibile. E fa la differenza.

Ripeto: non voglio togliere poesia a tre giocatrici così speciali. Ma, ad altissimi livelli, estrosità e creatività da sole non bastano per emergere. Quando invece a queste doti si aggiunge un certo grado di consistenza, allora i risultati diventano importanti.

a pagina 4: Zheng Saisai

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