Seles: "Che battaglie con Jennifer! Eravamo due ragazzine"

Interviste

Seles: “Che battaglie con Jennifer! Eravamo due ragazzine”

Monica ripercorre la straordinaria stagione sul rosso del 1990 quando a 16 anni irruppe sulla scena internazionale insieme a un’altra teenager di grande livello

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Quella che segue è la traduzione integrale di un articolo di Mike Dickson pubblicato sul Daily Mail in data 8 maggio

Monica Seles ha capito che tutto era cambiato quando Johnny Carson si è presentato alla festa in suo onore, per celebrare la vittoria all’Open di Francia di 30 anni fa. A 16 anni, era appena diventata la campionessa Slam più giovane della storia. Il mondo intero voleva conoscere il suo nome, incluso il leggendario intrattenitore. La location era il meraviglioso Hotel de Crillon a Parigi e, tra le persone che la circondavano, c’era il gotha della TV statunitense. “Il signor McCormack (fa riferimento a Mark, il fondatore dell’agenzia di management IMG) organizzò una meravigliosa festa in mio onore, quella notte. Johnny Carson era presente e mi fece particolarmente piacere, perché ho sempre amato i suoi spettacoli”, dice Seles. “Mi ricordo che mi disse: ‘Monica, la tua vita non sarà più la stessa’. Ed io pensai: ‘Wow. È un’affermazione piuttosto audace!’”.

In quei giorni, 30 anni fa, Monica Seles veniva da una sequenza di 36 vittorie consecutive, compresa la finale del Roland Garros contro Steffi Graf. Era un grosso peso che gravava sulle spalle di una ragazzina di 16 anni, che era cresciuta imparando a giocare a tennis col padre e con una rete raffazzonata alla bene e meglio in un parcheggio di Novi Sad, nell’allora Yugoslavia e attuale Serbia. La notte della vittoria, ricorda di essere uscita a prendere un po’ d’aria nella maestosa terrazza dell’Hotel de Crillon, affacciata su Place de la Concorde. Se un brivido d’ansia l’avesse scossa, assieme alla gioia per la vittoria, sarebbe stato assolutamente comprensibile, perché diventare una superstar nell’età dell’adolescenza è tutt’altro che garanzia di una vita comoda. Raramente questo accade.

In questa rara intervista, Seles ripercorre il vortice di emozioni di quel mese che la vide fare man bassa dell’intera stagione su terra battuta del 1990. Oggi, ha messo a frutto la saggezza e l’esperienza accumulate durante la sua vita straordinaria per fare da mentore a giovani atlete e donne. Ammira molto Coco Gauff e ne ha lodato la recente decisione di parlare pubblicamente dello stress e delle tensioni che hanno accompagnato la sua rapida salita alla ribalta. 46 anni, residente in Florida, Seles crede che l’atmosfera di oggi sia più salubre per un fenomeno adolescente dello sport, rispetto a quanto fosse nel periodo in cui lei e Jennifer Capriati – affrontata e sconfitta in semifinale a Parigi in quell’anno magico – faticavano a raccapezzarcisi.

Eravamo due ragazzine giovani sottoposte ad una pressione straordinaria, che cercavano in qualche modo di capirci qualcosa, e non avevamo molte persone con cui parlarne, dice a Sportsmail. Malgrado i perigli delle due giovani stelle, quello era un periodo magico per il tennis femminile. C’era lo splendore del tramonto di Martina Navratilova, la calma d’acciaio della brillante Steffi Graf e il fascino glamour della sua semi-rivale Gabriela Sabatini. Arantxa Sanchez era sfidante impavida e Jennifer Capriati già giocava ad un livello strabiliante per una quattordicenne. E poi arrivò Seles, con i suoi ghigni e grugniti. Su consiglio del padre Karolj, fumettista, Monica aveva sfruttato i campi in terra verde dell’Accademia di Nick Bollettieri, in Florida, per perfezionare l’arte di colpire la palla in anticipo, mentre ancora stava salendo, con incredibile potenza e precisione.

La sua striscia vincente era cominciata nel marzo di quell’anno a Miami e, improvvisamente, era parsa diventare assolutamente inarrestabile nella terra battuta europea. Oltretutto, senza nemmeno avere un coach ufficiale, essendosi separata da Bollettieri, e viaggiando essenzialmente soltanto con i suoi genitori. “Sconfissi Martina in finale a Roma e Steffi a Berlino, di fronte al suo pubblico”, ricorda lei. “Non avevo mai giocato così bene, tanto che, mentre andavo a Parigi, cominciai a temere di aver raggiunto il picco di forma troppo presto.

Ero davvero nervosa all’inizio, a causa di tutte le aspettative che c’erano su di me e la verità è che non giocai al meglio. Il tempo non fu magnifico e le palle erano pesanti. Mi feci strada con grande grinta in quelle due settimane”. Malgrado tutto, quando si concretizzò la semifinale contro Jennifer Capriati, l’eccitazione era alle stelle: le sfidanti avevano 30 anni in due, il tennis femminile pareva il nuovo rock ‘n’ roll e tutta la Parigi che contava voleva esserci. “Ricordo che non c’era nemmeno un posto libero in tutto lo stadio; mi guardavo attorno e vedevo tutte quelle persone importanti e celebrità dice. C’era un’immensa pressione e la sentivamo entrambe. La partita fu un massacro, ma c’era del ragionamento dietro. Sapevo bene quali combinazioni di colpi dovessi eseguire e quali, invece, mi avrebbero messo in difficoltà”.

“Il fatto è che io e Jennifer, ogni volta che ci affrontavamo, davamo tutto quello che avevamo in corpo. Anche se era un’esibizione, pareva sempre che dovesse trasformarsi in una maratona di tre set e tre ore”. La vittoria per 6-2 6-2 di Monica, molto più combattuta di quanto il punteggio lascerebbe intuire, le consentì di passare il turno e di affrontare l’imperiosa Graf. La svolta cruciale di quella finale interrotta dalla pioggia fu il tie-break del primo set, quando la tedesca sprecò un vantaggio di 6-2, commettendo anche un doppio fallo in uno dei tre set-point. Seles vinse 7-6 6-4, tra il tumulto generale. “La favorita era lei, io ero quella giovane” ricorda. Mi sembrava come se ogni punto fosse decisivo, un po’ come in quegli incontri tra Nadal e Djokovic che vediamo oggi.

“Mi sentii profondamente sollevata quando la partita terminò. Allora compresi che ne era valsa la pena. Anche se non avessi vinto più, ce l’avevo comunque fatta e nessuno mi avrebbe più chiesto ‘allora, quando esploderai definitivamente?’. È stato meraviglioso. Tutta quella pressione di quelle due settimane, svegliarsi la mattina con quel peso sullo stomaco… Dopo quella vittoria, dormii profondamente per un bel po’ di notti!”. Nella conferenza stampa post match – proprio quel genere di occasioni in cui Monica esibiva puntuale il suo allegro ghigno da cartone animato – ipotizzò pure di comprarsi una Lamborghini. “Avevo la bocca larga. Mi sarebbe piaciuta una Lamborghini, ma in realtà, non ho nemmeno mai avuto un’auto di lusso. Non era nella mia personalità. È un qualcosa che ho ereditato da mio padre ed una di quelle cose che mi piacciono di lui”.

Ciò che seguì fu un periodo di dominio per lei, durante il quale vinse altri due Roland Garros, tre Australian Open e due US Open. Soltanto la sconfitta contro Graf in finale a Wimbledon le impedì di completare il Grande Slam quell’anno. Tutto si interruppe in modo raccapricciante nei primi giorni di maggio 1993 quando, all’età di 19 anni, fu assalita ed accoltellata da uno squilibrato fanatico di Steffi Graf mentre giocava un torneo in Germania. I problemi del suo recupero furono esacerbati dal peggioramento della salute del suo amato padre, il geniale Karolj, il quale finì per soccombere al cancro cinque anni più tardi. Ma anche prima di quegli infausti eventi stava faticando, come riconosce oggi. “Non sapevo proprio cosa mi stesse succedendo. Uscivo in strada e tutti improvvisamente dicevano: ‘È lei, è lei!’. Avevo 16 anni e questo mi accadeva 24 ore al giorno”.

“A 17 anni, non avevo molti amici. Nel mondo del tennis, nessuno parla davvero con gli altri e, al di fuori del tennis, come potevo mantenere dei contatti? Non esisteva internet, c’era soltanto il telefono dell’hotel. Da un punto di vista sociale, ho davvero fatto fatica. Ero una ragazza in fase di crescita, il mio corpo cambiava continuamente ed avevo tutte le emozioni tipiche di una teenager: senso di ribellione, felicità, depressione. La maggior parte delle persone subisce in ogni caso delle pressioni a 15 o 16 anni”.

Con feroce forza di volontà e talento, Seles fu in grado di ritornare ad un livello talmente alto da vincere l’Australian Open nel 1996 e disputare la finale al Roland Garros due anni più tardi. In quel periodo, erano già esplosi disordini alimentari che sfociavano anche in abbuffate notturne, una conseguenza dei tumulti degli anni passati. “Mia madre e mio padre fecero del loro meglio, ma io so bene cosa significhi non avere nessuno con cui poter parlare. Mi dissi: ‘Se uscirò da questa situazione come una persona sana, ne parlerò’. Proprio memore di questo, Monica è stata molto felice che la sedicenne Gauff, salita agli onori delle cronache a Wimbledon la scorsa estate, abbia confessato al blog Behind the Raquet che anche lei ha avuto delle difficoltà a fare i conti con tutto questo, a volte.

“Sono stata davvero felice quando Coco ne ha parlato. Soprattutto alla sua età. È un argomento molto importante, è stato eccezionale quando lei ha confessato quelle cose, perché la pressione che questi ragazzi hanno sulle spalle è enorme. Io faccio da mentore a giovani tenniste, atlete e altre persone che non praticano sport. Parlo apertamente dei disturbi alimentari che ho avuto. Ma è un’ottima cosa che le persone sentano che anche una superstar di oggi ha di questi problemi. A me chiedono: ‘Hai provato qualcosa del genere anche tu, Monica?’, ma probabilmente io sono una specie di dinosauro, per loro. Per questo, quando è qualcuno della tua generazione che ne parla, è molto importante. In genere, si riteneva che parlando di questo genere di cose, un atleta potesse perdere un po’ della sua aura da competitor, ma penso che la percezione sia cambiata, oggi.

Questo contribuirà a costruire persone più sane, specialmente dopo il ritiro dallo sport. Non saranno più esseri mono dimensionali. “L’atmosfera è più sana oggi, non stai più così tanto da solo. I giocatori viaggiano con entourages più grandi. Con me, spesso viaggiavano soltanto mio padre ed un allenatore o un compagno di allenamento. Non bisogna soffrire in silenzio come ho fatto io, che ho vissuto un malessere interiore per moltissimo tempo. Malgrado tutte le sue sofferenze, Seles ammette di ricordare ancora molto volentieri i periodi felici, dicendo: Avrei voluto che scorressero più lentamente, ma è così che vanno le cose.

È rimasta molto impressionata da come si sia evoluto il gioco e tutti gli aspetti che lo circondano. Sposata col benestante uomo d’affari americano Tom Golisano, presenzia di tanto in tanto a qualche torneo, sebbene sporadicamente. L’ultima volta che è stata a Parigi è stato nel 2011. “Alle persone con cui lavoro, dico che la perseveranza, la determinazione e il lavoro non si battono. Mi interesso ancora molto di ciò che succede e delle nuove tendenze. Una grossa novità di oggi è che il tempo per cui le persone prestano attenzione ad una certa cosa è più breve. Anche il tennis avrà bisogno di adattarsi a questo. I social media complicano le cose per i giocatori giovani. Ma decisamente, essere giovani in quest’epoca è meglio!”.

Traduzione a cura di Filippo Ambrosi

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