Uno dei tanti effetti della pandemia a livello economico nel mondo del tennis è stato di mettere a nudo l’eccessiva dipendenza di alcune federazioni nazionali dagli introiti dei grossi tornei. A ben vedere, era un po’ l’elefante nella stanza, un’ovvietà ignorata, molto probabilmente perché, non intuendo un ragionevole motivo per cui quei tornei non dovessero continuare a sfornare annualmente le loro uova d’oro, i dirigenti federali non hanno mai ritenuto proficuo investire tempo per ideare strategie alternative.
Davanti, solo per fare un esempio, al piano di licenziamenti collettivi messo a punto da Tennis Canda in seguito alla cancellazione del WTA di Montreal, quella dipendenza si è rivelata in tutta la sua drammaticità.
Come ci illustra Carole Bouchard dalle pagine di Tennismajors, a dover fare i conti (disastrosi) con l’eventuale cancellazione del proprio Major è la Federazione Francese. Stando ai dati riportati dal tesoriere generale della FFT Hughes Cavallin, a fronte di un volume d’affari complessivo di 325 milioni di euro nel 2019, il Roland Garros ha contribuito per 261 milioni a cui si aggiungono gli introiti degli altri tornei. “Gli eventi rappresentano il 90% delle nostre entrate” riassume Cavallin “e, di quel 90%, il Roland Garros rappresenta il 93%”.
Per fare un raffronto con la FIT, i tornei internazionali italiani – fondamentalmente il Masters 1000 di Roma – contribuiscono per circa il 60% al valore della produzione, mentre lo US Open vale oltre l’80% del budget dell’USTA. Senza lo Slam parigino, quindi, non ci sarebbero i fondi per i centri di allenamento di eccellenza e i relativi staff, i contributi per i giovani tennisti e, a scendere, per tutte le manifestazioni fino al livello dei club. Tutto ciò richiede 100 milioni di euro all’anno, ma solo 32 arrivano dalle attività federali: “Senza il Roland Garros” prosegue il tesoriere, “non potremmo più far funzionare il tennis francese”.
Nessuna meraviglia, allora, che il presidente Giudicelli si sia accaparrato uno spazio in settembre come un naufrago che si fa spazio su una scialuppa incurante che chi la occupava prima di lui possa finire in mare. Dalla sicurezza di un posto ormai saldamente conquistato, Bernard professa anche il suo ottimismo riguardo alla possibilità di giocare a porte aperte, seppure parzialmente. “Perfino giocare a porte chiuse sarebbe un male minore per l’evento e per tutto il tennis francese” dichiara Antoine Sueur, direttore del Tennis Club di Lille e del torneo Challenger che vi si disputa (attualmente rinviato).
Dopo aver dipinto quella che pareva una situazione sull’orlo della catastrofe, Cavallin assicura che, anche se quest’anno lo Slam saltasse, “grazie al lavoro di qualità fatto negli ultimi anni, la nostra federazione è solida abbastanza e saremmo in grado di assorbire il colpo senza mettere a repentaglio il tennis di Francia almeno fino a tutto il 2021”.
Una volta rientrata del tutto l’emergenza e con l’auspicato ritorno alla normalità, vedremo se la FFT (come del resto le federazioni con caratteristiche simili) vorrà e saprà trovare soluzioni per alleggerire questa pericolosa dipendenza da un singolo evento.