Djokovic: "Non sono un robot, non posso stare chiuso in una bolla per tutta la vita"

Interviste

Djokovic: “Non sono un robot, non posso stare chiuso in una bolla per tutta la vita”

Il numero uno a chi lo accusa di parlare di argomenti delicati senza essere esperto: “Non ho influenza sul modo in cui la gente recepisce quello che dico”

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Novak Djokovic - Australian Open 2020 (foto via Twitter @AustralianOpen)
 

Rientrato a Belgrado, dove si sta allenando per esordire nel fine settimana nella prima tappa dell’Adria Tour, il torneo di esibizione che si svolgerà nelle prossime settimane in giro per la penisola balcanica, Novak Djokovic è stato ospite del podcast “Wish & Go” del sito di informazione sportiva serbo Sportklub. L’intervento del n. 1 del mondo è durata quasi un’ora nel corso della quale Nole ha toccato tantissimi argomenti. Abbiamo tradotto alcuni degli estratti pubblicati dal sito serbo: in primo piano ci sono le repliche alle critiche ricevute dopo le controverse dichiarazioni social su diversi argomenti, dal tema dei vaccini ai concetti espressi nella diretta Instagram con Chervin Jafarieh.

Novak ha innanzitutto sottolineato che è consapevole di trovarsi “in una posizione e in un ruolo molto privilegiati. Come primo tennista al mondo e come persona che ha avuto molto successo in uno sport popolare a livello globale, se dico qualcosa le mie parole arrivano molto lontano. Come se avessi un megafono. Non molti atleti sono in questa posizione privilegiata”.

Interrogato sulle spiegazioni che si è dato alle critiche ricevute per aver espresso opinioni “non convenzionali” su alcuni temi, Djokovic ha risposto così: “È una cosa comune nella società. Ho avuto l’opportunità durante la mia carriera di confrontarmi con persone e argomenti di ogni genere, anche controversi. Le persone fanno sempre un richiamo alla responsabilità, al fatto che devi essere consapevole di quanto risuona ogni informazione che condividi, quanto lontano viene ascoltata e quante persone la potranno fare propria. Non dico che di non commettere errori sotto questo aspetto. Sicuramente capita che io dica alcune cose e poi in seguito rifletta sul modo in cui le ho dette. Sono un essere umano e non ho problemi a dire che mi sono sbagliato. Ma non posso essere un robot e stare rinchiuso in un guscio o in una bolla per tutta la vita. Non sono quel tipo di persona”.

“Non guardo gli altri dall’alto in basso”, continua il numero del mondo, “né critico chi invece preferisce stare in disparte e non parlare di argomenti sociali, ma sono una persona che vuole evidenziare certe cose perché ho una certa influenza nella società e voglio condividere qualcosa che attraverso la mia esperienza potrà essere utile a qualcuno, e ad altri no. Non ho un’influenza significativa sul modo in cui la gente lo recepisce e lo fa proprio. 

Secondo Djokovic, nella diffusione di un ‘pensiero unico’ su alcuni argomenti non viene rispettata la democrazia delle opinioni. “Alcuni gruppi di persone, l’élite, i governanti, chiamateli come volete, vogliono che certe cose siano in un certo modo, che nessuno dica qualcosa a riguardo e ascolti semplicemente cosa viene detto dai vertici. Semplicemente, non ritengo sia giusto e democratico. Se penso che qualcosa sia giusto e in linea con i comandamenti di Dio, con i principi di vita e i veri valori, allora lo sostengo assolutamente. Sostengo la lotta per i diritti delle persone in materia di uguaglianza, rispetto, fair play, correttezza nella vita… Questi sono i valori che sostengo e con i quali sono in armonia”.

Novak Djokovic – ATP Finals 2018 (foto Alberto Pezzali Ubitennis)

Djokovic è stato accusato di avere espresso opinioni su argomenti di cui non è esperto. Il n. 1 del mondo ha risposto anche su questo. “Non sono dell’idea che qualcuno sia qualificato a parlare di qualcosa solo se è un esperto. Penso che questa cosa sia evidente a tutti, basta vedere le dichiarazioni che ho fatto negli ultimi 15 anni. Faccio un esempio, su come lo applico a me stesso. Le persone vengono da me e mi raccontano cose sul tennis. Ho applicato diverse volte alcune cose che ho sentito da persone che hanno un grado di professionalità inferiore al mio nel tennis”. 

“Ascolto gli allenatori che allenano gli under 14 e 16 anni. Li seguo su Internet, attraverso i miei amici o direttamente, perché credo che se una persona ha una mentalità aperta può sempre apprendere qualcosa, “raccogliere” e chiedersi “Forse potrei applicare qualcosa di questo?“, invece di avere un atteggiamento del tipo ‘Dai, chi sei tu per parlami di tennis?’. Puoi avere un atteggiamento simile, perché conosco molti che lo hanno, non solo nel tennis ma nella vita in generale. Ma così ti precludi la possibilità di crescere e recepire segnali che Dio potrebbe averti inviato dall’alto, attraverso quella persona che è apparsa e che potrebbe non essere al tuo livello di competenza, ma ha condiviso alcune osservazioni con te. Visto da questo aspetto punto di vista, risulta interessante quando qualcuno parla di qualcosa, purché lo faccia con il dovuto rispetto per gli altri. Se manca questo, allora non va bene e non è corretto”. 

Djokovic ha anche sfatato una recente “leggenda metropolitana” che circola sul suo conto, relativa alla finale di Wimbledon dello scorso anno, ovvero che abbia giocato quella partita senza aver mangiato nulla prima.
“Non è vero che non ho mangiato. Questa è un’altra cosa molto interessante da chiarire. Avevo parlato di autofagia (fenomeno fisiologico che si verifica nel digiuno prolungato e che consiste nel consumo dei materiali di riserva da parte dell’organismo, ndr) e di digiuno. Quando le persone dicono ‘digiuno’ pensano che significhi non mangiare nulla, ma non è così. Mangi, ma entro un determinato lasso di tempo. Quando non mangi, assumi liquidi o determinati nutrienti che non appesantiscono il sistema digestivo e non portano via l’energia di cui hai bisogno per l’allenamento e l’attività fisica”. 

Djokovic ammette: “Di solito non mangio molto prima delle partite. Non prendo quattro uova con la pancetta al mattino e so che ci sono sportivi che lo fanno. La finale di Wimbledon era alle due del pomeriggio e prima delle partita sono rimasto essenzialmente sui liquidi e sui cibi leggeri. Ad esempio, verdure bollite senza condimenti, olio o altro; per avere forza ed energia, frutta e fiocchi d’avena. Certo, bevo molti liquidi, mi idrato con integratori vitaminici e bevande sportive che mi forniscono l’energia necessaria. Ma questo vale per me. Conosco molti atleti a cui piace mangiare e sentirsi sazi, ma il tennis è uno sport diverso rispetto a qualsiasi altro sport, dal punto di vista dei requisiti fisici e del relativo fabbisogno. Quella partita nella finale di Wimbledon è durata quattro ore e mezza, cinque ore. Durante le partite, mangio soprattutto datteri e talvolta una piccola banana. Bevo acqua e due bevande energetiche che ho con me. Credo molto nell’aspetto mentale e nella gestione delle emozioni. Quando hai paura, hai i crampi allo stomaco e non puoi mangiare nulla. È proprio vero. Eccitazione, paura, nervosismo, motivazione e tutto ciò che provi quando vai in finale di Wimbledon, ti fanno venire i crampi allo stomaco. Non pensi a mangiare. Ci sei dentro e sai che avrai energia perché tutto quello che hai fatto fino a quel momento ti permetterà di essere al massimo”.

Novak Djokovic – Dubai 2020 (via Twitter, @DDFTennis)

A Djokovic è stato anche chiesto quanto segua il tennis al di fuori del campo da gioco e se lo irritino alcune dichiarazioni dei commentatori sul suo conto. “Onestamente, negli ultimi anni ascolto veramente di rado i commentatori. Ne ho alcuni che mi piace ascoltare: “Viska” (il soprannome di Nebojsa Viskovic, uno dei due intervistatori del podcast, tra i principali commentatori del tennis in Serbia, ndr), Lleyton Hewitt, che commenta molto bene gli Australian Open, John McEnroe e Boris Becker. Ci sono anche quelli che mi piacciono un po’ di meno, che riescono a innervosirti, e allora abbasso il volume. Durante i tornei dello Slam guardo le partite principalmente di sera. Durante il giorno sono con i bambini e non riesco. In genere guardo le partite dei miei più grandi rivali, Federer e Nadal: quelle non le manco. Ci seguiamo a vicenda, è normale e logico. Seguo le repliche su YouTube. Mi piace saltare alcune parti e guardare solo ciò che mi interessa: i momenti chiave, quelli viene rotto l’equilibrio del punteggio, per vedere cos’ha fatto quel giocatore in quel momentoha raccontato il 33enne fuoriclasse di Belgrado.

Djokovic poi è tornato sul tema dei commentatori – anche perché la domanda faceva riferimento a un sondaggio destinato ai lettori del sito, in cui c’erano opinioni nettamente discordanti sul fatto che il citato “Viska” fosse troppo o troppo poco a favore del più forte tennista serbo – richiamando un aneddoto di pochi giorni fa. “Ero a fare un passeggiata con mia moglie e i nostri figli lungo la Sava (il fiume che attraversa Belgrado, ndr). Eravamo al parco giochi, c’erano delle altalene e altri giochi dove i bambini stavano giocando. Sono arrivati i genitori e allora si è formato subito un capannello di gente. Mi si è avvicinato un uomo e ha detto: “Sai che sono l’unico in Serbia che fa il tifo per Federer e contro di te?”. Gli ho risposto: “Non lo sapevo, pensavo ce ne fossero di più, ma se sei l’unico, sei un supereroe. Come posso fare per aiutarti a fare il tifo per me?”. Poi abbiamo scherzato un po’ e mi ha chiesto se ce l’avessi con lui per questo. Gli ho detto che era assolutamente una sua legittima scelta. Mi ha chiesto com’è Federer come persona e abbiamo continuato a scherzare. Quando se n’è andato, mi ha detto di essere contento di avermi aver parlato, ma che faceva il tifo per Federer perché non poteva resistere a quella volée…”.

“Ognuno preferisce il proprio giocatore o commentatore”, è la morale dell’aneddoto.“La voce, il modo in cui parli, per qualcuno è irritante, qualcuno invece la trova tranquillizzante. Personalmente non posso dire a qualcuno ‘Tifa per me’. Per logica, visto che veniamo dallo stesso paese, ci si aspetta che un serbo simpatizzi per i giocatori serbi, ma d’altro canto perché questo dovrebbe essere un obbligo? Non lo è. Mi piace quando i commentatori esprimono la loro personalità al commento, mi piace quando sono autentici e se ne assumono la responsabilità, ma lo fanno rimanendo equilibrati e con rispetto. E soprattutto, quando non viene meno il limite di decenza. Alcuni lo fanno”. Con un distinguo finale, tra il serio e il faceto: “Lo capisco quando c’è di mezzo la Coppa Davis, in quel caso tutto è permesso”.

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