Che Alexander Zverev non stia vivendo un periodo particolarmente brillante con il fondamentale del servizio è cosa nota, sebbene l’ottimo Australian Open disputato – dove è arrivato in semifinale, sconfitto da Thiem che sarebbe andato molto vicino a battere Djokovic – ci avesse suggerito un’inversione di tendenza.
A Melbourne, infatti, Sascha non era mai andato sotto il 70% di prime in campo (tre volte sopra l’80) né mai oltre i quattro doppi falli a partita e in totale, in sei apparizioni, ne aveva commessi appena 20. Ieri, nel corso delle due mini-partite giocate a Zara nella seconda tappa dell’Adria Tour – una malamente persa contro Petrovic, l’altra vinta contro Cilic – ne ha commessi addirittura 20, cioè diversi in più di quelli in cui è incappato sulla strada del miglior Slam finora disputato in carriera.
Di questi 20, uno è stato particolarmente divertente – o avvilente, dal suo punto di vista – perché la palla non solo non ha centrato il quadrato del servizio ma ha addirittura rimbalzato fuori dal campo… in lunghezza.
Circostanze che lasciano intendere un problema più psicologico che tecnico: quando Zverev è concentrato e serve al suo massimo, diventa un giocatore complicato da battere per chiunque – e arriva in fondo ai tornei. Quando il focus è altrove e gli automatismi vanno a farsi benedire, può perdere anche contro Danilo Petrovic, onesto mestierante che siede alla posizione 157 del ranking ATP.