Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stata un’iniziativa propugnata dallo stesso Novak Djokovic a oscurare il ragguardevole risultato sportivo appena raggiunto – 23° vittoria di fila nel 2020, stagione in cui è ancora imbattuto in match ufficiali, 35° Masters 1000 in un palmares che adesso vede almeno due trofei per ognuno dei nove tornei (Montecarlo e Cincinnati sono i ‘meno’ vinti con due successi). Eppure il tentativo di ‘scisma’ di cui si dibatte incessantemente da ormai più di 24 ore ha occupato gran parte della lunghissima conferenza stampa successiva alla finale vinta contro Raonic.
“Ho fatto parte per circa dieci anni del consiglio dei giocatori“, ha esordito Nole, “e l’ho fatto gratuitamente provando a mettere il mio tempo, la mia energia e le mie conoscenze al servizio del miglioramento di questo sport. Ovviamente l’ecosistema di cui facciamo parte, che include l’ATP, gli Slam che sono indipendenti, l’ITF, la WTA, è molto complesso“. Questa è la premessa da cui parte il tentativo di riformare il sistema.
“Devo precisare che non si tratta di un’idea nuova, venuta fuori dal nulla. Non voglio venire qui e dirvi che si tratta di un’idea mia o di Vasek. Questo progetto è stato condiviso da molti giocatori negli ultimi vent’anni, ad esempio Andy Roddick. Siamo tra i pochi sport globali a non avere un’associazione composta soltanto da giocatori. Penso sia il passo giusto da fare per unificare i tennisti e fornire loro una piattaforma attraverso la quale possano esprimersi e parlare dei loro interessi“.
Si arriva poi alla parte forse più interessante della controversia: il fatto che Federer e Nadal si siano schierati dalla parte opposta, e lo abbiano fatto a nome del Player Council – ricalcando il parere espresso dall’ATP. Djokovic risponde così. “Nella lettera dell’ATP ho letto che non credono nella coesistenza con la nostra associazione. Rispettosamente, non sono d’accordo. Legalmente siamo affidabili al 100% e ci è concesso formare un’associazione dei giocatori. Non è una unione, è un’associazione di giocatori. Non vogliamo boicottare né formare un tour parallelo. Ovviamente mi piacerebbe avere Roger e Rafa dalla nostra parte, ovviamente mi piacerebbe tutti i giocatori dalla nostra parte, ma capisco che alcuni di loro la pensino diversamente e non credono che sia il momento giusto. Ma, lo ribadisco, io credo che invece il momento sia quello giusto – il momento è sempre quello giusto. È come avere un bambino: il momento non è mai giusto o è sempre giusto“.
“In quanto giocatori, vogliamo soltanto un’organizzazione che sia al 100% nostra nella quale discutere delle nostre preoccupazioni passate, presenti e future” continua Djokovic, che non vuole esporsi troppo sulle prospettive a lungo termine. “Dove ci porterà, questo non lo so. Non abbiamo la risposta a tutte le domande ora e non sappiamo chi rappresenterà i giocatori. Abbiamo un’idea generale di come l’associazione dovrà essere: ci saranno dei ‘fiduciari’ ma anche degli incontri annuali. Cercheremo sicuramente di collaborare con l’ATP e gli altri organi di governance del tennis. Ovviamente non avremo alcun potere esecutivo, quantomeno all’inizio. Se le cose cambieranno in futuro non lo so, ma spero che, prima di tutto, si riesca a ottenere il supporto della maggior parte dei giocatori“.
Djokovic non intende dunque dettagliare la sua proposta in questa fase iniziale, nella quale l’obiettivo è raccogliere il consenso di quanti più giocatori possibili (‘al momento ci stiamo facendo un’idea di quanti giocatori davvero vogliano unirsi a quest’iniziativa; partiremo da qui‘), né restringere troppo il bacino da cui attingere. La lettera è stata inviata ai primi 500 giocatori del ranking del singolare e ai primi 200 doppisti. Nelle prossime settimane scopriremo quanto avrà attecchito il tentativo di Djokovic e Pospisil, ma per il momento possiamo ipotizzare che senza il sostegno di Federer e Nadal sarà una strada parecchio in salita.