Wimbledon: l'Italtennis soffre e si interroga per il k.o. di Sinner. Ma ci vuole pazienza

Editoriali del Direttore

Wimbledon: l’Italtennis soffre e si interroga per il k.o. di Sinner. Ma ci vuole pazienza

Il diverso atteggiamento di Sinner e Musetti. Fucsovics bestia nera per Jannik. Se Tsitsipas, 22 anni, perde 3 volte al primo turno… Oggi dai Sonego e Musetti, domani Berrettini

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Jannik Sinner - ATP Melbourne 1, Great Ocean Road 2021 (via Twitter, @atptour)
 

E se proprio che il mio Wimbledon più triste diventasse il più bello? È il primo che – salvo si sblocchi qualcosa nei prossimi giorni – vivrò a casa, davanti alla tv, dopo 46 Championships consecutivi vissuti nel leggendario tempio del tennis, all’All England Club, prima di quello universalmente “saltato” nel 2020 per la pandemia (e per i 141 milioni di soldini con i quali i prudenti dirigenti di Wimbledon si erano assicurati). Per 144 anni, da Worple Road a Church Road, quello è un Paradiso in erba. Un immenso Paradiso, visto che i 18 campi stanno per diventare 38. Ci sono tanti nomi di luoghi mitici, evocativi per lo sport, da Olimpia in poi, ma forse come Wimbledon e i suoi gesti bianchi non ce n’è nessuno.

Ma soltanto poco prima dello scorso weekend il premier Boris Johnson ha negato agli italiani diretti in Inghilterra l’accesso green – non l’ho mai odiato tanto! Dovrebbe ringraziare gli italiani che ci vanno con la variante Delta… – e non me la sono sentita di starmene rinchiuso in un appartamento a Southfields per cinque giorni con l’obbligo della quarantena. Lontana dalla sacra cattedrale. Mi mancherà il “Quiet please!”, perfino il “Please no flash photography!”, per non cadere nella banalissima nostalgia delle famose, e carissime, fragole con la panna. Quelle che ogni anno te ne danno una in meno ma costano sempre un po’ di più: 15, 13, 12, due anni fa 11.

Però, con la grande tristezza e la profonda nostalgia che oggi mi ha fatto rimpiangere perfino la pioggia che ha ritardato l’avvio di tutte le gare e aveva fatto temere addirittura un black-out totale, con il dispiacere di aver già constatato come ancora Jannik Sinner abbia purtroppo tanta strada da fare per imparare a giocare sull’erba e, ancor più, a variare maggiormente un tennis troppo monocorde, resto fortemente ottimista sulle chances di Matteo Berrettini – in particolare – e anche di Lorenzo Sonego, in seconda battuta. Grazie a loro due potrebbe essere il più bello. Se Matteo arriva in semifinale qualcosa mi invento… per andare a vederlo! E voi toccate ferro.

Sono anche decisamente curioso di vedere all’opera Lorenzo Musetti contro un test difficile come il polacco Hurkacz che, dopo il successo di Miami, ha però più spesso perso che vinto: sei sconfitte a fronte di una sola vittoria (sul nostro Fabbiano).

All’indomani del sorteggio avevo scritto che avrei preferito che Berrettini, n.7 del seeding e quindi teorico candidato a un posto nei quarti, si trovasse dalla parte di Tsitsipas e anche di Medvedev, piuttosto che nel quarto di Zverev. Ciò anche se il tedesco a Wimbledon in cinque partecipazioni ha raggiunto una sola volta gli ottavi (2017), ha perso al secondo turno nel 2015, due volte al terzo (2016 e 2018) e addirittura al primo nel 2019, l’ultima edizione giocata: perse in 4 set dal ceco Vesely (un tipo che se azzecca la giornata di vena con il servizio può battere tanti).

Però, come ho già avuto modo di dire nel corso della nostra videochiaccherata con Steve Flink, secondo me Zverev ha qualità tennistiche di primissimo livello. Prima o poi, soprattutto se si convincerà a diventare più aggressivo, a giocare un po’ più avanti (anche se nel gioco a rete non sembra parente di suo fratello) come gli vidi fare magistralmente nel corso delle finali ATP che vinse nel 2018, secondo me uscirà dal limbo del quinto settimo posto in cui si ritrova negli ultimi 2/3 anni. Come me la pensa Marc Rosset, che di Zverev è grandissimo estimatore.

Vero, peraltro, che dalle parti di Zverev e quindi anche indirettamente di Berrettini in prospettiva, c’è quella mina vagante di Nick Kyrgios che sull’erba può far paura a chiunque anche se ha fatto meglio dal 2014 al 2016 (quarti di finale a 19 anni e poi due anni di fila in ottavi) che dopo. Nel 2017 l’australiano dal tennis geniale ma incostante ha perso al primo turno, nel 2018 al terzo, nel 2019 al secondo. E Kyrgios al primo turno oggi ha Humbert, un osso duro per lui che non gioca dall’Australian Open quando batté proprio Humbert 6-4 al quinto, prima di arrendersi a Thiem al quinto dopo una gran partita che lo aveva visto avanti per due set a zero. Perché abbiamo sistemato Kyrgios-Humbert sul campo n.12 non me lo spiego: di certo non si sono ricordati della loro battaglia di Melbourne.

Intanto però è uscito di scena subito al primo turno, e subendo una pesantissima batosta, tre set a zero da Frances Tiafoe, Stefanos Tsitsipas, già tre volte eliminato al primo turno a Wimbledon in quattro partecipazioni. Una, la ricorderete, ebbe per protagonista il nostro Fabbiano. Ecco perché, tornando ab ovo, mi dispiace che Matteo Berrettini non sia capitato nel settore di Tsitsipas. Il greco finalista al Roland Garros sulla terra rossa è perfettamente a suo agio. Ma ha movimenti troppo ampi per il tennis su erba. I suoi topponi liftati, di dritto come di rovescio, alzano spesso la palla al punto giusto per chi la debba colpire. Gliela sistemano proprio all’altezza dei fianchi. Il bombardiere Tiafoe c’è andato a nozze.

Chissà che in quel “buco” non ci si infili – più che Khachanov – un Evans (se non perde dal vecchio Feliciano Lopez), un de Minaur, il primo erbivoro nato e il secondo uno dei migliori ribattitori del circuito quando – come ha fatto con Sonego a Eastbourne – prende fiducia. Sempre che de Minaur, fresco best ranking e top15, non inciampi su… Korda, davvero brutto pesce per un primo turno.

Comunque mal comune mezzo gaudio, si suol dire. E se Tsitsipas a 22 anni non si è ancora adattato all’erba, si può aver pazienza con Sinner che di anni ne ha 20. Sbaglio? Aspettate, per favore, a gettargli la croce addosso, a prendervela con Piatti di cui qualcuno già discute la leadership tecnica per via di un tennis troppo prevedibile, poco vario del suo pupillo. Se tutti, anche i top-players, hanno intravisto fino a ieri grandi qualità in Jannik non possono essersi tutti sbagliati. Dispiace, semmai, che Jannik sembri quasi un po’ depresso sul campo, un po’ sfiduciato. Ha detto che “forse nessuno fra i tennisti lavora tanto quanto me, sono convinto che il lavoro paghi e pagherà”. C’è solo da sperare che al di là della quantità il lavoro sia anche in qualità.

Ha cambiato il modo di servire, la posizione dei piedi, per acquisire maggior equilibrio, forse maggiore potenza, però forse lo ha fatto un po’ troppo a ridosso dei Championships per poterne avere subito gli effetti desiderati. Questa scelta è stata coraggiosa, ma forse un po’ imprudente per il timing. Ma, ripeto, i fan di Sinner abbiano pazienza. Se è fra i primi 25 del mondo a 20 anni, la pazienza è d’obbligo. Che poi entusiasmi di più il tennis di Musetti è un’altra cosa. Ma non è detto affatto che Musetti diventi più forte, alla lunga, di Sinner. E poi non è che Fucsovics sia un pellegrino. Tutt’altro. L’ungherese ex n.1 del mondo junior lo aveva già dimostrato proprio contro Sinner in Australia nel gennaio 2020.

Chissà che, in fondo, Sinner non paghi un tantino il non aver giocato Wimbledon da junior. Piatti era contrario all’attività junior. Voleva bruciare le tappe. Musetti invece l’attività junior l’ha fatta e a Wimbledon tre anni fa passò tre turni se non sbaglio. Una piccola esperienza in più. Semmai mi par giusto notare ancora una volta una differenza notevole fra l’atteggiamento di Sinner e quello di Musetti, certo conseguente al diverso carattere dei due (già più volte sottolineato): Sinner, che dice “odia perdere” sembra più angosciato dall’esigenza di voler e dover fare risultato, guarda fisso il suo angolo ad ogni errore come a voler ricevere comunque approvazione e sostegno (e forse proprio il suo angolo, come ebbi modo di notare particolarmente in Australia nel gennaio 2020 nel match con Fucsovics, è particolarmente, eccessivamente teso, gli mette forse troppa pressione), mentre Musetti prende tutto – saggiamente – molto più alla leggera.

Scende in campo contro Djokovic e chiunque e dice: “Vado in campo e sarà divertente fare questa esperienza!”. Una risposta intelligente, matura, consapevole, un atteggiamento che procurandogli meno stress gli fa tentare con maggiore leggerezza colpi diversi nei momenti più imprevedibili. Certo lui ha un tennis diverso… però quel tennis se lo è costruito grazie ad un approccio che anche Tartarini ha contribuito a creare con un comportamento più rilassato, del tipo “dai siamo qui, è meraviglioso, godiamoci questi momenti, queste esperienze, viviamole serenamente, allegramente. Lavoriamoci su, certamente, il talento non basta, ma con la dovuta leggerezza per non fare diventare un dramma una partita che si è messa male”. Questo virgolettato però è una mia interpretazione di come immagino parli Simone che credo di conoscere abbastanza bene. Così come conosco Piatti.

I tanti incontri rinviati da lunedì a martedì hanno fatto slittare a mercoledì il match di Berrettini con Pella e quello di Camila Giorgi con Teichmanm, la simpatica ragazza svizzera che vinse il torneo di Palermo due anni fa. A Camila ritiratasi nel torneo di Eastbourne non dispiacerà poter godere di un giorno in più per recuperare dalla contrattura che l’ha stoppata nel primo torneo in cui era riuscita a battere due top-ten di fila, Pliskova e Sabalenka.

Di Berrettini-Pella avremo quindi modo di parlare, così come degli altri italiani in campo mercoledì. Ma seguirò ovviamente Sonego alle prese con Pedro Sousa: non dovrebbe essere un’impresa proibitiva per il ragazzo torinese reduce dalla finale di Eastbourne, dopo che in prima giornata su cinque incontri “azzurri” abbiamo collezionato tre sconfitte, quella già accennata di Sinner con Fucsovics che ha meritato di vincere per via di un tennis indiscutibilmente più vario (anche se a Jannik non sono mancate le opportunità nei set persi), quella di Cecchinato con Broady, di Travaglia (in crisi da tempo) con il modesto Martinez (n.107). Fognini, avanti 7-6 6-2 con Ramos-Vinolas dovrebbe chiudere in bellezza oggi.

Del primo giorno di Wimbledon va sottolineata la sconfitta di Petra Kvitova, bicampionessa a Wimbledon ma sempre più alle prese con “bassi” anziché “alti”. Brava la sua “giustiziera” Stephens, una delle mille americane in tabellone. Non mi aspettavo che Opelka beccasse tre set a zero da Koepfer, il tedesco che a Parigi – perdendo una maratona d’oltre 3 ore – ha convinto Roger Federer a ritirarsi al cospetto di Berrettini. Oggi vedremo se Federer ha fatto bene a non giocare quel match, per giocarne poi due soli a Halle, vittoria con Ivaska, sconfitta con Aliassime.

Contro Mannarino Roger ha sempre vinto, 6-0 i precedenti. Ci ha perso un solo set in 16 set ma non in quei due match giocati a Wimbledon nei quali ha concesso una volta 7 game e un’altra 9. Insomma, se Roger perde vuol dire che in campo è sceso il fratello più anziano. E nessuno, nemmeno lui, può sapere per certo se lui è ancora il vero Roger. Dopo due o tre eventuali vittorie (Mannarino, Gasquet, forse Norrie…) allora ne sapremo di più.

Sono molto contento che sia tornato al successo Sir Andy Murray, campione di razza, vero Braveheart scozzese con la sua anca di metallo. Una volta che Basilashvili ha vinto il terzo set rimontando da 0-5 e salvando due matchpoint, ho temuto il peggio. Un Murray non distrutto sarà favorito anche contro chi vincerà fra Otte e Rinderkneck che – match sospeso – aspirano ad essere i secondi a giocarsi un tiebreak finale a Wimbledon sul 12 pari come accadde a Djokovic e Federer (i tifosi dello svizzero mi scusino se gli ricordo quella ferita…). Stanno 9 pari al quinto, dopo 3 ore e 39 minuti, ormai manca poco al traguardo.

Un po’ più, ma mica tanto, manca al traguardo di Novak Djokovic, quello dei 20 Slam, sei partite ancora (di 5 sembrano proprio facili) per eguagliare i 20 di Roger e Rafa. E parlare di Grande Slam, di Golden Grande Slam, di GOAT.

Buon tennis… in tv, a tutti. Ma che male mi fa non esser lì, a vedere da due passi quei lawns verde smeraldo che ogni giorno ingialliscono sotto le suole, anch’esse rigorosamente bianche – ricordate quando a Federer gli fecero cambiare quelle rosse? – perché a Wimbledon dove non ci sono striscioni pubblicitari sui prati neppure in questo mondo inflazionato dalla pubblicità, si vorrebbe sempre sognare che il tempo si fosse fermato al 1877. E chi non sogna è perduto. Magari smarrito… a Firenze.

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