Sinner: “Gli infortuni? Niente è casuale, devo essere ancora più professionale”

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Sinner: “Gli infortuni? Niente è casuale, devo essere ancora più professionale”

Al Pala Alpitour di Torino, Jannik Sinner. ospite nella lounge Lavazza parla della stagione appena conclusa, della nuova Next Gen, di quel punto allo US Open vs Alcaraz, di Berrettini, Piatti e altro ancora

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Jannik Sinner – ATP Finals 2022
 

La stagione Jannik Sinner è stata tormentata dagli infortuni e si è chiusa con l’annuncio del forfait in Coppa Davis. L’azzurro ha terminato il 2022 al 15° posto del ranking, certamente non il risultato atteso a inizio anno, ma nemmeno disprezzabile vista la quantità di problemi fisici che lo hanno afflitto. Niente ATP Finals da protagonista, quindi, ma lunedì Jannik è comunque arrivato al Pala Alpitour di Torino. Di seguito, la sua chiacchierata – fra un caffè e l’altro – con i giornalisti presenti, invitati per ascoltare il loro testimonial Sinner, non sempre facilmente raggiungibile. Un grazie è d’obbligo

D: La musica ti aiuta a concentrarti quando sei in campo?

Jannik Sinner: “Sinceramente qualche volta non me ne accorgo neanche, perché comunque sono talmente focalizzato su quello che devo fare che non ci pensi. Qualche volta però ti rilassa, dipende un po’ dalla partita”.

D: Hai alcune scaramanzie particolari? Ad esempio Nadal con le bottiglie e i suoi rituali è fuori da ogni immaginazione…

Jannik Sinner: “Qualche volta magari tra uno scambio e l’altro mi immagino delle righe sulle diagonali, però niente di speciale. Se faccio un torneo abbastanza bene un anno, la stagione successiva cerco più o meno di mantenere tutto uguale: stessa doccia, stesso bagno, ma se ad esempio è occupato non mi faccio grandi problemi!”

D: Tutto ciò funziona?

Jannik Sinner: “In alcuni tornei sì, in altri no”.

D; “Hai visto le partite di ieri? Come ti sono sembrate le condizioni del campo?”

Jannik Sinner: “Il campo secondo me è abbastanza veloce, ho visto ieri la partita tra Ruud e Auger-Aliassime e non c’erano tanti scambi. Ho visto un po’ anche Rafa, e da quanto ho visto sembrava decisamente veloce”.

D: A proposito di Nadal, in un’intervista a Parigi aveva parlato di te, dicendo che sei arrivato ad un punto dal vincere gli US Open, perché secondo lui se avessi vinto contro Alcaraz avresti vinto il torneo. Hai pensato un po’ anche tu la stessa cosa?

Jannik Sinner: “È difficile parlarne a posteriori. La partita dopo sarebbe comunque stata molto complicata contro Tiafoe e la finale con Ruud anche, perché lui era già arrivato una volta in una finale Slam. Sicuramente il livello di tennis che abbiamo espresso io e Carlos era altissimo, quando vinci certe partite quel livello te lo porti dietro e probabilmente poi dopo potresti giocare comunque bene. In ogni caso, è difficile dirlo, anche se quella sconfitta mi ha fatto molto male. Per me può comunque essere un bene, magari mi torna utile per l’anno prossimo, per avere più confidenza e fiducia.”

Ubaldo Scanagatta, Ubitennis: Di tutti questi infortuni che hai avuto, ce n’è qualcuno in particolare di cui avresti proprio fatto a meno o sono tutti uguali?

Jannik Sinner: “Quando ti fai male non è mai piacevole, non perché devi ritirarti ma perché proprio non riesci a stare in campo ed allenarti. Quella è la cosa che mi fa più male, perché a me piace giocare a tennis, quella è la mia passione e l’ho scelta per quello. Se devo sceglierne uno, forse opterei per quello capitato a Miami con le vesciche: sapevo che avrei potuto giocare molto bene. Ritirarmi dal match con Cerundolo mi ha fatto proprio male, sentivo che avrei potuto giocare bene. In quel torneo avevo alzato l’asticella con Kyrgios nel turno precedente e quasi non sono riuscito ad entrare in campo. D’altra parte, tuttavia, sono tornato più forte credo. Ogni infortunio che mi è capitato mi ha permesso di tornare più forte, speriamo sia così anche questa volta.”

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D. Adesso cosa fai? Stacchi un pochino, vai a sciare…?

“Ho staccato dopo Parigi perché sapevo che non potevo giocare qua. E poi mi volevo allenare per quasi due settimane per la Davis, prima però ho sentito sempre dolore a questo dito qua. Ho fatto il controllo lo scorso giovedì, quando ho saputo che non potevo giocare comunque avevo già iniziato a lavorare sulla preparazione fisica senza toccare la racchetta o i pesi. Quando andrà meglio il dito si continuerà anche a giocare a tennis.”

D. Il problema al dito?

“È sull’indice, il legamento. Anche se non vorrei dire esattamente cos’è. Sinceramente non pensavo che fosse così grave il problema a Parigi. Non è dovuto a uno stress o trauma. Non ho giocato tantissimo quest’anno inoltre. Ho sentito una botta nel secondo-terzo game contro Huesler, forse quando stavo servendo dotto 0-2. Non pensavo fosse così grave. Invece poi più andavo avanti e più lo sentivo.”

D. La decisione di non giocare la united cup?

“La United Cup l’avevo già esclusa. Abbiamo visto cos’è meglio per noi. Darren è di Adelaide e poi credo che per me è meglio fare un torneo classico prima per poi allenarsi una settimana prima di Melbourne.”

D. Finisce il tuo primo anno in cui hai cambiato qualcosa: cosa ti sei portato di più quest’anno e quali sono i miglioramenti che vorresti fare il prossimo.

“Sicuramente sono migliorato fisicamente. Poi il servizio. La risposta deve diventare più un’arma. Anche mentalmente, sono forte ma posso salire tanto e quella parte mi permetterà di essere un giocatore ancora più completo. Quest’anno ho fatto meno tornei, ho perso meno partite, non so se ne ho vinte di più. Ho fatto un anno più costante e questa è la cosa più importante. L’obiettivo per l’anno prossimo è continuare a crescere e migliorarsi e poi vediamo dove sarò tra un anno.”

Sinner ora n. 14 è più forte di quello che era n. 9?

“Secondo me è più forte perché lo dicono anche i risultati nei tornei più grossi. Sono stato più costante. Come persona? Non sono cambiato niente. Sono uno che si diverte con poco, giochiamo a carte prima di ogni match col mio team. Giochiamo a un gioco simile a scala 40, ma è un gioco francese e si deve scendere con 51 punti. Non è difficile, ci vuole anche fortuna!”

Scanagatta: Che gioco fate a carte?

“Simile a scala quaranta, ma è una versione francese, bisogna scendere da 51 punti e avere una scala senza il jolly. Un casino…”

Con chi giochi di solito?

“Cono la mia squadra, Simone, Jerome che ci ha insegnato il gioco. Ma anche Darren. Ci vuole molta fortuna…”

Ma un bel viaggetto a Lourdes, a proposito di fortuna? Ti sta succedendo di tutto a livello di fortuna…

“Io credo che evidentemente devo essere ancora più professionale di quello che sono perché niente succede per caso. Se prendi una storta è sfortuna, altrimenti no. Bisogna essere ancora più bravi nel prevenire certe cose. Forse avere tanti tipi diversi di infortuni è stata anche una fortuna così vedo su cosa devo migliorare. Io sono pronto ad essere ancora più professionale”.

Il tuo fisico si sta ancora assestando?

“Non lo so: i miei genitori l’ultima volta che mi hanno visto mi hanno detto che sono cresciuto ancora… Spero che la crescita si sia fermata, così possiamo lavorare in modo diverso. Non penso in ogni caso di crescere altri cinque centimetri… Ora sono 191 cm, mentre peso tra i 75 e i 76 kg”.

Gaudenzi ha evidenziato che questa è un’edizione delle Finals caratterizzata dal fatto che molti giocatori sono passati dalle Next Gen. Questo mette o toglie pressione?

“Su questo è meglio se parlate con chi gioca qui. Da spettatore è difficile dire se ci sia pressione o meno. Probabilmente sarà un torneo un po’ diverso rispetto all’anno scorso; c’è chi ha già vinto questo torneo da giovane, come Medvedev e Tsitsipas, chi lo gioca per la prima volta come Fritz e Auger-Aliassime, chi è sempre lì come Rublev. Saranno belle partite”.

Alcaraz, Rune, Sinner e Musetti. Un’altra next gen? Cosa avete di particolare rispetto alla Next Gen precedente?

“Difficile da dire. Forse abbiamo un po’ più di personalità in momenti topici, ma il momento è alto in generale. Se guardi il numero 10 o il numero 50 e non sai quale è la loro classifica, spesso non sai chi dei due è il top ten. Riparliamone l’anno prossimo e vedremo cosa sapremo fare”.

Chi ti ha impressionato di più quest’anno tra gli avversari? Un nome solo…

“Alcaraz perché ha vinto due 1000, ha vinto uno Slam, ha vinto contro Rafa e Nole sulla terra consecutivamente”.

E’ il giocatore da battere?

“Sì, ma ci devi arrivare, perché lo trovi in fondo ai tornei… Ormai tutti sono forti”.

Tu lo hai battuto. Come si batte Alcaraz?

“Giocando bene! (sorridendo). Diciamo che sul piano mentale io mi sento forte. Ma su tante cose posso ancora migliorare. Io credo che lui sia uno dei giocatori più forti sul piano mentale. Ma anche io lo sono. Quindi forse per questo quando giochiamo uno contro l’altro escono sempre belle partite; quando siamo in difficoltà, entrambi sappiamo trovare le soluzioni. Comunque lui ora ha un’altra posizione rispetto alla mia e io devo pensare a me stesso, lavorando su quello che devo migliorare”.

La forza mentale cresce giocando più match importanti? O con un mental coach?

“Io lavoro con un mental coach, ma alla fine devi essere bravo a capire cosa è buono per te o meno. Questo arriva con l’esperienza. Quello che ha fatto Nole contro di me a Wimbledon è qualcosa che a me manca ancora. Io ero troppo lento a capire come lui giocava e cosa dovevo fare io. Questa era la differenza; lo avessi capito prima, non ci sarebbe stata una rimonta così netta nel punteggio. Vedremo la prossima volta come andrà”.

Scanagatta: Quando hai stabilito di non poter giocare la Davis, hai sentito Berrettini?

“Prima ne ho parlato col mio team, perché dovevo cercare di capire quale era la cosa migliore per me o comunque per noi. Poi ho chiamato Filippo, perché è lui a dover sapere queste cose, e poi ho mandato un messaggio sul gruppo dove siamo tutti. Ma non ho parlato a Matteo in particolare. La cosa positiva è che abbiamo tantissimi giocatori forti che possono competere contro chiunque. Io farò il tifo, purtroppo da lontano, ma con piacere, perché ho fatto le qualificazioni per andare a Malaga. Lì c’è il divertimento vero e purtroppo non ci sono. Questo mi fa male, non vedevo l’ora di giocare la Coppa Davis dopo lo US Open perché giocare per l’Italia mi dà tante emozioni”.

Scanagatta: Contro gli Stati Uniti come la vedi?

“Noi siamo forti, ci dobbiamo credere. La Coppa Davis è una competizione di squadra, non individuale. Noi ci crediamo, abbiamo un ottimo team intorno, e tante cose buone. Speriamo di riuscire a batterli, sarebbe un passo molto importante”.

Ti aspettavi un’esplosione così immediata di Rune?

“Avevo giocato contro di lui a Sofia e già sentivo che stava giocando molto, molto bene: poi ha fatto questo salto di qualità a fine anno e gli devo fare i complimenti perché ha fatto vedere un ottimo livello di tennis. Vedremo l’anno prossimo come andrà, io devo continuare a lavorare, vediamo l’anno prossimo come va”.

Scanagatta: Con Piatti vi siete più sentiti?

“Ci siamo lasciati in ottimi rapporti, ma non voglio più parlare tanto di questa cosa”. (nota di Ubaldo Scanagatta: “Questa risposta lascia però pensare che qualche problemino ci sia ancora”. Questioni economico-legali in ballo? Al momento sarebbero pure illazioni. Prima o poi sapremo, forse, di più

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