Tennisti ignari delle regole, arredi mutanti, falchi distratti e volpi irrise

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Tennisti ignari delle regole, arredi mutanti, falchi distratti e volpi irrise

Da Andy Murray a Ons Jabeur e Camila Giorgi, episodi bizzarri e prodezze balistiche del 2022 che portano alla luce regole (non tanto) sconosciute. Con l’aiuto di Hawk-eye e FoxTenn

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Andy Murray - Madrid 2022 (foto @MutuaMadridOpen)
 

“I giocatori non conoscono le regole” affermava perentorio un tuo amico e collega giudice arbitro. Perché erano tempi complicati, tra Kurt Cobain che non c’era più, i Green Day che trascinavano il punk rock nel mainstream, la prima stagione di Friends e la mancanza di un world wide web davvero worldwide nonché dei social media. Forse l’ultima parte rendeva le cose più semplici, ma dipende dai punti di vista. “D’altronde” aggiungeva l’amico, “nemmeno io le conoscevo tutte quando giocavo a basket. E tu?”. No, neanche tu. Così succedeva che un arbitro ti permetteva una posizione o un certo movimento e alla partita successiva un altro arbitro ti diceva che no, lì non ci puoi stare, oppure ti fischiava un’infrazione di passi. Alla richiesta di procurarti il regolamento, una fotocopia, un fax, un ciclostile, il coach quasi ti rise in faccia. C’era gente più simpatica e intelligente. Così, inevitabilmente passato a uno sport individuale, quando la FIT ti fornì il volume “Carte Federali” con le Regole di Tennis e tutto quanto, quasi ti eri commosso. Per dire che, dopotutto, non sapere le regole di uno sport era l’anomala normalità per i praticanti. Oggi, però, con qualsiasi documento a portata di clic, non ci dovrebbero più essere scuse. Eppure.

ARREDO SARAI TU – “Gli arredi permanenti del campo comprendono le recinzioni di fondo e laterali, gli spettatori, le tribune e le sedie per gli spettatori, tutti gli arredi attorno e sopra il campo, la sedia dell’arbitro, i giudici di linea, il giudice di rete ed i raccattapalle quando sono nei loro rispettivi posti. In un incontro di singolare giocato con la rete da doppio ed i paletti da singolare, i pali e la porzione di rete esterna ai paletti da singolare sono arredi permanenti e non sono considerati pali o parte della rete”. La seconda parte è passata dalla carta alla realtà per esempio alcuni anni fa (sicuramente diverse altre volte, ma quella ci ricordiamo), protagonista Almagro, con la palla che ha colpito il nastro tra il paletto e il palo ed è tornata in campo. L’arbitro ha fermato il gioco e nessuno pareva capire il perché. Per quanto riguarda invece la prima parte della regola riportata, notiamo la traduzione errata della FIT che scrive sedia dell’arbitro invece di arbitro di sedia (chair umpire nell’originale).

OCCHIO (CHIUSO) DI FALCO – Un tempo, si sorrideva leggendo dei vari giudici e spettatori come “arredi”. Poi è venuta la pandemia a materializzare quelle parole, grazie alla triste idea da parte di qualche torneo di piazzare delle sagome per riempire gli spalti vuoti. In senso neanche troppo figurato, anche l’arbitro è sulla strada giusta per diventare un arredo a causa dell’impiego di hawkeye-live, la tecnologia per le chiamate elettroniche in tempo reale. Rare volte all’umano sulla sedia è concesso di svegliarsi dal suo torpore e imporsi sulla tecnologia con un overrule. Succede quando la palla finisce fuori oltre i limiti coperti dal sistema oppure se il lungolinea respinto dal nastro e ricaduto in corridoio viene chiamato out come se fosse un colpo dell’avversario.

Il problema nasce quando la palla è fuori di un mezzo metro e la tecnologia tace, come sulla prima battuta canadese nel doppio di Coppa Davis contro la Germania, con l’arbitro che stava pensando ai fatti suoi oppure ha visto ma non era sicura di poter intervenire. La faccenda è stata infine risolta facendo valere la furba previsione regolamentare secondo cui “se il sistema non è disponibile e l’arbitro non è in grado di prendere una decisione, il punto deve essere rigiocato”. La credibilità del sistema è salva e l’arbitro è sempre più arredo. Purché rimanga al proprio posto e non cominci a scendere dal seggiolone ricordandosi improvvisamente di avere un altro impegno. In quel caso, non permanendo, non è neanche più arredo e, se lo colpisci, bravo ma non ti danno i 300 punti dell’astronave di Space Invaders bensì, di nuovo, si rigioca il punto. Con un altro arbitro, probabilmente.

CHI HA FATTO PALO? – Ma non è solo il team arbitrale ad avere la mystica capacità di mutare il proprio status di arredo. L’esempio più bizzarro è quello del palo della rete che sul servizio è arredo permanente, ma torna parte della rete appena parte lo scambio. In realtà le regole non lo descrivono in questo modo, ma il risultato è quello: “La battuta è fallo se la palla battuta tocca un arredo permanente, il paletto da singolare o il palo prima di toccare terra”. Ci è sempre sfuggita la ratio di questa diversificazione e siamo aperti a spiegazioni. A sfuggire è stata però la regola stessa nel match tra Andy Murray e Nikoloz Basilashvili lo scorso gennaio a Sydney. Ecco la prodezza balistica del caso:

La prima battuta di Basil tocca il nastro, schizza sul palo e ricade nel giusto rettangolo. Nikoloz reagisce con un leggero gesto di stizza per un episodio di rara fortuna se solo fosse valido e si prepara a servire la seconda, ma l’arbitro gli concede il primo servizio. Qui il vero protagonista è il giudice di sedia, ma Andy Murray accetta la decisione senza battere ciglio e l’episodio rientra a pieno titolo nella nostra serie. Certo, in uno slancio di onestà, Basilashvili avrebbe dovuto protestare e, risolta a suo (s)favore la questione, servire la seconda palla dopo aver perso il ritmo e sotto 0-3 nel tie-break.

CARAMBOLA – Nella finale di Wimbledon, il tentativo di risposta di Rybakina è diretto verso la tribuna laterale e Jabeur controlla la traiettoria per poi disinteressarsene. La palla rimbalza però contro la sedia dell’arbitro e torna verso la metà campo di Jabeur. Ormai certa di aver vinto il punto, la tunisina si riattiva in una frazione di secondo andando verso la palla, salvo poi fermarsi quando essa ricade nel corridoio. No, Ons, è tennis, non biliardo: non sarebbe stato valido. Tuttavia, anche limitandoci alla reazione istintiva in un contesto di grande tensione per la prima finale Slam, non siamo certi che abbia davvero pensato che la giocata fosse buona e potrebbe essere stata una simpatica gag di colei che è considerata dalle colleghe la più divertente del Tour. Comunque sia, la ringraziamo per lo spunto.

CACCIA ALLA VOLPE – Al Millennium Estoril Open, quando Frances Tiafoe serve una prima volta per restare nel match contro Sebastian Korda, si verifica l’episodio che aspettavamo fin dalla prima uscita pubblica di Foxtenn, tecnologia dall’hardware decisamente meno discreto rispetto a quello di Hawk-eye. Il colpo del ceco è trattenuto dal nastro e la palla cade a fil di rete atterrando sopra una delle videocamere della Volpe, irraggiungibile da Tiafoe. La regia può mandare il contributo video (no, non può, cliccate sul link qui sotto).

Va tenuto presente che la “macchinetta” è considerata al pari del tubo tendirete a volte usato nei tornei indoor: se il giocatore la tocca, perde il punto perché considerata parte della rete; se la palla vi cade sopra, è considerato “primo rimbalzo” come se fosse la superficie di gioco. Sulla videocamera è dipinto il prolungamento della linea, quindi una parte di essa è considerata “buona”, mentre quella esterna è arredo permanente. Nel replay, si vede la palla colpire chiaramente la parte in campo, nonostante il giudice di linea non segnali alcunché. Frances però non è convinto e domanda se il primo rimbalzo sia quello sulla macchinetta oppure – gli piacerebbe – quello successivo in corridoio. Si appella poi a Foxtenn, ma dev’essere uno di quei giorni in cui la tecnologia ti si rivolta contro perché il replay non è disponibile, essendo la palla caduta sopra il dispositivo, non davanti. Ad aggiungere stranezza alla vicenda, l’assenza di videocamere posizionate a fondo campo puntate sulle stesse linee, in modo da averne almeno una non “impallata” dal giocatore, ma non ce n’è traccia. Questo mistero a parte, l’arbitro conferma la chiamata originale come da regolamento, non essendoci evidentemente nemmeno un segno da controllare (fosse stato uno smash diretto, magari un’ammaccatura…). Antropologicamente interessante la reazione del pubblico.

HARD WARNING – “Non devo essere pronta dopo 10 secondi, me ne sono rimasti altri 15” dice una Belinda Bencic furibonda eppure contenuta all’arbitro che le ha inflitto un warning per violazione di tempo perché non pronta in ribattuta. La verità, tuttavia, è che non ha altri 15 secondi. Alla domanda del giudice di sedia, “Vuoi che ti spieghi la regola?”, Belinda risponde con due domande: non si fa così. Ci pensiamo noi, allora, a riportare dal Rulebook che il ribattitore deve adeguarsi al ragionevole ritmo del battitore e che la violazione di tempo può essergli chiamata prima dei 25 secondi. Precedentemente, Bencic aveva perfino ricevuto (beneficiato di) un soft warning, prassi che vuole l’arbitro avvertire il tennista che commette un’infrazione che la prossima volta lo punirà con un… avvertimento. Non sappiamo se abbia contribuito a far infuriare Belinda, ma bisogna ammettere che con altri giocatori in campo 10 secondi sono il tempo che passa prima che il cronometro venga fatto partire. A ogni modo, per perorare la nostra causa, quel “I have 15 seconds left” è perfetto.

SPOT ON – Al Roland Garros, Camila Giorgi si presenta in campo per la sfida poi vittoriosa su Sabalenka con una denominazione commerciale sul davanti della maglietta, mentre il regolamento impone che venga posizionata sulla manica (tranne, ça va sans dire, in caso di smanicato). Camila cade dalle nuvole, dice all’arbitro che non ha altre magliette (a parte una fabbrica…), arriva il supervisor che le concede di giocare. L’episodio viene riportato dai vari media, lo sponsor – immaginiamo – è contento. Un esempio di come non conoscere (o “non conoscere”) una regola a volte si traduca in un vantaggio. Nulla di nuovo: lo aveva dimostrato alcuni mesi prima Reilly Opelka allo US Open con una borsetta irregolarmente griffata, episodio che aveva fatto il giro del mondo non solo tennistico a causa della multa conseguente che qualcuno potrebbe chiamare investimento pubblicitario.

EGO-NISMO – Concludiamo con Nick Kyrgios che, in preda a chissà quale trance ago-esibizionistica, supera la linea della rete per andare a colpire al volo una palla destinata a rimanere nel lato di Medvedev, poi si compiace per il “numero” senza capire perché Daniil richiami l’attenzione di Eva Asderaki. Se la palla fosse rimbalzata nel campo australiano e tornata indietro con l’effetto, sarebbe stato un colpo valido; se fosse rimbalzata dalla parte russa, sarebbe stato un colpo inutile. In questo modo, la giocata di Nick entra prepotentemente nelle zone alte della classifica dei punti già vinti e invece no.

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