Un torneo emozionante, incerto fino al’ultimo, pieno di colpi di scena e di ribaltamenti. Match trepidanti da tenere tutti col fiato sospeso. Match point annullati, rimonte clamorose, campioni sorpresi, nuovi talenti sbocciati. Tutto in sole due settimane di torneo, come al solito Parigi vai bene una Messa.
E poi quest’anno ha fatto caldo, da quando hanno realizzato il tetto sullo Chatrier, in due anni non è scesa nemmeno una goccia di pioggia. Quanto meno porta bene, Binaghi che ne pensi? Non è vero, ma ci credo.
Che poi, beati loro questi francesi. Guadagnano milioni su milioni con il torneo, possono permettersi ogni anno di creare campi nuovi, ampliare il torneo etc etc ma alla fine i loro fenomeni non superano il secondo turno. Si consolano con l’epica vittoria del moribondo Monfils al quale dovremmo chiedere scusa perché non avevano creduto a quelle che pensavamo fossero le sue solite sceneggiate. Era rotto davvero, ma non gli chiediamo scusa lo stesso perché a furia di fare il clown quella volta che sei rotto davvero non ti crede nessuno (a parte i nipoti di Chauvin).
Per carità, non è che per noi cuginetti sia stato un torneo indimenticabile, però almeno la domenica di mezzo l’abbiamo scavallata. Merito di Lorenzo Sonego (7,5), strepitoso nel superare nel delirio del Lenglen Rublev (5) e arresosi al russo di riserva Khachanov e di Lorenzo Musetti (7), che ancora una volta ha esibito il suo tennis sublime e leggiadro ma ancora un po’ troppo leggerino per superare il satanasso iberico e soprattutto la “profezia” di Wilander che ha visto in lui un mix tra Kuerten e Federer: carriera praticamente finita.
Anche se poi il predestinato, l’unto dal Signore; l’ex numero 1 del mondo Alcaraz (6,5) si è incrampato sul più bello contro Nole, non sia mai si potesse vedere una partita decente in questo torneo. D’altra parte non si può pretendere la luna da Carlitos, con tutte le energie che impiega a fare tre volte il pugnetto e a mostrare il muscolo ad ogni punto, non si può certo chiedergli di avere la forza per reggere 3 set contro un attempato trentaseienne.
Anche Medvedev (4) aveva dato tutto a Roma, aveva sporcato di terra rossa una dose sufficiente di calzini e non poteva certo rimanere ancora a lungo sul “mattone tritato” parigino.
Stefanos Tsitsipas (5) ci crede ancora, magari un po’ meno, una volta perdeva le finali slam, adesso filosofeggia sui social, non litiga nemmeno più di tanto con il padre e ha capito che la vita è una Badosa meravigliosa.
A proposito, Jannik Sinner (4) ha detto che in campo non era felice e che la prossima volta sarà più felice. Ora, caro Jannik, se hai trovato la ricetta della felicità autoimposta (a meno che non abbia trovato la stessa “soluzione” di Tsitsipas), sei un genio assoluto, hai raggiunto uno degli obiettivi più grandi della storia dell’umanità, e cosa vuoi che sia vincere il Roland Garros o Wimbledon.
“In fondo stiamo parlando di una partita di tennis” ha detto Elisabetta Cocciaretto (10) e noi, che già la adoravamo prima perché gioca bene e le sue conferenze sono sempre divertenti, adesso ne siamo follemente innamorati. Ah, è anche la nuova numero 1 d’Italia, giusto per gradire.
Martina Trevisan (S.V.) purtroppo non ha potuto ripetere il grande torneo dello scorso anno: un brutto guaio fisico e una Svitolina (7,5) al primo turno gliel’hanno impedito. In bocca al lupo!
Tra Svitolina e Sabalenka (6) non c’è stata la stretta di mano, la bielorussa tuttavia ha messo in scena un paio di finte conferenze stampa (0 a chi glielo ha concesso) perché “non si è sentita al sicuro” dinanzi a un paio di domande sulla sua vicinanza a Lukashenko e alla guerra in Ucraina. Noi c’eravamo a quella conferenza stampa e forse quella meno al sicuro ci è sembrata la povera cronista. Ma vabbè…
Il premio fair-play del torno chiaramente lo meritano Sorribes Tormo e Bouzkova (0) che hanno chiesto e ottenuto la squalifica di Sutjiadi e Kato (e già le odio per avermi fatto scrivere il cognome della prima), con quest’ultima rea (?) di aver colpito una ragazzina con una pallina: una roba che al più sperduto circolo di periferia ti avrebbero sbattuto fuori o magari mandato a giocare a pickleball.
L’onore italico è stato tenuto alto anche da Andrea Vavassori (8) che ha impiegato oltre cinque ore, match point annullati, rimonte, crampi e chi più ne ha più ne metta per regalarsi la prima vittoria in uno slam. Poi ha spiegato a tutti che il suo segreto è una dieta che da qualche anno sta rispettando in maniera rigorosa e quindi anche noi, da oggi, seguiremo rigorosamente la dieta Vavassori (riso, pollo e allegria) per spuntarla nei tornei di quarta categoria.
Applausi anche ad Arnaldi (7) e Zeppieri (7), e un bravo pure a Cobolli (6,5) che si è qualificato e poi, per colpa di Alcaraz (e di Bove che gli ha dato i biglietti) ha fatto pure in tempo ad andare a Budapest a vedere la sua Roma perdere ai rigori.
La finale europea sarà rimasta sullo stomaco anche a Fabio Fognini (7) che però si è regalato due grandi partite prima di arrendersi agli acciacchi dell’età.
E giungiamo infine ai vincitori. Come dicevamo all’inizio è stato un torneo sorprendente, lo hanno vinto per la terza volta quelli che dovevano vincerlo.
Iga Swiatek (10) ha provato in finale a regalare un po’ di suspance e quasi ci rimetteva la pelle: la polacca è di tre spanne sopra le altre ma Muchova (9) ha dimostrato che si può giocare un tennis diverso e divertente, propositivo e di volo anche sulla terra e contro la più forte di tutte.
Eh si, alla fine ha vinto Novak Djokovic (10): 3 Roland Garros, 23 Slam, 94 titoli, not too bad direbbe lui se al nostro direttore fosse stato concesso di fargli l’elenco dei titoli (ma questa è un’altra storia). Ora restano gli ultimi obiettivi: il Calendar Grand Slam, l’oro olimpico, imparare lo smash e preparare un discorso di premiazione che non sia ispirato alle antiche frequentazioni del Guru.
Il povero (si fa per dire) Casper Ruud (9), fantasma per tutto l’anno è tornato in vita al momento opportuno. Non è colpa sua se nelle finali slam si trova davanti solo fenomeni, ma a stare sempre lì prima o poi qualcosa può sempre accadere. Intanto ha respinto Rune (5,5) e Zverev (7) che è tornato sul luogo del misfatto (storta alla caviglia) e tutto sommato ne è uscito bene.
Haddad Maia (8) e Seyboth Wild (7) hanno riportato la bandiera brasiliana in alto in quello che fu il regno di Kuerten, ma bando alle ciance, la stagione sulla terra è ormai acqua passata.
Da oggi si tornerà a respirare l’aria dei prati, l’aria di un mondo nuovo, di una nuova stagione, di una nuova era, di una nuova vita, di nuove emozioni e nuove storie che porteranno al sacro suolo di Wimbledon. Dove avremo finalmente una nuova avventura, un nuovo avvincente romanzo, un nuovo brivido e un nome nuovo, una nuova poesia e una nuova pagina di storia da raccontare. Il ventiquattresimo slam di Novak Djokovic.