Alex Schwazer: "Sinner non deve fare un dramma delle sconfitte. Conquisterà più di un Major"

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Alex Schwazer: “Sinner non deve fare un dramma delle sconfitte. Conquisterà più di un Major”

“Se pensa che la semifinale con Djokovic è il match più importante della carriera, è finita. Se pensa che è la prima di tante semifinali Slam, comincia tutto” così l’ex marciatore, oro a Pechino 2008. “”Noi altoatesini non ci perdoniamo di non aver fatto tutto alla perfezione”

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Alex Schwazer, 38 anni, altoatesino, ex campione di marcia ed oro olimpico per l’Italia nei 50 km a Pechino 2008, una vita a dribblare accuse e squalifiche, è per provenienza culturale e resilienza, molto più vicino a Jannik Sinner di quanto si pensi. Recentemente (in un periodo in cui le serie sullo sport, anche sul tennis, si sprecano) è uscita una docu-serie su di lui, chiamata “Il caso Alex Schwazer“, in cui viene raccontata nel dettaglio la sua storia da atleta, i problemi con il doping e la giustizia, un’odissea che ne ha stravolto la vita e la carriera. Rimane un grande atleta, ma soprattutto un uomo che conosce lo sport e le persone, come dimostrano alcune delle parole rilasciate in un’intervista a Gaia Picardi per il “Corriere della Sera“.

Io credo che noi (altoatesini)“, commenta il marciatore paragonandosi a Sinner, “abbiamo un grande pregio che è anche un enorme difetto, un misto di testardaggine, resilienza, severità con noi stessi. Non ci perdoniamo di non aver fatto tutto, inclusi i minimi dettagli, alla perfezione“. Schwazer, pur non conoscendo di persona il n.8 al mondo, appare ben conscio di chi sia e come sia fatto il suo conterraneo: “Mi piace Jannik, lo seguo. E, razionalmente, penso: è bravo su tutte le superfici, ogni anno ha quattro occasioni di vincere lo Slam, se riesci a mantenersi al top per dieci anni significa 40 occasioni. Conquisterà un Major, anche più di uno. Con la mia esperienza, gli dico: non faccia un dramma delle sconfitte, sennò il pregio della resilienza diventa il suo più grande problema. Attenzione, cioè, a non diventare mai il più grande nemico di sé stesso“.

Schwazer sa cosa significhi essere campioni in uno sport singolo, quando si è da soli contro tutti. Ma sa anche quanto sia importante non porsi mai limiti, così mette in guardia Sinner: “Se pensa che la semifinale con Djokovic è il match più importante della sua carriera, è finita. Se pensa che è la prima di tante semifinali Slam, comincia tutto“. Idee ben chiare, consapevolezza di quanto possa anche far soffrire uno sport del genere (“allenarsi otto ore al giorno non può far vedere tutto come un divertimento, ma se il tuo sport non comincia a pesarti la solitudine non è un problema“), e soprattutto di quanto può essere importante esprimere i propri problemi, chiedere aiuto. “Ha fatto bene [Jannik] a cacciare tutto“, riflette Schwazer, “noi montanari tendiamo a chiuderci, ed è sbagliato. Io non avevo minimamente la maturità di Jannik alla sua età. Ma Sinner non ha paura di prendere decisioni importanti, sennò Piatti non lo avrebbe lasciato“. Allora appare chiaro come il nostro direttore Ubaldo Scanagatta non sia l’unico ad avere tanta fiducia in Sinner per la semifinale di domani, ma anche gli altoatesini come lui hanno gli occhi che brillano d’orgolio.

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