Wimbledon: Jannik Sinner non merita le critiche che gli piovono addosso. Ha fatto soffrire Djokovic più del risultato

Editoriali del Direttore

Wimbledon: Jannik Sinner non merita le critiche che gli piovono addosso. Ha fatto soffrire Djokovic più del risultato

All’estero c’è più fiducia nel suo futuro di campione che in Italia. Ha perso da Djokovic e per non avere sfruttato alcune occasioni ad alcuni pare che sia un tennista senza futuro

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Jannik Sinner - Wimbledon 2023 (foto Twitter @wimbledon)
 

Fra i lettori di Ubitennis e dei vari social ci devono essere parecchi discendenti di quel Brenno, capo dei Galli Senoni che misero a sacco Roma nel 397 avanti Cristo. Fu Brenno che, contro le proteste dei Romani che si lamentavano delle bilance utilizzate e truccate per la pesa del riscatto (mille libre d’oro), gettò sul piatto dei pesi anche il suo sciabolone per aumentare ulteriormente il suo bottino pronunciando la celebre frase: “Vae Victis!” (Guai ai vinti!). Che molti secoli più tardi qualche mio concittadino fiorentino avrebbe parafrasato con un cinico e meno elegante: “Agli zoppi grucciate!”. E nessuna pietà per chi perde.

Eh sì, è bastato che Jannik Sinner perdesse con un signore che è stato n.1 del mondo soltanto per 389 settimane, che ha vinto 23 Slam e domenica potrebbe arrivare a 24, che ha vinto 38 Masters 1000…e che ci abbia perso facendo dieci punti in meno contro un fenomeno che non conosce sconfitta su quel centre court da 10 anni e 45 partite, perché una infinità di protervi discendenti di quel Brenno bollassero impietosamente il nostro Jannik, come il più scarso dei vinti.

Chissenefrega se il ragazzo dai ricci rossi della Val Pusteria che non ha ancora 22 anni… a) si è coraggiosamente conquistato 6 palle break, tre nel primo set fra primo e quinto game, una nel secondo nel quarto game per restituire il break appena subito, due consecutive che erano anche setpoint sul 5-4 in suo favore per trascinare la sua prima semifinale al quarto set contro un fenomeno  che giocava invece appena la quaranteseiesima b) è stato avanti di un minibreak (3-1) nel tiebreak contro quello stesso fenomeno che di tiebreak ne aveva vinti 14 di fila.

Non essendo riuscito, il tapino, a sfruttare alcuna di queste ghiotte opportunità che nessuno, certo non Djokovic, gli ha regalato…”vae victis!”, guai ai vinti!

Non so più quanti lettori di Ubitennis e frequentatori di Facebook e dei vari social si siano in un battibaleno ovunque scatenati nell’affibbiare a Sinner la patente del perdente, dello scarsone che non sa sfruttare le occasioni che gli si presentano. Nel dargli del presuntuoso che non si rassegna a dichiararsi sconfitto ancor prima di entrare in campo ma osa – lo screanzato! – dire che proverà a battere perfino uno dei principali candidati al leggendario mito del GOAT. Nel profetizzare che mai e mai poi vincerà uno Slam o salirà fra i primi 5 tennisti del mondo.

Mentre a Djokovic che sul centre court dichiara testualmente “che la partita è stata più equilibrata di quanto dica il punteggio”  e che“Sinner è uno dei leader della nuova generazione” nessuno dei discendenti di Brenno capo dei Galli sembra voler dare il minimo credito.

Il gusto di emanare sentenze negative qualcuno proprio non se lo vuol togliere. Anche fra coloro che leggono Ubitennis, purtroppo.

Eppure sono anni che mi affanno a dire di aver potuto testimoniare significativi progressi maturati nel tempo perfino in indiscutibili fenomeni quali Federer, Nadal, Djokovic. Anche dopo i 25, i 28, perfino dopo i 30 anni. Ma chi ha più di 35 anni si ricorda come era il rovescio e il servizio di Rafa Nadal a 22 anni? E si ricorda quanti pochi rovesci coperti, soprattutto in fase di risposta, giocasse a 22 anni Roger Federer che sembrava capace – salvo che se doveva tirare il passante – soltanto di bloccare l’avambraccio per giocare un rovescio slice prevalentemente difensivo? E il dritto di Djokovic somigliava prima dei 30 anni per peso, efficacia e continuità, a quello del dopo 30 anni? No davvero.

Qualcuno ricorda che Djokovic vinse il suo primo Slam in Australia nel 2008 – contro Tsonga – a 20 anni e 8 mesi, ma poi fino al gennaio 2011, quando ne aveva 23 e 8 mesi, non ne vinse più?

Perché se si riconoscono unanimemente i progressi dei FabFour dopo i 25 anni, noi abbiamo così fretta con Sinner che non ne ha ancora 22?

Possibile mai che a Sinner, solo perché ha ottenuto risultati con una precocità superiore a qualsiasi tennista italiano, si debba chiedere di dimostrare già adesso di essere un supercampione e se non ci riesce adesso viene già catalogato e “condannato” a promessa fallita?

Io trovo questo modo di sentenziare assolutamente ingiusto e superficialeCosì come le sentenze che già mettono sul banco degli imputati Vagnozzi e Cahill. Ma se Sinner commette uno dei suoi 3 doppi falli quando è in vantaggio 3-1 nel tiebreak può essere colpa di Vagnozzi e Cahill che qualcuno vorrebbe mandare a casa o per riprendere Piatti o per rivolgersi a Becker o a Norman come se Piatti, Becker e Norman sarebbero invece riusciti a non fargli fare quel doppio fallo o a non sbagliare 4 dritti arrischiati nelle 6 pallebreak non trasformate?

Io mi chiedo come si possono fare ragionamenti del genere. Mi paiono folli.

Può anche essere, per carità, che Sinner non vinca mai uno Slam. Dipenderà da lui e dagli avversari. Ma come si fa a dirlo oggi, perché ha perso da Djokovic?

Io ho scritto per il sito internet di Quotidiano.Net (La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino), dopo 10 minuti che la partita era finita, quel che potrete leggere nella nosta rassegna stampa e a questo link.

lo stesso concetto di quel che avrebbe detto più tardi in conferenza stampa Jannik.

E cioè che, a dispetto del fatto che lo scorso anno lo stesso duello si era protratto per 5 set e invece ieri per soli 3, il gap tecnico fra Djokovic e Sinner si era molto ridotto. Sinner si era mostrato più competitivo e temibile ieri che 12 mesi fa. Ne aveva avuto la stessa impressione Jannik stando sul campo, i due allenatori in panchina, Paolo Bertolucci nell’intervista che gli ho fatto, e modestamente il sottoscritto.

LEGGI A PAGINA 2 Il gap sotto il profilo mentale è ancora profondo, Jannik è ancora fragile di testa

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