Avete mai visto Lorenzo Sonego vincere facilmente un match?
Io non me lo ricordo. Almeno quest’anno.
Beh, sì una volta. Con la controfigura di Matteo Berrettini a Stoccarda, 6-2,6-1. Da un Berrettini più somigliante al vero, al punto che non perse mai il servizio, avrebbe poi però perso a Wimbledon.
Poi, ecco una sola altra volta in cui Lorenzo ha vinto facile, ancora con lo stesso 6-2,6-1 contro Jeremy Chardy, n.591 del mondo, al primo turno al Foro Italico.
Nel corso dell’anno Lorenzo ha giocato 45 partite, 21 vinte e 24 perse con oggi.
Salvo le due vittorie appena citate, tutte le altre 19 vittorie se le è dovute sudare. O al set decisivo, oppure con set chiusi al tiebreak, quando dei long set chiusi sul 7-5, oppure 6-4.
Andate pure a vedere tutti i suoi risultati se non mi credete.
Lorenzo non ha mai vinto match facili. Perché non gli riesce. Non è abbastanza cattivo.
Non lo è fuori dal campo, mai sentito dire una cattiveria, una malignità fuori dal campo, quasi neppure nei confronti della Juventus lui che è cuore Toro fin nel profondo dell’animo, tantomeno lo è in campo. Perfino quando cerca di incoraggiare il pubblico a sostenerlo dopo un suo bel punto contrastato, lo fa in modo dolce, carino, educato, senza l’aria del killer che sta “matando” la propria preda, senza quelle maschere trasfigurate di un Djokovic in erezione agonistica e la faccia stravolta.
Ha battuto anche giocatori molto buoni, per carità. Attenzione, non fraintendetemi. Non sto dicendo che Lorenzo sia un tennista modesto.
Se l’anno scorso a Malaga battè sia Tiafoe sia Shapovalov, come avrei potuto sostenerlo? Oltretutto Tiafoe, top-ten, mica l’ultimo brocco, lo ha ribattuto nuovamente quest’anno, a Miami quando ha infilato forse il suo miglior tris di sempre: Thiem, Evans e appunto Tiafoe prima di cedere al terzo set davanti a Francisco Cerundolo.
Ma, più che la rivincita su un Aliassime n.9 ma in difficoltà fisica (ginocchio…) a Dubai, è stata certamente la splendida vittoria del Roland Garros su Andrey Rublev (n.7 Atp) in 5 set, l’exploit più memorabile della sua annata fin qui.
Insomma che Sonego sia un ottimo giocatore non lo si discute: altrimenti non si sarebbe mai issato a n.21 del mondo nell’ottobre 2021 (meno di due anni fa), anche se oggi lo ritroviamo a n.38.
Sto parlando di un tennista che può vantare, oltre a quel best ranking, tre titoli ATP su 3 superfici diverse nelle cinque finali disputate. E inoltre non credano i suoi eventuali detrattori che sia da tutti raggiungere
due ottavi di finale al Roland Garros, un terzo turno all’Australian Open. Semmai un giocatore delle sue qualità poteva far meglio all’US Open dove si è fermato tre volte al secondo turno.
Ma, quel che io sostengo, pur apprezzando moltissimo sia il ragazzo Lorenzo Sonego, sia il suo coach Gipo Arbino che lo ha tirato su fin da quando era quasi più bambino che ragazzino, è che a Lorenzo, che pure è un bel guerriero e sebbene non gli manchi certo quel che gli argentini chiamano la “garra”, manca tuttavia quel killer-instinct che i buoni giocatori devono invece avere. Se non sempre, almeno ogni tanto.
Ogni sua partita, vinta o persa che sia, diventa una sofferenza. Perché, è più forte di lui, chiunque sia il suo avversario, non riesce a vincere facile. Come minimo rischia sempre (quasi sempre, suvvia..) di perdere.
Con l’aiuto dell’ottimo Andrea Mastronuzzi abbiamo ricostruito un dato abbastanza (negativamente) impressionante: Lorenzo, dacchè è nei pressi dei top-50, ha perso 14 volte (a fronte di 25 vittorie) contro giocatori non compresi fra i primi 100. E contro giocatori fuori dai 199 (Galarneau è n.200!) ha un bilancio davvero non esaltante di 5 vittorie e 7 sconfitte!
Ecco quali sono state (fra parentesi nella colonna di sinistra il ranking di Sonego all’epoca; in quella di destra quella dell’avversario):
56 229 Ben Shelton (USA)
21 203 Filip Horansky (SVK)
21 209 J.J.Wolf (USA)
27 279 Borna Gojo (CRO)
26 230 Victor Troicki (SRB)
34 265 Jason Kubler (AUS)
38 200 Alexis Galarneau (CAN)
In tutta la sua carriera Galarneau aveva battuto un solo top-100: il giapponese Nishioka.
A fine match Lorenzo Sonego è venuto in sala stampa e ha detto, rispendendo a una mia domanda: “Diversa questa mia sconfitta da quella con Gojo. Li’ era un esordio e non ho giocato bene. Oggi invece secondo me ho giocato piuttosto bene, ma lui ha giocato da top20-top 30..”
Mah, forse top20-top30 è una valutazione un tantino esagerata. Quel che non dovrebbe essere possibile, senza gettargli la croce addosso, è che lui riesca a far giocare bene troppi avversari che sulla carta dovrebbe talvolta poter dominare – e non lo fa – o talvolta battere a fatica…e invece purtroppo finisce per perderci. Non si ci può augurare altro che… col passare degli anni il buon Lorenzo diventi un po’ più cattivo. Anche se la propria natura non la si cambia mai facilmente. E sì che Lorenzo non è un giocatore cui manchi il coraggio. Lo ha dimostrato in tante occasioni. In tanti tiebreak vinti. Ma anche dimostrato di non essere mai stato un…rullo compressore alla Chris Evert che diceva “Cerco di bastonare le mie avversarie, così se lo ricordano!”. E se poteva dare 6-0 a una ragazzina emergente, Chris non si faceva pregare. Nè aveva alcuna pietà. Mai regalato un game.
Lo sapeva Filippo Volandri? Ma aveva vere alternative? Ci fosse stato Sinner…O Berrettini? Difatti non aveva nemmeno convocato Sonego, inizialmente. Eppoi come dimenticare quel che Lorenzo aveva fatto in Davis lo scorso anno a Malaga? Oggi che dice che Filippo ha sbagliato parla con il senno di poi. Certo è però che purtroppo Lorenzo non è un “cavallo” sicuro, da Gran Premio. Può riuscire nell’exploit. Ma anche deludere abbastanza clamorosamente. E ciò sia detto senza sminuire le qualità di un Gojo né di un Galarneau che ha giocato certamente un ottimo, imprevedibilmente ottimo match. Adesso dopo la sconfitta di Musetti con Diallo, n.158 ATP, senza che Lorenzo si mostrasse mai in grado di conquistare una palla break, l’Italia battuta per a quarta volta su quattro dal Canada, deve lottare – probabilmente con il Cile – almeno per arrivare seconda nel girone e qualificarsi per le finali di Malaga. In tre set su quattro, contro il n.200 e il n.158 del mondo, i due azzurri n.18 e n.38 non sono riusciti a conquistarsi una palla break. Vabbè che in Davis le classifiche non contano – si è sempre scritto e detto – ma forse qui a Bologna si è esagerato.