Dal tenis criollo al Roland Garros: la storia a due bandiere di Franco Agamenone [ESCLUSIVA]

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Dal tenis criollo al Roland Garros: la storia a due bandiere di Franco Agamenone [ESCLUSIVA]

Bisnonni che vanno, pronipoti che vengono: Franco Agamenone tra Argentina e Italia si racconta a Ubitennis

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Franco Agamenone - Roma 2023 (Foto Francesca Micheli, Ubitennis)
 

Per raccontare la storia di Franco Agamenone si può partire dal cognome: «In teoria è con una sola enne». In pratica con due, anche per lui: «In Italia tutti mi chiamano Agamennone e anch’io ormai mi presento così, almeno è sicuro che la gente mi riconosce (ride, ndr)». Una enne di troppo, persa negli uffici anagrafici ai tempi del bisnonno Giuseppe, emigrato, che sembra voler resistere oltre tempo per potersi avvalere del detto latino nomen omen, il nome è un presagio. Che non gli sia andata poi così male con questa storia del cognome Franco lo sa bene: «Certo che so chi è Agamennone, ho guardato Troy, mi è piaciuto».

La prima racchetta di legno

Entra in un campo da tennis ancora prima che a scuola. A cinque anni inizia a prendere lezioni nel circolo Estudiantes di Río Cuarto, dov’è nato, in Argentina, ma non è quella la sua prima volta. Mamma e papà appassionati di tenis criollo: «non facevano passare neanche una domenica senza andare a giocare». A tre anni Franco scopre cosa vuol dire colpire una pallina con una racchetta: di legno, un po’ più piccola, come lui d’altronde. «All’inizio giocavo solo coi miei genitori, poi ho cominciato ad andare in giro per il circolo in cerca di altre persone», quasi a voler dire «sotto a chi tocca». E forse è vero: «Quando perdevo piangevo tanto, avevo già da piccolo uno spirito competitivo», ricorda ridendo.

Quel colpo basso del destino

Classe 1993, quando ripensa ai suoi venticinque anni torna serio: «Nel 2018 non stavo bene e volevo lasciare il tennis, giocavo solo doppi». Ma, come in ogni storia d’amore che si rispetti, Franco riesce a riappacificarsi con la racchetta. Grazie a Mirta Iglesias, una specie di Polly nel film di John Hamburg con Ben Stiller e Jennifer Aniston: la donna giusta che compare nella vita di un uomo nel momento sbagliato, ma è talmente giusta che alla fine riesce a farlo credere di nuovo nell’amore. Mirta entra nella vita di Franco come mental coach e riesce a farlo credere di nuovo nel (suo) tennis. Perfetto, come direbbe chiunque. Ma tutto è bene quel che… non sai. A maggio 2019 Franco è in Italia per giocare il Challenger Roma Garden, «la notte dopo avrei dovuto giocare una partita», quando riceve una chiamata: «Sei risultato positivo al controllo antidoping». Dieci mesi di stop per negligenza: «alcuni integratori che prendevo erano contaminati, ma io non potevo saperlo». «Il primo mese è stato bruttissimo, ero da solo qui in Italia e ho pianto tutti i giorni». Un colpo basso del destino che, dopo qualche torneo Open giocato tra una giornata di riposo e una di mare – «non potevo fare altro, era l’unico modo che avevo per guadagnare qualche soldo» –, lo riporta a casa, in Argentina: «Ci sono rimasto da agosto a dicembre. Lì mi allenavo, facevo il maestro e nel tempo libero giocavo a calcio». Forma una squadra coi suoi amici, lui si mette in porta. Parerà tutti i colpi, anche quelli fuori dal campo.

Tra lacrime e perseveranza

Nel 2020 si trasferisce stabilmente in Italia, a Lecce. Lo segue la sua fidanzata, che lo aiuta economicamente: «Io avevo zero euro, senza di lei non ce l’avrei fatta». Nei primi tornei del 2021 perde più del previsto: «Erano le prime volte che giocavo sul cemento e dovevo abituarmi a quella superficie». Doveva farlo il prima possibile. «Vai a giocare qualche settimana a Monastir (Tunisia, ndr), così ti abitui a un gioco più veloce e aggressivo» è il consiglio di Andrea Trono, il nuovo coach. Non se lo fa ripetere due volte. Ma non sarà una passeggiata, neanche stavolta. «Al primo turno di qualificazioni (dell’ITF M15, ndr) perdo contro Omar Giacalone 6-4 6-4, torno in stanza e mi metto a piangere. Chiamo la mia fidanzata e le dico “Se continuo così, smetto e riprendo a fare il maestro perché non ho più soldi”». I Romani dicevano gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra: è sempre vero. Inizia a giocare meglio, giorno dopo giorno, fino a spianare quella strada tortuosa che Andrea (a ragione) gli ha indicato. In quattro mesi raggiunge otto finali ITF, quattro solo in Tunisia: ne vince la metà.

Nel mondo dei grandi

Il resto è storia. Ad agosto 2021 mette a segno la prima vittoria a livello Challenger sulla terra rossa di Praga. A maggio 2022, subito dopo il trionfo al Challenger di Roma, arriva la qualificazione al tabellone principale del Roland Garros; a luglio dello stesso anno, ciliegina sulla torta, la prima vittoria nel circuito maggiore, a Umago, con cui accarezza la top cento. Nel 2023 il destino prova a scherzare di nuovo (con un infortunio alla coscia sinistra), ma non ci riesce a lungo. A luglio anche l’argilla del Brawo Open di Braunschweig si mette dalla sua parte: un’altra vittoria. «Mi sento bene sia fisicamente che mentalmente, sto giocando un buon tennis e ne sono felice». Come quando vinceva a tenis criollo.

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