Australian Open: ecco il Courtside Bar, dove il pubblico fa chiasso e (forse) guarda il tennis

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Australian Open: ecco il Courtside Bar, dove il pubblico fa chiasso e (forse) guarda il tennis

Tennis Australia alla ricerca di nuove proposte di divertimento per gli appassionati. E di nuovo pubblico pagante…

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Folla all'Australian Open 2024 (foto Twitter @AustralianOpen)
 

Pubblico e tennis, un rapporto in evoluzione. Soprattutto fuori dall’Europa. Se nel vecchio mondo l’accostamento al rettangolo di gioco subisce l’influenza dell’atteggiamento da “credenti al tempio” proprio dei campi verdi di Wimbledon, che espande i suoi effetti intorno a sé come i cerchi concentrici sull’acqua di un sasso lanciato in uno stagno, varcando i confini del Continente che al nostro sport ha dato i natali e le prime forme di lawn tennis, i colori si fanno via via più vivaci.

Forse il più famoso esempio in questo senso è il “World Tennis Team”, competizione a squadre nata nel 1973 negli Stati Uniti con alterne fortune, che prevedeva, tra le altre innovazioni (o stramberie, direbbe un austero socio di un club londinese), la possibilità di operare sostituzioni durante le gare e la libertà di espressione del pubblico, che dunque non doveva osservare il silenzio durante gli scambi.

Boris Becker si dichiarò particolarmente orgoglioso della propria vittoria a Flushing Meadows nel 1989, in quanto “a New York è più difficile: qui uno può suonare il sassofono tranquillamente sugli spalti, senza che nessuno trovi la cosa stravagante”. Forse Boom-Boom esagerava, ma la frase è indicativa dell’inclinazione del pubblico a muoversi e a soffrire i codici del bon ton tennistico.

Il sito della CNN ha pubblicato un articolo nel quale si racconta dell’esordio quest’anno a Melbourne del Courtside Bar, luogo di ritrovo a due piani con vista sul campo numero sei, dove si può mangiare, parlare e ascoltare una playlist, insomma godersi il pomeriggio con gli amici (circa 400 posti) e il baccano relativo.

Petros Tsitsipas, dopo un doppio con il fratello sul campo in questione, si è detto perplesso; anche Stefanos ha parlato dei rischi in termini di concentrazione. Il finalista della scorsa edizione si aspetta vengano condotti studi in merito, per capire se e quanto il rumore possa incidere sulla concentrazione degli atleti. Anche Paula Badosa e Anastasia Pavlyuchenkova hanno parlato nella stessa direzione; Iga Swiatek, inoltre, nei primi scambi del match perso con Linda Noskova sulla Rod Laver Arena, si è lamentata di alcuni movimenti nel pubblico ai piani alti della struttura, forse ignorando che nel loggione gli spostamenti sono tollerati.

Tutti giocatori europei, ma c’è l’illustre eccezione della madre di Andy Murray. Judy ha infatti lodato su X l’iniziativa, un modo per “attrarre nuovo pubblico verso il tennis”. Dal punto di vista commerciale sembra però funzionare e dare quindi ragione a Cedric Cornelis, Chief Commercial Officer di Tennis Australia che ha lanciato l’idea del “Party Court” nello scorso ottobre spiegando l’obbiettivo di “presentare modi nuovi ed entusiasmanti di fruizione dell’evento da parte dei fan”. Non essendo magari il tennis, aggiungiamo noi, necessariamente il centro dello spettacolo.

D’altronde, un sondaggio condotto da Tennis Australia evidenzia che il 40% della gente che accede al complesso che ospita il torneo a Melbourne non segue nemmeno uno scambio. Ma qualcosa dovrà pur fare, dovrà pur consumare…

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