Intervista esclusiva a Luca Vanni: "Nadal un riferimento, anche se meno talentuoso di Federer, Murray o Djokovic"

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Intervista esclusiva a Luca Vanni: “Nadal un riferimento, anche se meno talentuoso di Federer, Murray o Djokovic”

All’indomani della prima vittoria in un Challenger, a Portorose, Luca Vanni racconta il suo 2015 ricco di soddisfazioni, il suo rapporto col tennis e come la sua vita (non) è cambiata dopo i successi nel tennis che conta

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Sei reduce dalla tua prima affermazione in un Challenger che arriva dopo il  momento piuttosto avido di vittorie del dopo Wimbledon. Quali sono le tue sensazioni all’indomani di questa bella vittoria?
Il bello e il brutto di questo sport è che perdi tre partite di seguito o per due mesi non riesci a vincere con continuità e sembra che tutto vada male, poi ti capita di vincere un Challenger o ti qualifichi ad uno Slam e tutto si cancella.  Dopo Wimbledon ho perso a Todi in tre set poi con Matteo (Donati ndr) a San Benedetto giocando comunque un buon tennis. A queste si sono aggiunte le sconfitte al primo turno a Bastad con Ramos e poi, dopo la sconfitta con Montanes ad Amburgo, ho deciso di staccare la spina per un po’. Dopo 13 giorni che non giocavo, il sabato mi sono allenato un’oretta vicino casa, la domenica sono andato a Portorose mi sono allenato con Arnaboldi e al primo turno nonostante il 6-3/6-2 ho patito un po’ il caldo, poi mi sono sentito sempre meglio fino alle ultime due partite con Gombos e Zemljia che sono state molto tirate.

In finale mi sembra che il servizio ti abbia aiutato parecchio.
Mi ha funzionato molto bene soprattutto nel tie break. Io non faccio normalmente 20-30 aces ma faccio tanti servizi vincenti e in finale oltre ai 15 aces ho messo a segno parecchi punti direttamente col servizio.

Questo 2015 è decisamente l’anno delle prime volte per te. Dopo la prima partita in un ATP a Chennai e la prima vittoria in un torneo del circuito maggiore a Rio dove sei arrivato fino alla finale passando per l’ingresso in un Masters 1000 a Madrid, dove ti sei tolto lo sfizio di battere Tomic, l’ingresso nel main draw di uno Slam a Parigi e l’ingresso nei primi 100 del mondo, è arrivata anche la prima conovocazione in Coppa Davis. Quale di queste è la più bella?
Sicuramente la convocazione in Davis, anche da quinto, è un’emozione grandissima per me e trovo che l’aver fatto bene sul cemento in Slovenia è importante proprio in ottica Davis perchè si giocherà sul cemento. Detto questo, se devo citare un episodio, credo che la semifinale a San Paolo giocata in uno stadio così grande con il pubblico tutto contro di me a fare il tifo per il proprio beniamino, a volte anche in maniera non proprio correttissima, sia stata qualcosa di decisamente emozionante. Una battaglia di due ore contro 6000 persone è stata una cosa che mi ha regalato emozioni veramente forti. Dover giocare contro tutto e tutti è una cosa che mi gasa tantissimo come successo nella finale a Portorose.

La maggior parte delle tue vittorie a livello ITF sono arrivate sul rosso anche se le tue caratteristiche fisiche e di gioco sembrerebbero più adatte alle superfici veloci. Tu quale consideri la tua superficie preferita?
La mia superficie preferita è la terra indoor perchè io faccio molta fatica con il vento, sia sul cemento che sulla terra, soprattutto per via della mia altezza. Sulla terra faccio meno aces ma riesco a scivolare, cosa che per me è fondamentale. Anche tra i diversi tipi di cemento, quelli come i campi di Portorose li preferisco perchè lì si riesce a scivolare e si adattano di più al mio tipo di gioco. A me la partita piace lottarla, affrontare il mio avversario sullo scambio lungo come il penultimo punto della finale dell’altro giorno che è durato 34 scambi. Adesso sto lavorando per avere un gioco più offensivo, per andare più a rete, ma non è facile e ci vuole tempo per questo tipo di cambiamenti nel proprio gioco.

Nella tua carriera hai anche avuto qualche brutto infortunio.
Ho subito tre operazioni alle ginocchia e prima di Portorose avevo fatto delle infiltrazioni di acido ialunorico per salvaguardare le cartilagini. In ogni caso penso che in questo sport gli infortuni facciano parte del proprio percorso di crescita per arrivare a raggiungere il traguardo che ognuno si prefigge.

Il Luca Vanni giocatore e il Luca Vanni uomo si assomigliano?
Io sono Luca dentro e fuori dal campo. Evito le provocazioni e cerco di essere il più sereno possibile. Questo sia in campo che nella mia vita di tutti i giorni. Direi che il Vanni uomo e il Vanni giocatore si assomigliano tantissimo.

Quanto è importante per te il tennis?
Io gioco da quando avevo 9 anni e da circa 10-11 anni il tennis è diventato una costante della mia vita. Il tennis per me è come una ragazza, ci sono periodi migliori, periodi peggiori ma è sempre lì, nel bene e nel male. Ancora oggi la prima cosa che faccio la mattina appena sveglio è controllare un risultato o leggere qualche notizia legata al tennis.

La tua famiglia che ruolo ha giocato e gioca nella tua carriera?
Per me la famiglia è una cosa fondamentale. Sentirmi supportato da chi mi sta intorno è fondamentale per me e questo vale per i miei genitori, per mia sorella, per i miei nonni ma anche per tutto il mio team. Fortunatamente ho sempre sentito e continuo a sentire questo supporto da parte di tutti e questo mi aiuta a dare il meglio di me stesso. Se sono riuscito a raggiungere certi obiettivi il merito è sicuramente anche  dei miei familiari e in particolare Francesca, la mia fidanzata, perchè è l’unica persona che sento quotidianamente, quella con cui posso sfogarmi e confidarmi, quella che considero la mia compagna di vita.

In che modo è cambiata la vita del Luca Vanni dei Challenger rispetto al Luca Vanni dei Masters 1000 e degli Slam?
Ieri per esempio ero a Trieste in piazza e mi è stato chiesto di fare una foto, cosa che fino a qualche tempo fa non mi sarebbe successa. Questa è una cosa che mi fa sicuramente piacere anche se per il resto non è cambiato molto. Mi piace stare con gli amici e con la mia ragazza esattamente come facevo prima. Io vivo in un piccolo paese dove ho sempre parlato con tutti e continuo a farlo ancora. Magari mi fanno qualche domanda in più, quello sì. Certo ora ho una stabilità economica maggiore e qualche sfizio me lo sono tolto anche se dentro di me non è cambiato niente.

Hai qualche rimpianto o vedi qualche occasione mancata in questo 2015 comunque ricco di soddisfazioni per te?
Mi è dispiaciuto perdere quel mese e mezzo dopo la Davis quando mi sono fatto male al ginocchio a Miami e invece di fermarmi come avrei dovuto sono voluto andare a Montecarlo. Io sono uno che preferisce pentirsi di aver fatto una cosa piuttosto che rimpiangere di non averla fatta e cerco di cogliere il lato positivo da episodi di questo tipo che mi aiutano a non ripetere lo stesso tipo di errore.

Che differenza credi che ci sia tra un 120 del mondo e un top 50? Il problema è più la continuità, il talento, la programmazione?
Secondo me quello che fa la differenza veramente è la continutà nei risultati. Un esempio in questo senso è Paolo Lorenzi che fa tantissimi punti nei Challenger in Sudamerica o Carreno-Busta che ha vinto Praga e Perugia di recente. Giocatori che vanno a fare tornei anche minori ma che difficilmente escono prima delle semifinali. In questo senso quindi è molto importante una programmazione oculata anche se poi quello che fa davvero la differenza è avere un rendimento costante durante la stagione.

Qual è il giocatore che ti ha impressionato di più tra quelli che ti è capitato di affrontare o anche solo di vedere?
Cuevas nella finale di San Paolo mi ha veramente impressionato. Sulla terra è uno dei migliori giocatori del mondo e la facilità con cui la palla gli esce dalle corde a volte è disarmante. In quei casi l’unica cosa da fare è concentrarsi su se stessi e cercare di sfruttare ogni minima occasione che ti viene concessa.

Qual è invece il giocatore a cui ti ispiri o che apprezzi particolarmente?
Da ragazzino il mio idolo era Sampras anche se per caratteristiche il giocatore a cui mi ispiro fin da piccolo è Marat Safin. La potenza, il rovescio a due mani, il giocare prevalentemente da fondo sono tutte cose che ho sempre trovato molto vicine al mio modo di intendere il tennis. Devo dire, però, che un giocatore come Rafa Nadal che a livello di talento è sicuramente meno dotato di Federer, Murray o Djokovic, rimane un punto di riferimento per la grinta e la voglia che sta mettendo adesso per ritornare su altissimi livelli e quella che ha messo negli anni passati per rimanere su quegli stessi livelli per tanto tempo.

Se avessi una bacchetta magica e potessi rubare un colpo ad un giocatore, quale colpo ruberesti e a chi?
Il dritto di Federer. Ma potrei dire anche il dritto di Bolelli. In generale il dritto è il colpo in cui mi sento più carente e quindi è quello che ruberei se potessi.

Hai amici veri nel mondo del tennis?
I tennisti con cui ho legato di più perchè ho fatto con loro tante esperienze a livello di Futures e Challenger sono Alberto Brizzi e Andrea Arnaboldi. Con loro ho condiviso esperienze anche al di fuori dei campi da gioco anche se poi nel circuito non c’è nessuno con cui i rapporti siano tesi.

E dei top chi si è mostrato più disponibile e aperto?
Mi è capitato di allenarmi con Tsonga a Madrid e l’ho trovato molto simpatico e disponibile. Lo stesso dicasi di Murray con cui mi sono allenato a Roma. Il fatto è che sono ragazzi come me che però non possono girare per strada e spesso il loro mondo è ristretto al proprio team e possono dare l’impressione di essere antipatici per via di questa loro riservatezza e poi quando ti capita di conoscerli spesso ti accorgi che l’idea che ti sei fatto di loro è completamente sbagliata.

Tempo fa, all’indomani della finale di Rio, ti erano stati chiesti i tuoi obiettivi e tu avevi citato l’ingresso nei primi 100 e nel main Draw di uno Slam. Visto che li hai già raggiunti entrambi, quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
Il mio obiettivo principale è chiudere l’anno dentro i primi 100 del mondo e provare a rimancerci in maniera costante. Da quello poi si può pensare a qualcosa di più ma preferisco fare un passo alla volta e per il momento il mio obiettivo è quello di entrare nei 100. Intanto ora parto per gli Us Open e poi devo decidere se rimanere in Europa o andare a giocare i Challenger in Asia.

Magari per Lucone questa sarà la volta buona per centrare una vittoria in una partita di uno Slam. Ce lo auguriamo tutti perchè la storia di questo ragazzo della provincia Toscana sembra quasi una favola d’altri tempi che non può che fare bene a questo sport.

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Silvio Pioli

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