Federer e Djokovic: dal match point al "towel gate", storia di una relazione pericolosa

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Federer e Djokovic: dal match point al “towel gate”, storia di una relazione pericolosa

Federer e Djokovic, Djokovic e Federer, difficile trovare due più diversi di loro. A volte le differenze producono simpatia, a volte no. Questa sembra la volta no

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Quando il sindaco di Londra ha estratto il nome di Federer da quello strano sacchetto scelto per il sorteggio, accoppiandolo al nome di Novak Djokovic un’impercettibile smorfia ha attraversato il volto del numero uno del mondo. E se si fosse stati appena più attenti e ci si fosse soffermati anche sul volto di Roger Federer ci si sarebbe facilmente accorti del ghigno, sempre più tarantiniano, che ha piegato le labbra dello svizzero.  I due si sono incontrati 43 volte ma a differenza di quanto accaduto negli incontri tra Nadal e Federer – ma anche in quelli tra Murray e Djokovic – nessuno di questi incontri ha mai lasciato intravedere una relazione particolarmente calorosa tra i due. Anzi, al contrario, è sempre sembrato che i due fuoriclasse, i migliori che il tennis è in grado di esprimere di questi tempi, si conformassero alle regole della buona creanza che il tennis impone con qualche difficoltà. Che la situazione non sia l’ideale per creare legami amicali è un fatto. Da un lato il dominatore di questi ultimi quattro anni di tennis, quello lanciato alla rincorsa di millanta record; dall’altro lo spodestato, quello che i record li detiene e che vorrebbe migliorarli e che ritiene un intollerabile delitto di lesa maestà l’essersi dovuto arrendere addirittura due volte di fila proprio a casa sua, a Wimbledon. Che i due dovessero avere motivo di scontrarsi era nelle cose. Djokovic non ha mai avuto intenzione di dividere il regno, così come faceva Nadal, sempre rispettoso e pronto a riconoscere al rivale la possibilità di dominare ovunque, tranne che sulla terra certo; Nole il regno lo ha proprio strappato, dal cemento all’erba, passando naturalmente dalla terra rossa.

In più si deve aggiungere il diverso stile, se non proprio di vita almeno di forma, dei due padroni del tennis: guascone fino all’irriverenza Nole, che comincia i suoi passi nel circuito prendendo in giro i mammasantissima del tour; estremamente controllato lo svizzero, riuscito nell’impresa di trasformarsi da ossigenato bulletto di periferia ad epigono di Lord Brett Sinclair. Fino a quando Nole è stato al suo posto, numero 3 del mondo, capace ogni tanto di tirar fuori la partita vincente, foss’anche in uno slam come l’Australian Open, tutto è andato per il verso giusto e la poca simpatia tra i due è stata confinata a qualche scaramuccia come quella di Montecarlo (il famoso ‘shut up!’ urlato da Roger verso il box del serbo).  Ma quando Djokovic ha strappato quella risposta assurda sul primo dei due match point della semifinale di NY 2011 è cominciata un’altra storia. Perché non solo Federer ci è rimasto male ma anche Nole, che ha mal digerito la delusione del pubblico dell’Artur Ashe, ha finito per non prendela benissimo. Da allora gli incontri tra i due sono stati sempre meno calorosi; Djokovic ha vinto sempre di più e sempre meglio e Federer ha dovuto abbozzare. Si è creata la curiosa situazione che è stato il serbo a non gradire il comportamento di Federer, che ogni volta che perdeva diceva che in fondo era stata colpa sua: bravo Nole, certo ma se io avessi giocato meglio…

Quest’idea del “se giochiamo bene tuti e due vinco io” non dev’essere piaciuta moltissimo a Nole, e non gli è sicuramente piaciuto per nulla l’atteggiamento del pubblico in giro per il mondo. Il boato che ha accompagnato la vittoria del quarto set di Federer a W14 non dev’essere stato piacevole per Djokovic. Vedere persino i reali inglesi perdere la testa, tutti a tifargli contro forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E così Djokovic ha cominciato a ripagare Federer della stessa moneta: se vinceva era solo perché lui aveva fatto troppi erroi. E Federer ha addiritura rispolverato il bulletto giovanile che era, propinandogli la SABR, che come ammesso anche da Becker, è considerata alla stregua di una specie di sberleffo. Poco rispetto nei confronti del numero uno del mondo. Un Djokovic sempre più incupito si è messo a macinare partite e titoli, con la sgradevole parentesi di New York, dove il pubblico non ha certo aiutato i due a attenuare i loro screzi.
Si arriva così alla partita di martedì. Federer vince abbastanza facilmente e Djokovic che fa? “Ci sono giorni che non ti senti al meglio. Ma credo di avergli permesso di giocare e di dominare lo scambio da fondo. Come ho detto, non sentivo bene i colpi, non ero abbastanza profondo, ho fatto troppi errori. Gli ho consegnato la vittoria”. Io gli ho permesso; io non sentivo i colpi; io ho fatto troppi errori. Io, in definitiva, gli ho consegnato la vittoria.
Federer non l’ha presa bene. Quando in sala stampa gli hanno riferito delle dichiarazioni di Djokvic ha risposto “Ha detto che ha buttato lui la partita?” riducendo gli occhi a delle fessure, come neanche il miglior Clint Eastwood alle prese con Ramòn.

 

I giornali serbi sostengono che la stizza di Djokvic sia in qualche modo da collegare a quanto successo prima del match. Federer si è accomodato alla sinistra del giudice di sedia e questo pare non sia piaciuto a Nole. In sostanza accusano Federer di essersi seduto, provocariamente, sulla sedia riservata a Nole, di averla occupata mettendoci l’asciugamano. Questo “towelgate” era già accaduto nel 2012 e di nuovo Nole non l’aveva presa bene. Sembra chiaro che il fatto in sè è una stupidaggine – tradizionalmente sono i giocatori che entrano per primi in campo a scegliere, cioè i giocatori dietro in classifica – ma è stata di nuovo l’occasione per far dire a Nole “non credo l’abbia fato per fare casino” mostrando di non esser tanto contento della scelta di Federer. Il quale, serafico, ha detto semplicemente che voleva sedersi nello stesso posto dove si era seduto durante l’incontro con Berdych. Tutto un po’ infantile, certo. Ma sarebbe mai successo tra Federer e Nadal?

Il video dell’episodio di martedì:

https://www.youtube.com/watch?v=u2XcGBFsIZg

(a cura di Luca Baldi, Silvia Berna, Chiara Bracco, Marco Lauria, Roberto Salerno, Ilvio Vidovich)

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ATP

ATP Houston, il tabellone: Tiafoe e Paul guidano il monopolio americano

Sei teste di serie su otto sono per giocatori di casa, ma attenzione ai sudamericani Etcheverry e Garin, campione nel 2019

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Frances Tiafoe - United Cup 2023 Sydney (foto Tennis Australia/ JAMES GOURLEY)

Dopo la parentesi sudamericana di febbraio, la terra è pronta a tornare la protagonista del circuito. Da lunedì e fino alla fine del Roland Garros, e quindi per più di due mesi, si giocherà solo sul rosso. In campo maschile si partirà con tre tornei 250 in tre continenti diversi: Estoril, Marrakech e Houston. Quest’ultimo sarà, come spesso capita, la casa dei giocatori americani, storicamente non troppo amanti della terra europea. Tre delle ultime quattro edizioni sono state vinte da rappresentanti del team USA e ci sono tutti i presupposti perché le tradizioni vengano rispettate anche quest’anno: al via ci saranno infatti almeno dieci giocatori di casa e sei di questi avranno lo status di testa di serie, lasciandone soltanto due alle altre nazioni. I favoriti per arrivare in finale sono Frances Tiafoe e Tommy Paul, ma entrambi non conservano ricordi particolarmente positivi delle loro esperienze a Houston.

In tre apparizioni Tommy ha vinto solo due partite e non è mai andato oltre gli ottavi, mentre Frances ha come miglior risultato i quarti della scorsa edizione quando si fermò al cospetto di Isner. Proprio Big John, che ha disputato tre finali in questo torneo vincendo quella del 2013, è uno degli altri due americani, insieme a Tiafoe e Paul, che approfitterà di un bye al primo turno. Il quarto e ultimo è Brandon Nakashima che, dopo il trionfo alle Next Gen di Milano, sta faticando a trovare continuità di risultati in questo avvio di stagione.

La seconda linea statunitense è poi composta da JJ Wolf, numero 5 del seeding e chiamato a un primo turno complicato contro Jordan Thompson, e da Marcos Giron (settima testa di serie). Nelle retrovie ci sono invece, oltre a Kudla e Kovacevic, le wild card Steve Johnson (vincitore qui nel 2017 e nel 2018) e Jack Sock (anche lui campione del torneo nel 2015). Un altro past champion che ha ricevuto un invito per il tabellone principale è Fernando Verdasco che contro l’australiano Kubler (testa di serie n. 8) andrà a caccia di una vittoria ATP che gli manca dallo scorso settembre.

 

Tra chi punta a spezzare il monopolio a stelle e strisce, però, ci sono soprattutto due sudamericani: il primo è Etcheverry, finalista a Santiago a febbraio, che al primo turno affronterà Juan Manuel Cerundolo (fratello di Francisco); il secondo è Garin, già capace di trionfare sulla terra di Houston nel 2019. Il cileno sfiderà all’esordio Dellien con vista su un possibile secondo turno con Nakashima.

Questo il tabellone completo del Fayez Sarofim & Co. U.S. Men’s Clay Court Championship 2023:

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Flash

Quando un italiano vince sul numero 1: Sinner che batte Alcaraz vale il Panatta che battè Connors? [VIDEO]

Il direttore Scanagatta, a seguito della vittoria di Sonego su Djokovic, ripercorse tutti i 7 exploit italiani contro i n.1 del mondo. Da Barazzutti a Sonego, passando per Volandri e Fognini

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Jannik Sinner – ATP Miami 2023 (foto Ubitennis)

Con la vittoria su Carlos Alcaraz, Jannik Sinner non ha solamente raggiunto la seconda finale in un Masters 1000 della carriera ma ha anche battuto il numero 1 del mondo per la prima volta (risultato che tra l’altro costa allo spagnolo la prima posizione del ranking a partire dalla prossima settimana a favore di Djokovic). Battere il primo del ranking ATP ha sempre un sapore più speciale e nella storia del tennis italiano solamente altri sei giocatori sono riusciti nell’impresa in Era Open, in ordine cronologico: Barazzutti, Panatta, Pozzi, Volandri, Fognini e Sonego, a cui si aggiunge ora anche Sinner

Tornando indietro agli anni ’60, va segnalato che Nicola Pietrangeli battè Rod Laver nella finale degli Internazionali d’Italia a Roma nel 1961 (non c’è ufficialità sulla classifica di quel periodo, anche se Laver l’anno dopo compì il Grande Slam), e sempre in quegli anni Giuseppe Merlo battè sei giocatori campioni Slam.

Il primo a farcela nell’Era Open (cioé dal 1972 in poi) è stato Corrado Barazzutti, nel 1974, ai quarti di Monaco di Baviera sulla terra rossa battendo il romeno Ilie Nastase, sconfitto 3-6 7-6 6-1 dal tennista di Udine. Successivamente fu Adriano Panatta addirittura due volte vincitore sul numero 1 del mondo. Prima nella finale di Stoccolma 1975, sul cemento con l’americano Jimmy Connors che soccombe 6-4 6-3, poi il bis del romano un paio d’anni più tardi, ancora contro Connors, battuto 6-1 7-5 al secondo turno del torneo di Houston (cemento) nel 1977.

 

Si cambia millennio per arrivare al 15 giugno del 2000, durante il terzo turno del Queen’s su erba, quando il barese Gianluca Pozzi ha sfruttato al massimo le condizioni fisiche non perfette dello statunitense Andre Agassi, il quale perso il primo set 6-4 si ritira sul vantaggio di 3-2 nel secondo set. Sette anni dopo tocca a Filippo Volandri, al terzo turno degli Internazionali di Roma: il 10 maggio del 2007 il livornese supera 6-2 6-4 Roger Federer con una partita a dir poco memorabile per la storia recente del tennis italiano.

Roma palcoscenico di un altra vittoria azzurra sul numero 1 mondiale, il 16 maggio del 2017, impresa messa a segno da Fabio Fognini che ha sconfitto al 2° turno per 6-2 6-4 lo scozzese Andy Murray. Infine torniamo alla storia recente: 30 ottobre 2020, ATP 500 di Vienna, semifinale. Un Lorenzo Sonego strepitoso batte il numero 1 del mondo Novak Djokovic lasciandogli appena tre giochi e infliggendogli la peggior sconfitta in carriera nei match giocati al meglio dei tre set a livello ATP. Un 6-2 6-1 incassato dal serbo dopo aver acquisito matematicamente la posizione in cima al ranking anche al termine di quella stagione.

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ATP

ATP Miami, Sinner ha un nuovo fan. Alcaraz: “Tifo per te”

Abbraccio sincero nonostante la dura sconfitta tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner: “Forza amico”

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Non si sono risparmiati i complimenti nelle rispettive conferenze stampa Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, che nella semifinale di Miami hanno dato vita ad un nuovo capitolo bellissimo della loro rivalità. Qui il video-commento del direttore sul match.
Sinner ha spiegato come ci si diverte a giocare così, ci vogliono due tennisti per fare punti così belli”, mentre lo spagnolo ancora una volta ribadisce quanto affrontare un tennista del livello di Jannik gli permetta di migliorare: “Riesco solo a pensare a come migliorare per riscire a batterlo.

Oltre a queste dichiarazioni però, i due tennisti si sono parlati anche a fine incontro durante la stretta di mano. Nonostante la delusione arrivata dopo tre ore, Carlos non ha perso il sorriso e si è complimentato con Jannk con un sincero abbraccio accompagnato da queste parole: “Vai a prendertelo. Forza amico. Tiferò per te“. Chissà se la rivalità tra questi due giovani tennisti raggiungerà mai le vette toccate con i match tra Federer e Nadal, quel ch’è certo però è che il livello di sportività e amicizia tra i due non sarà da meno.

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